Il clan Muto e lo stato deviato, la profezia di Rodotà: “L’impunità ha degradato le istituzioni”

Stefano Rodotà

L’omicidio di Giannino Losardo, avvenuto nel 1980 a Fuscaldo, sulla costa tirrenica cosentina, è rimasto tuttora impunito. Un Cold Case del quale è tabù anche soltanto parlare. Perché si fa presto a dire che Losardo è stato assassinato dalla mafia, ma la verità è che lo stato c’è impelagato fino al collo. E con tanti riscontri che finirono, anche a quei tempi, sotto gli occhi di tutti. Ed è per questo che oggi, all’indomani dell’ultima scarcerazione del boss Franco Muto, ognuno di noi che conosciamo i fatti ha pensato a Giannino Losardo.

Losardo era comunista e proprio per questo L’Unità (organo del Pci) lavorò molto su questo tema. Abbiamo già pubblicato un bell’articolo di Gianfranco Manfredi, ma lavorava con L’Unità anche Filippo Veltri, giornalista cosentino molto conosciuto.

Veltri, tra i tanti servizi che fece, riassunse anche una partecipata manifestazione del Pci dell’ottobre 1980 alla quale parteciparono molti personaggi importanti, tra i quali Stefano Rodotà. Che, da fine giurista quale è sempre stato, puntava moltissimo sull’inerzia della procura di Paola. Ecco quanto affermava Rodotà, scomparso il 23 giugno 2017 ma il cui ricordo è sempre vivo nella nostra realtà soprattutto per la valenza di quanto diceva e scriveva. E le cui parole suonano oggi quasi come una profezia. 

“… L’impunità goduta ha causato un degradarsi continuo delle istituzioni democratiche. La giustizia (e siamo ancora nel 1980!!!, ndr) ha un’immagine ormai pregiudicata, dei magistrati della procura paolana si discute apertamente: che cosa si aspetta a mandare un ispettore, a prendere provvedimenti nei confronti del sostituto procuratore della Repubblica di Paola, Luigi Belvedere?”.

L’ispezione arrivò ma addirittura nel 1991 ovvero 11 anno dopo (!) e dopo che lo stesso Belvedere era uscito clamorosamente assolto da un processo pieno di tensione svoltosi, non a caso, lontano da Paola. A Bari per la precisione. Di contro, Filippo Veltri “fotografava” così il resto.

“… A Cetraro l’impunità è, per così dire, nell’aria: i guardaspalle del boss Franco Muto circolano per le strade di Cetraro tranquillamente; il ricercato per l’omicidio Scornaienghi è stato fermato solo alcuni giorni fa a Salerno mentre tutti lo avevano visto, fin dal 5 agosto, a una festa patronale… L’autosalone di Muto, una delle gemme dell’impero economico costruito dal boss, chiuso per alcune settimane, ha riaperto i battenti mentre un rapporto preciso e dettagliato della polizia sulle cosche che agiscono sulla costa tirrenica da Paola a Praia a Mare è da mesi chiuso nei cassetti della procura paolana…”.