Omicidio Bergamini, 29^ udienza. Pisano cambia versione per la quarta volta: chiesta incriminazione per falsa testimonianza e calunnia

Il camionista

Oltre sei ore di dibattimento per un altro passo importantissimo verso la Giustizia. La 29^ udienza del processo per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini in Corte d’Assise a Cosenza ha cristallizzato due testimonianze fondamentali: quella del camionista Raffaele Pisano di Rosarno, colui che avrebbe investito il calciatore e quella dell’altro camionista Francesco Forte, che quel maledetto pomeriggio di 33 anni fa si trovava proprio a Roseto Capo Spulico.

Raffaele Pisano ha superato… se stesso, se possibile, arrivando a dare addirittura una quarta versione dei fatti che va ad aggiungersi alle altre tre che ha dato in questi interminabili decenni, finendo per aggrovigliarsi – sempre su se stesso -, a contraddirsi per un numero pressoché infinito di circostanze e costringendo il procuratore capo di Castrovillari Alessandro D’Alessio a chiedere che gli atti della sua testimonianza vengano trasmessi alla procura di Cosenza per i reati di falsa testimonianza e calunnia. Un epilogo molto triste che ha dato anche la possibilità alla Corte di rendersi conto come per tutti questi anni ci si sia trovati in pratica di fronte ad un vero e proprio muro di gomma.

Pisano, classe di ferro 1938, ha iniziato il suo racconto ricordando che stava andando col suo camion di mandarini al Nord quando, transitando a Roseto Capo Spulico, ha notato un’auto ferma in una piazzola di sosta e un uomo in piedi sul ciglio della strada. “Cosa fa questo signore?” si è chiesto Pisano, ma non ha avuto neanche il tempo di dare una risposta che quel signore “ha fatto 2-3 metri di corsa e con uno scatto di reni (testuale, ndr) ha attraversato la strada e si è buttato sotto il camion… Subito dopo ho sentito bussare allo sportello: era una donna che mi ha riferito queste parole: “Dio, Dio, Dio… se non lo seguivo in Grecia mi faceva un ricordo per tutta la vita e si sarebbe buttato sotto la prima macchina o il primo camion che passava (ancora testuale, ndr)…”. Sollecitato a dare ulteriori particolari, Pisano riferiva di aver trascinato il corpo di Bergamini per circa 8 metri (6-7-8 metri per la precisione) e che lo aveva colpito quando si trovava ancora in piedi all’altezza della spalla. E che la ragazza aveva raggiunto a piedi il camion. 

Sia il procuratore capo di Castrovillari sia l’avvocato della famiglia Bergamini, Fabio Anselmo, a questo punto, ma anche la stessa presidente della Corte d’Assise Paola Lucente non hanno potuto fare a meno di rilevare che in questo racconto dei fatti c’erano già due elementi che non erano mai usciti fuori dalla bocca di Pisano in tutti questi anni: la Grecia come destinazione finale e i 6-7-8 metri di trascinamento. E che tra questa versione e le precedenti c’erano delle evidenti contraddizioni.

Nel dettaglio: nell’immediatezza dei fatti, Pisano aveva dichiarato: “Non ho potuto fare nulla per evitarlo, si è buttato sotto il camion e il suo corpo è stato trascinato per quasi 50 metri…”. Che è cosa ben diversa dai 6-7-8 metri di oggi. Pisano ha ribadito la sua ultima versione e in un primo tempo ha fatto riferimento al verbale del carabiniere Barbuscio, che però recita esattamente 49-50 metri e quindi non può essere in sintonia con lui. Delle due l’una: o Pisano dice il falso oppure è il verbale dell’ormai defunto brigadiere dell’Arma ad essere falso.

Ma non è finita qui, perché è stato ricordato a Pisano che il 6 dicembre del 1989, a distanza di una ventina di giorni dai fatti, davanti al pm Ottavio Abbate, aveva dichiarato che  escludeva il tuffo o che si fosse buttato sotto il camion.

