Occhiuto accusa l’incapace Di Maio ma dimentica gli intrallazzi del fratello

Che la risata di Di Maio, oltre che essere fuori luogo, è stata anche offensiva, non ci piove, della sua pochezza umana e politica abbiamo ampiamente scritto, ma francamente sentire Roberto Occhiuto, travestito da statista, dare lezioni di morale e di etica all’attuale governo, la reazione, almeno per chi conosce bene le “qualità” di Frà Gaudenzio, non può che essere stata una: nu palummu granni quandu na casa. Roba da vomitare per un mese, tanto è lo schifo espresso nelle sua puzzolente retorica.

La differenza tra lui e Di Maio sta tutta qui: se a Di Maio tutti possiamo dare dell’incapace, e le sue azioni lo confermano, a Roberto Occhiuto, quando parla di sanità atteggiandosi da politico preoccupato, come possiamo definirlo? Di sicuro sciacallo, perché sa bene che la fortuna della sua famiglia nasce proprio dalle truffe messe in atto dal fratello Mario a danno della pubblica sanità. Un conto è essere incapaci, che resta un serio problema politico, specie in tempi di emergenza, un’altra cosa è l’aver speculato una vita sulla sanità pubblica, come le carte dimostrano. Entrambi più che sedere in Parlamento dovrebbero prestare volontariato in qualche ospedale da campo… Come si dice: unu un vala, e l’atru un serva.

Roberto Occhiuto finge di non sapere, oltre che gli odierni intrallazzi con Potestio, sempre in materia di sanità privata, per giunta speculando su mutilati e invalidi dietro il cui paravento si nascondono e di cui vi abbiamo già parlato, anche le origino della loro fortuna. Tutto comincia quando Mario Occhiuto, architetto fallito come dice il tribunale (28 milioni di euro di debiti attribuiti a 21 società a lui riconducibili), conosce l’allora potentissimo Franco Petramala, siamo agli inizi degli anni ’90.

I due formano da subito una affiatata coppia che metterà, nel corso di alcuni anni fino al loro arresto, a segno favolosi colpi a danno della sanità pubblica, per un totale di oltre 15 miliardi delle vecchie lire, così come dice la Guarda di Finanza che curerà tutta l’inchiesta a carico della banda Occhiuto/Petramala.

Per chi vuole approfondire di seguito la storia. 

L’occasione che si presenta alla neonata paranza (Occhiuto/Petramala) per metetre a segno un primo colpo,  è un bell’appalto all’ospedale civile dell’Annunziata di Cosenza: progettazione, realizzazione e manutenzione, di opere “murarie”. Un po’ di miliarducci delle allora vecchie lire, quasi 3, giusto per gradire. La gara è al ribasso. Ma il maestro Petramala, sa come organizzarsi. Chiama un po’ di ditte amiche con le quali concorda l’offerta, promettendogli una stecca e dice ad Occhiuto, sulla base dell’offerta con gli altri concordata, di mettere qualcosina in meno. E il gioco è fatto. Siamo nel lontano 1992.

La Se. Co. P. srl, la prima società occhiutana, vince l’appalto perché ha fatto l’offerta più vantaggiosa. L’allievo Mario, agli occhi del maestro, si è dimostrato bravo e capace. Anche se ora viene la parte più difficile: arrobbarsi i sordi senza destare sospetti. I lavori, subito dopo l’espletamento dei riti burocratici, iniziano.

Mario organizza il cantiere e l’Annunziata è pronta per rifarsi il look. Ma subito arrivano i problemi, e anche seri. Durante alcuni lavori di ristrutturazione crolla un muro che investe un giovane operaio, procurandone la morte. Un dramma. Una morte di cui non si è mai capito fino in fondo quali siano state le reali cause che l’hanno determinata.

La tragica morte del povero operaio costringe la procura ad aprire una inchiesta. E’ ovvio che la procura ha capito che quella tragica morte è frutto di mancanza di sicurezza sul lavoro, nonché della scarsa professionalità con cui si eseguivano i lavori. Così la procura dispone a carico dei due una serie di intercettazioni, pedinamenti, nel mentre la finanza acquisisce tutta la documentazione che riguardava diversi lavori eseguiti dalla Se.Co.P. srl e commissionati da quel marpione di Petramala.

I finanzieri spiano e studiano. Il quadro che ne viene fuori è a dir poco impressionante. Non c’è niente in ordine, nelle carte. Fatture gonfiate, acquisti inesistenti, ore lavorative triplicate, uso di materiali scadenti. Oltre ad essere completamente illegale, da ogni punto di vista, l’assegnazione dell’appalto. Fatto in barba a tutte le regole.

Insomma, Occhiuto e Petramala, avevano messo su una vera e propria gallina dalle uova d’oro. Lui assegnava gli appalti della sanità e Mario intascava. E di controlli, verifiche da parte dell’ente, nemmeno l’ombra. Una vigna che non ti dico. Se non fosse stato per la tragica morte dell’operaio nessuno ci avrebbe mai ficcato il naso.

A distanza di un anno dalla morte dell’operaio, l’inchiesta è conclusa, e i mandati di cattura pronti per essere firmati. E’ l’allora procuratore capo, Serafini, che è quanto dire, a dare il via al blitz. E i giornali del 14 luglio 1994 così titolavano: Nei guai per una vicenda di appalti truccati, il commissario Petramala, tre dirigenti ed un imprenditore (occhiello). CINQUE ARRESTI: DECAPITATO IL VERTICE USL (titolo). “E’ emerso un quadro di diffuse irregolarità”, ha precisato il procuratore Serafini (catenaccio).

Si aprono così le porte di via Popilia per Occhiuto e Petramala, mentre gli altri saranno posti agli arresti domiciliari. L’arrobbamiantu che gli contesta la procura si aggira intorno ai 12 miliardi delle vecchie lire. Tutti denari sottratti alla sanità pubblica.

La permanenza di Mario e Franco in quel di via Popilia, dura poco. Dopo una settimana vengono scarcerati, per il venir veno delle esigenze cautelari, ma restando sempre imputati. La procura in conferenza stampa subito dopo gli arresti così si esprimeva: “è emerso un quadro di diffuse irregolarità, sia nella fase della scelta, da parte dell’ente, delle imprese da invitare alla gara, sia nella fase di aggiudicazione vera e propria, caratterizzata da una turbativa d’asta realizzata dalle varie imprese partecipanti, con lo scopo di favorire la Se.Co.P. srl, con il concorso dell’ente”.

E aggiunge: “ulteriori irregolarità sono emerse anche in ordine alla fase di esecuzione dei lavori. E’ mancato ogni controllo tecnico da parte dell’ente. Non era neppure prevista la figura di un direttore dei lavori nominato dall’ente. E’ risultato, inoltre evidente, che la SE.Co. P. srl godesse all’interno dell’ente di una corsia preferenziale per il pagamento delle fatture, (spesso tarocche), presentate. Che definirla preferenziale è poco”.

Insomma, una premiata ditta che lavora a più non posso, lucrando tutto il lucrabile dalle casse della sanità pubblica, per un totale, scoperto dalla Finanza, che superava i 15 miliardi delle vecchie lire. I due furono rinviati a giudizio, ma come spesso avviene per i potenti e i ladri di stato, il processo finì in prescrizione. I soldi non furono mai trovati e chi si è visto si è visto.

Ma di tutto questo, ovviamente, Roberto il moralizzatore si è dimenticato.