Paola, Ferrero arrestato. Quando girò a Diamante il film “Ma l’amore sì” col suo “Piparedduzzu”

Era il 2006 quando, al culmine delle sue manovre per “mettere a posto” le sue società nella Calabria terra promessa dei fallimenti “pilotati”, Massimo Ferrero ha anche girato un film a Diamante intitolato “Ma l’amore sì”.

Una parodia della celeberrima canzone del 1942 “Ma l’amore no”, un classico che spopolava ai tempi del fascismo che si preparava alla Seconda guerra mondiale grazie alla suadente voce di Alida Valli nel film Stasera niente di nuovo. Alcuni mesi dopo l’uscita del film, la canzone fu incisa da Lina Termini ma è indimenticabile la versione di Alberto Rabagliati, la più ascoltata negli anni. 

Ferrero, tuttavia, non aveva nessuna voglia di rinverdire quei fasti e il suo film – compreso il titolo – era tutta una parodia grazie soprattutto all’attrice protagonista, Anna Maria Barbera, comica surreale siciliana, famosa per il personaggio di “Sconsolata” alias “Sconsy”, che viveva in quegli anni la sua stagione di popolarità. Ferrero aveva prodotto il film con la Blu Cinematografica, una delle società scatole cinesi con sede legale ad Acquappesa, aveva scelto i registi Tonino Zangardi e Marco Costa e al fianco della Barbera aveva messo comunque un cast di rilievo con attori come Alessandro Haber, Elena Bouryka (che al contrario della Barbera era una starlette con belle curve) e Rodolfo Laganà. 

La città di Diamante era perfetta come location e la trama fu adattata al meglio. Per il povero nonno Alcide, calabrese doc, una festa a sorpresa organizzata dai suoi numerosi parenti – ovviamente tutti calabresi – si tramuta in un colpo troppo forte per il suo povero cuore, provocandogli un infarto. Il caro estinto risulta essere un risparmiatore incallito e la lettura del testamento sbalordisce i due figli, Alfredo e Nunzio, che all’improvviso si ritrovano a dover gestire una somma importante e inaspettata tenuta per anni nascosta in una banca proprio di Diamante. Su consiglio di Nunzio, il fratello più giovane, Alfredo decide di traslocare a Roma e di aprire un ristorante di cucina tipica calabrese, Il Piparedduzzo… Un trionfo per tutta Diamante, che come in molti sanno, da molto tempo delizia tutti gli italiani con il suo Festival del Peperoncino. Un bell’omaggio alla terra che ospitava tutto il “circo” e anche le “scatole cinesi” del produttore intrallazzino Ferrero.

Il film uscì il 17 novembre del 2006 e non passò inosservato: vinse un premio al Festival del Cinema Italiano di Ajaccio del 2007 andato ad Anna Maria Barbera come migliore attrice. E si distinse anche al Festival International du Film de Mons 2007 e al Festival du Film Italien de Villerupt 2006.

A Diamante ancora oggi qualcuno (non certo l’attuale sindaco Don Magorno, che già allora aveva le mani in pasta) ricorda che trovò assegni scoperti a pagamento fitto location e giornate lavorative, e della gestione allegra delle società di Ferrero se ne erano accorti in tanti già allora… Certo, c’è voluto del tempo prima che queste società fallissero e arrivassero al fatidico momento di trasformarsi in galline dalle uova d’oro ma alla fine tutto s’è compiuto e Ferrero non pensava certo di imbattersi in un magistrato serio come Pierpaolo Bruni. Gli avevano assicurato invece che la Calabria per i fallimenti era (ed è) una “zona franca” nella quale in tanti ci hanno sguazzato e ci sguazzano ancora. Qualche magistrato ci ha lasciato addirittura il posto per aver toccato quello che non doveva, ma per fortuna non è capitato a Bruni, che adesso ci sta svelando la parte “nascosta” del vulcanico Ferrero, venuto in Calabria per godere a pieno dei suoi famigerati “fallimenti pilotati”.