E ancora: al processo in pretura a Trebisacce Pisano aveva dichiarato che dopo l’urto, il corpo era stato trascinato per 27-28 metri. Poi, alla riapertura del caso, nel 2011, i metri erano 30-35 fino ai 6-7-8 metri di oggi.

Altre contraddizioni marchiane sono arrivate anche dal racconto di Pisano relative ai momenti successivi all’impatto e così rispetto alla manovra di retromarcia del camion – che avrebbe effettuato per verificare se potesse salvarlo… – ha dato tempi varianti dai 5-10 minuti del 1989 ai 20 minuti del 1991, dalla mezzora del 2011 ai pochissimi minuti di oggi. Per non parlare delle due versioni rispetto al fatto che la Internò prima avrebbe raggiunto in auto il camion mentre oggi è arrivata a piedi, bontà sua.

Si sono raggiunte addirittura vette tragicomiche nel corso della testimonianza del camionista di Rosarno quando si è provato a interrogare il soggetto sulla posizione del corpo di Denis o sulle modalità del presunto tuffo o “scatto di reni” nella nuova versione, per finire al sormontamento, ormai acclarato scientificamente e che lui, Pisano, tomo tomo cacchio cacchio, pensava di poter negare guardando continuamente in cerca di soccorso l’avvocato della Internò e dando inevitabilmente nell’occhio… Una farsa su tutti i fronti, imbarazzante all’ennesima potenza per tutti coloro che in quelle ore hanno assistito a questa squallida pagina giudiziaria. Mancava soltanto che qualcuno dicesse al microfono – per come è inevitabilmente avvenuto tra i banchi dell’aula -: “Sceglie la versione numero uno, numero due, numero tre o numero quattro?”. Quasi come le celeberrime buste dei quiz della buonanima di Mike Bongiorno. A questo punto Fabio Anselmo ha fatto verificare a Pisano se la firma sui verbali fosse la sua e quando ha perso la pazienza chiedendo al teste se i verbali dei carabinieri fossero falsi, Pisano ha risposto con un enigmatico: “La verità è scritta…”. Che seguiva però un “confermo quello che c’è scritto sulle carte” da far cadere le braccia più che sorridere amaramente o cercare un perché.

Particolarmente intenso il momento in cui la presidente della Corte, ormai anche disincantata rispetto a quanto stava accadendo, ha chiosato: “Il motivo per cui cambia versione non si sa…”. E francamente nessuno riusciva a capire dove volesse andare a parare la sua “strategia”. O meglio, lo si è capito quando il procuratore capo di Castrovillari, quasi sconsolato, chiedeva alla Corte di “voler valutare la trasmissione degli atti della deposizione di Pisano alla Procura della Repubblica, perché si proceda per calunnia e falsa testimonianza nei confronti dell’autista del camion”.

Dopo Pisano è stato sentito Francesco Forte, altro autista di camion che la sera del 18 novembre 1989 si trovava a poca distanza dal tir di Pisano. In aula Forte ha confermato quanto riportato nei verbali di deposizione, ovvero: “Sono sceso dal camion perché eravamo tutti fermi. Ho camminato per un po’ per arrivare al camion che mi precedeva per capire cosa fosse accaduto, dopo un po’ ho inciampato in qualcosa che ho scoperto essere le gambe di Bergamini. Pisano era ancora sul camion e sotto shock ripeteva, non l’ho visto, non l’ho visto, non l’ho colpito, era già a terra”. Altro particolare importante raccontato e confermato in aula da Forte, il fatto che dal lato opposto della strada (direzione Sud) c’era una donna (Isabella Internò) che urlava, ma non era da sola, bensì in compagnia di due uomini che la caricarono di forza su un’auto scura, forse nera, e ripartì verso Cosenza. Si torna in aula il 30 novembre: tra i testimoni ci sarà Michele Padovano.