“Mentre il piccolo Giancarlo moriva, le attività in piscina continuavano come se nulla fosse accaduto”

Il due luglio 2014 – esattamente 8 anni fa – il piccolo Giancarlo Esposito, un bambino di soli 4 anni, è morto annegato nella piscina comunale di Campagnano mentre svolgeva attività ludiche. Giancarlo lo scorso 2 giugno avrebbe compiuto 12 anni. Non è più con i suoi genitori, i suoi familiari e con noi perché i gestori di quella “fogna” pensavano ad altro e l’hanno lasciato annegare. Forti del loro potere, pensavano che questa morte assurda sarebbe passata in cavalleria ma – nonostante siano praticamente riusciti ad insabbiare tutto cambiando addirittura tre (!) giudici e a dilatare esageratamente i tempi del processo – tutta la città ha capito ormai chi è questa gentaglia e la circostanza mette ancora in subbuglio la massoneria deviata di questa città.

Sono riusciti persino a far scappare via il giudice Marco Bilotta, “reo” di aver dato la sensazione di voler fare per intero il suo dovere. E hanno messo al suo posto il servo dei servi per eccellenza, tale Enrico Di Dedda, giudice squadrista, forte con i deboli e debole con i forti. Poi, dopo la vigliacca fuga del soggetto (in perfetto stile fascista), il giudice è stato il dottor Garofalo. Ma i genitori del piccolo sono usciti dal processo civile dopo essere stati risarciti dall’assicurazione della piscina, il che la dice lunga sulle gravissime responsabilità del gestore.

Il processo penale si è poi trascinato stancamente fino a quando non è arrivato l’ordine di assolvere Carmine Manna (legale rappresentante della società che gestisce la piscina, ex assessore della giunta Occhiuto) e le istruttrici Francesca Manna, Luana Coscarello, Martina Gallo e Ilaria Bove. Il pm Maria Francesca Cerchiara aveva chiesto la condanna a 5 anni di carcere per questa combriccola che fin dal primo momento ha cercato di “eliminare” ogni indagine, quasi come se quello sfortunato bambino non fosse mai esistito ma non c’è stato verso.

Probabilmente pensavano che non ci sarebbe stato neanche ricorso in Appello, visto che i genitori e i familiari del bambino erano usciti dal processo penale dopo essere stati risarciti civilmente per le gravi responsabilità del gestore della piscina e delle sue educatrici, ma il ricorso invece è partito. E adesso serviranno belle “mazzette” all’avvocato Manna detto appunto “Mazzetta” per aggiustare anche questo processo dopo quello del boss Patitucci. Dubitiamo che questo sia il clima giusto per fare determinate operazioni ma quando si parla di “Mazzetta” tutto è possibile…

L’UDIENZA DEL 27 GIUGNO 2016

Per ricordare Giancarlo e la sua vicenda, ma soprattutto per ristabilire la verità dei fatti dopo gli ultimi squallidi tentativi dei legali di Manna di ribaltare la realtà e la verità dei fatti, rievochiamo una delle udienze più drammatiche del processo, svoltasi il 27 giugno 2016, quando sono stati ascoltati i marescialli dei carabinieri Danilo Sidoti e Antonio Fiore e il carabiniere dei Nas, maresciallo Posata. I tre hanno ricostruito la dinamica delle indagini successive alla morte del piccolo Giancarlo e hanno contribuito a delineare un quadro davvero disarmante rispetto alla assoluta mancanza di sicurezza all’interno della piscina di Campagnano.

Il maresciallo Sidoti, in particolare, ha confermato in pieno quanto già aveva dichiarato il maresciallo Vanacore nell’udienza dello scorso mese di maggio a proposito delle condizioni igienico-sanitarie scandalose e vergognose dei locali adibiti a pronto soccorso. Per non parlare della mancanza dei giubbotti di salvataggio che dovrebbero essere obbligatori in ogni piscina degna di questo nome così come i salvagente. Solo qualche bracciolo sgangherato e un paio di cavigliere: cose da pazzi. Va da se che le accuse formulate contro Carmine Manna in merito all’omissione dell’adozione di tutte le misure di sicurezza per evitare incidenti ai bambini prendono sempre più consistenza, man mano che sfilano i testi davanti al giudice.

Ma il clou dell’udienza è stato rappresentato dalle informazioni relative alle telecamere di sorveglianza, che sono state consegnate da Carmine Manna soltanto 10 giorni dopo la morte di Giancarlo Esposito e dopo che, in un primo tempo, erano state segnalate come non funzionanti.

Sia Sidoti che Fiore, attraverso i video girati dalle telecamere, hanno confermato che nella piscina riabilitativa destinata ai più piccoli, sono entrati tra i 25 e i 30 bambini, affidati alle tre istruttrici sotto processo. Con una media, davvero scandalosa, di circa 10 bambini ad istruttrice. Come si fa a vigilare in maniera compiuta su 10 bambini contemporaneamente?

Ma non solo. Il maresciallo Sidoti, nella fase più drammatica della sua testimonianza, ha affermato che “ad un certo punto si vede una delle istruttrici che ha in braccio il bambino e lo adagia su una panchina, attorniata anche dalle altre due istruttrici”. Seguono poi le immagini concitate dopo l’arrivo dei sanitari del 118.

L’avvocato di parte civile Ugo Ledonne, a questo punto, ha chiesto lumi al maresciallo Sidoti sul prosieguo o meno delle attività all’interno della piscina dopo la morte di Giancarlo Esposito e il carabiniere, quasi sconsolato, è stato costretto ad affermare, dopo aver visionato i video, che le attività sono proseguite regolarmente, come se nulla fosse accaduto. Mentre, in un angolo di quella maledetta piscina, un bambino stava morendo o era appena deceduto. Un atteggiamento incredibile, una mancanza di umanità sconcertante della quale qualcuno dovrà pur rispondere.

Il maresciallo Antonio Fiore, quindi, ha ricostruito tutte le telefonate che hanno fatto seguito all’annegamento di Giancarlo. Alla fine ne sono state effettuate quattordici nel lasso di tempo intercorrente tra le 10,50 (orario della prima telefonata al 118) e le 11,10.

L’istruttrice Francesca Manna non ha telefonato solo al 118 ma ha contattato con insistenza prima Francesco Manna e poi Carmine Manna, al quale ha inviato anche una serie di messaggi.

Anche in questa udienza il pm Maria Francesca Cerchiara ha condotto in maniera incalzante gli interrogatori, lasciando trasparire (almeno apparentemente) la volontà di far luce seriamente sulle responsabilità della morte del bambino.

Decisamente dimesso e sciatto l’avvocato Marcello Manna, in mille faccende affaccendato, con una coda di paglia lunga quanto le sue bugie, difensore del principale imputato ovvero il suo parente Carmine Manna.