Primavera dei Teatri: “Pianure”, il concerto di poesia di Franco Dionesalvi

Abbiamo chiesto a Franco Dionesalvi di spiegarci cos’è “Pianure”, questa performance che stasera, al Protoconvento di Castrovillari, chiuderà il festival “Primavera dei teatri”.

“Forse la definizione più appropriata sarebbe “concerto di poesia”. Si tratta di una performance che nacque sette-otto anni fa, su sollecitazione, mi piace ricordarlo, di Vincenzo Ziccarelli, che mi chiese di pensare qualcosa per una rassegna che curava lui. La mettemmo in scena due-tre volte, in Calabria. E sarebbe finita lì. Poi però lo scorso anno mi invitarono al Festival Internazionale di Poesia, a Milano, a partecipare ad una performance che metteva insieme poeti e pittori, a costruire in tre ore un’opera di sintesi fra le due forme espressive.

Lì conobbi Milton Fernandez, il direttore artistico del festival, e gli parlai di quel vecchio esperimento che avevo costruito insieme a una rock band in Calabria. Lui se ne entusiasmò, e mi chiese di ri-montarlo per il festival di Milano. L’abbiamo fatto, il 13 maggio al Mudec, ed ha riscosso molto interesse. Ora lo portiamo a Castrovillari, in questo festival che da diversi anni, nell’ambito del teatro di ricerca, rappresenta uno degli appuntamenti più seri e significativi che si svolgono nell’Italia meridionale.

“Pianure” è una performance che si dipana a tre livelli: la poesia popolare calabrese, la poesia contemporanea e la musica rock. I tre livelli scorrono su binari paralleli, si incrociano, si scontrano; e in certi momenti raggiungono una, pur provvisoria, ricomposizione.

È così il nostro tempo: non esistono più aree protette, i linguaggi devono accettare, se non siamo ipocriti, la babele, il caos. E da questa operazione di onestà, a volte, si può riemergere con un filo di senso, con una emozione condivisa. Mi pare l’unico modo di rendere omaggio alla tradizione popolare calabrese, quella dell’oralità, dei cantori che improvvisavano versi e li decantavano nelle occasioni di festa e di lutto. Ossia di leggerli insieme alle cento voci del nostro tempo, che poi sono quelle delle altre lingue che fanno frastuono, non solo le lingue come l’italiano e l’inglese, ma anche i linguaggi e i ronzii delle televisioni e dei telefonini. Comunque “Pianure” non c’entra niente con la cosa che spesso si fa, di leggere poesie con un sottofondo musicale.

Qui i linguaggi sono paralleli, equivalenti e autonomi. Con me, a costruire queste sequenze sonore, ci sono i Nimby, una rock band che ha costruito insieme a me il tutto, partendo da versi proposti da me (non soltanto miei), ma lavorandoci insieme, appunto a costruire partiture uniche. I Nimby hanno questo difetto che sono catanzaresi… scherzo, sono musicisti duttili e preparati. Poi, nella prima versione c’era Rossella Gaudio, che però per impegni professionali non ha più potuto partecipare. Così ho chiesto a Rossana di provare a leggere lei le parti in dialetto calabrese. E lei, vinta una timidezza iniziale, lo fa con grande personalità. E poi c’è una chicca: una poesia straordinaria di Maiakovski, che però entra nella performance in una versione particolare, in dialetto calabrese. E la traduzione l’ho fatta fare a mio fratello, che conosce il dialetto calabrese molto meglio di me. Perché di una poesia te ne appropri davvero, diventa tua, quando la cali nella tua vita quotidiana, quando la trasformi ma le fai parlare ed esprimere le tue emozioni, quelle più riposte e più vere”.