Paola, la guerra tra i Serpa e il clan Muto e la lunga scia di sangue sul Tirreno

Una lunga scia di sangue e terrore ricostruita nel processo sui clan del Tirreno cosentino denominato “Tela del Ragno”. Il processo doveva far luce su una serie di omicidi ed attività criminali coordinate grazie alla collaborazione con le cosche egemoni nella città di Cosenza ma alla fine – in Appello nel 2017 – si risolse in una bolla di sapone. Tra gli assolti anche il boss di Paola Mario Serpa, che ieri mattina è stato trovato morto nella sua cella nel carcere di Parma (https://www.iacchite.blog/e-morto-a-69-anni-nel-carcere-di-parma-il-boss-di-paola-mario-serpa/). La sua scomparsa inevitabilmente ha fatto molto discutere, anche perché nel 2006 Serpa aveva ottenuto la semilibertà, che gli era stata però revocata dal Tribunale di sorveglianza a seguito del suo rinvio a giudizio nel processo Tela del Ragno. Mario Serpa poi era stato assolto nel medesimo procedimento con formula piena ma il Tribunale di sorveglianza di Bologna non gli aveva più concesso i benefici che aveva prima.

In queste ore, altrettanto inevitabilmente, sono in tanti a ricordare quegli anni di faide che hanno insanguinato Paola e gli altri centri vicini del Tirreno Cosentino. Il processo Tela del Ragno, del resto, scriveva e tracciava una storia pressoché infinita di omicidi eccellenti.

L’origine della guerra di ‘ndrangheta è l’attentato al boss di Cetraro Franco Muto. A pagarne per primo le conseguenze fu Giovanni Serpa, padre del boss Mario. Le rivelazioni del pentito Dedato nel corso dell’appello di Tela del Ragno fecero molto rumore qualche anno fa. 

Partiamo, dunque, dalle origini e cioè da quando i Serpa cercarono di ammazzare Franco Muto ma senza successo. Da questo evento scaturisce dopo pochi mesi il primo omicidio: quello di Giovanni Serpa, il padre del boss Mario.

Giovanni Serpa: ucciso e dato alle fiamme

Un omicidio concepito durante il primo conflitto sanguinario nel Medio Tirreno cosentino, scoppiato tra le bande rivali della ndrangheta a cavallo della fine degli anni ‘70 e i primi anni ’80. Lo scontro armato agli albori delle faide è iniziato con le sparatorie tra i Serpa di Paola e gli uomini di Nelso Basile, che aveva un commando armato a San Lucido. Conflitti che hanno poi generato alleanze. I Serpa con i Perna di Cosenza e i Basile con Franco Pino, allora in guerra con i Perna a Cosenza. E poi i Sena, amici di Pino e del clan Muto.

C’è anche un ruolo della famiglia del “Re del pesce”. Anche se solo indirettamente appoggiava Basile. Prima dell’omicidio di Giovanni Serpa, infatti, come accennato, si era cercato di colpire Franco Muto ed è da qui che partono i propositi di vendetta per colpire l’operaio forestale Giovanni Serpa alla Crocetta. Prima ucciso a colpi di pistola e poi dato alle fiamme sull’Ape che conduceva.

La sparatoria di Ferragosto del 1979 precede l’omicidio. L’amicizia tra Giovanni Serpa e Nelso Basile si interrompe dopo il conflitto a fuoco tra i due gruppi. Ma ancor prima alla richiesta dei figli di Giovanni Serpa a Basile di “consegnare le armi”. Pare che fu una rapina finita male a causare gli screzi.

Il racconto del pentito

A svelarne i dettagli era stato dapprima il collaboratore di giustizia Vincenzo Dedato, condannato per lo stesso omicidio in Corte d’Assise, poi in seguito Giuliano Serpa. Dedato rivelava come bisognava dare una lezione ai Serpa “e nello stesso tempo facciamo vedere a Franco Muto che noi teniamo alla sua persona”. Dedato era stato legato alle bande dei Basile e dei Calvano di San Lucido e in secondo luogo a quella dei Muto.

Dopo la morte di Giovanni Serpa i rapporti dei clan operanti nel territorio paolano degeneravano. Si verificavano ormai mensilmente omicidi o tentati omicidi. Si cercava di avere il predominio sulla zona.

Giovanni Serpa fu ammazzato perché andava dicendo – o almeno questo era l’assunto dei collaboratori di giustizia –  “che se trovava Nelso Basile lo sparava e gli dava fuoco”. Fu poi la fine che fece proprio lui stesso.

Dopo circa 30 anni anche Mario Serpa, suo figlio, aveva ricordato quegli anni in un colloquio captato in carcere con Nella Serpa. “Quelli (i Calvano e i Basile, ndr) sono nostri nemici. Io non potrei mai andarci d’accordo”. I rimpianti del boss erano anche quelli di essere finito in carcere senza avere personalmente mai consumato tutta la sua vendetta.