Omicidio Bergamini, Denis soffocato e ucciso in cinque minuti: i 4 stadi dell’asfissia meccanica

Denis Bergamini in azione a Como (settembre 1989)

Il 29 novembre 2017 nel Tribunale di Castrovillari i periti hanno illustrato le conclusioni della superperizia effettuata sulla salma di Denis Bergamini. Si trattava dell’atteso incidente probatorio al termine del quale i magistrati della procura di Castrovillari hanno cristallizzato le prove e stabilito con certezza scientifica come è stato ucciso il nostro Campione. E poiché qualche furbastro ha provato ancora una volta a confondere le acque, c’era più che mai bisogno di chiarezza. Una chiarezza che era stata definitivamente fatta anche dalla Gazzetta dello Sport, che ha pubblicato i dati salienti delle 84 pagine di trascrizione di tutto l’incidente probatorio, comprese le farneticazioni dell’avvocato Pugliese Angelo, fratello di Raffaella, ex vicequestore di Cosenza e collega poliziotta del marito di Isabella Internò.

Donata Bergamini, del resto, aveva già risposto pubblicando la parte fondamentale della superperizia.

“L’exitus del sig. Donato Bergamini è attribuibile, con elevato grado di probabilità, alle lesioni da scoppio causate dallo schiacciamento addomino-perineale con conseguente eviscerazione degli organi e rottura di vaso arterioso, a sinistra, in soggetto in LIMINAE VITAE o GIA’ MORTO per A S F I S S I A M E C C A N I C A”.

Denis Bergamini, dunque, è morto per soffocamento. Parliamo di quella forma di asfissia meccanica violenta che si realizza a seguito dell’occlusione degli orifizi respiratori, attuata esercitando contemporaneamente sulla bocca e sulle narici un’intensa pressione mediante l’impiego di una o di tutte e due le mani oppure di un altro mezzo fisico idoneo allo scopo.
Il soffocamento è evenienza prevalentemente omicidiaria. E gli esperti hanno codificato da tempo le fasi salienti di questa turpe pratica.

L’attuazione della modalità asfittica per soffocamento presuppone sempre una certa sproporzione di forza fra la vittima e l’aggressore o – come nel caso di Bergamini – una sproporzione numerica, visto che sono stati almeno in due ad ucciderlo.

Le varie forme di asfissia meccanica determinano tutte una morte rapida per arresto delle funzioni vitali in seguito al blocco della ventilazione polmonare; nel meccanismo fisiopatologico che conduce al decesso sono interessati, variamente combinati a seconda dei casi, oltre all’apparato respiratorio, anche l’apparato nervoso e quello cardio-circolatorio.
È possibile riconoscere quattro stadi che caratterizzano un’insufficienza respiratoria asfittica dalle prime fasi sino al decesso e che possono essere così suddivisi:

I stadio: periodo della dispnea inspiratoria (o irritativo).
È caratterizzato da un improvviso intensificarsi del ritmo e dell’intensità degli atti respiratori con sforzo prevalentemente inspiratorio determinato direttamente dall’ostacolo ventilatorio e dalla modificazione delle concentrazioni gassose ematiche sui centri respiratori. Tale sforzo è associato a tachicardia, ipotensione legata ad una vasodilatazione periferica, cianosi al volto e miosi, parziale perdita di coscienza con tono muscolare conservato; sono quindi ancora possibili manovre volontarie di sopravvivenza.
Dura da un minimo di 30 secondi ad un massimo di 1 minuto circa.

II stadio: periodo della dispnea espiratoria (o convulsivo).
L’accentuazione delle modificazioni gassose ematiche (ipercapnia) stimola ulteriormente i centri respiratori con prevalenza degli atti di tipo espiratorio; si ha iper­tensione da stimolazione adrenalinica e si accentua la tachicardia dopo un’iniziale bradiaritmia. Compaiono la midriasi, l’obnubilamento della coscienza ed i segni dell’ipossia cerebrale (convulsioni generalizzate, scomparsa dei riflessi, rilasciamento sfinteriale).
Dura circa 1 minuto.

III stadio: fase apnoica.
In questa fase si assiste ad una progressiva riduzione dei movimenti respiratori per danno dei centri nervosi; ad essa si associano miosi e perdita assoluta di coscien­za con rilasciamento muscolare e coma profondo, tali da simulare uno stato di “mor­te apparente” in cui permane ancora un battito cardiaco debole e lento, sempre più difficile da rilevare.
Anche questo stadio dura circa 1 minuto.

IV stadio: fase terminale (o boccheggiamento).
Ricompaiono movimenti respiratori inefficaci ed irregolari (accompagnati da movimenti sussidiari di bocca e pinne nasali) dovuti a residui stimoli terminali dei cen­tri bulbari. Contemporaneamente si ha aritmia e progressiva cessazione del battito cardiaco.
Dura da 1 a 3 minuti circa.

Sommando i tempi dei quattro stadi, arriviamo al massimo a cinque minuti per registrare la morte di chi viene soffocato. E non c’è dubbio che gli esperti avranno tratto le loro brave conclusioni dal lavoro che hanno svolto generando finalmente PAURA nei confronti degli assassini che da oltre trent’anni girano impuniti per le strade di Cosenza.