Rende, “After Hours” al Cinema Santa Chiara

FUORI ORARIO (AFTER HOURS – USA 1985) AL CINEMA SANTA CHIARA DI RENDE PER LA RASSEGNA “L’ORA DEL LUPO”, IDEATA DA UGO G. CARUSO E ORAZIO GAROFALO

“Fuori orario” (After Hours – USA 1985), uno dei film più affascinanti degli anni ’80 e tra i migliori nella filmografia di Martin Scorsese,  verrà riproposto stasera lunedì 25 Marzo alle ore 20.45  al Cinema Santa Chiara di Rende nella rassegna “L’ora del lupo”, ideata da Ugo G. Caruso ed Orazio Garofalo.
Il film è stato scelto da Ugo G. Caruso che nella sua presentazione metterà in risalto lo stretto legame autoriale e tematico con il resto dell’opera del regista italo-americano ma pure la sua peculiarità, a partire dalla singolare vicenda produttiva, decisamente “indie” che ne fa pure un unicum in quello stesso complesso,  lo stesso fin qui rigorosamente riproposto dallo stesso Garofalo nella sua rassegna del venerdì “Martin Scorsese, quel bravo ragazzo”.

E proprio la collocazione in due cicli diversi evidenzia l’unicità di questo film rispetto a tanti altri titoli più celebrati e ricordati. Fuori orario può essere visto come una sorta di bonus per la rassegna su Scorsese ma al contempo per atmosfere, registro, unità di luogo, tempo e azione lo rende perfetto per “L’ora del lupo”.
Il soggetto, scritto da uno studente universitario, Joseph Minion, e subito opzionato dall’attore Griffin Dunne che poi lo interpreterà, piacque molto a Scorsese che stava vivendo allora una forte crisi personale e professionale anche a causa del flop registrato con l’ultimo film, “Re per una notte” con Robert De Niro e Jerry Lewis.
Il regista rimaneggerà così la traccia originale arricchendola delle sue personali ossessioni e  infarcendola di gustose citazioni. “L’impressione  che ne trassi quando uscì – ricorda Caruso, allora già attivo come critico, fu di un geniale episodio ispirato all’assurdo, al perturbante ed all’inesplicabile che pervadeva certi episodi della popolare serie CBS ideata da Rod Serling nel 1959 “Ai confini della realtà” (The Twilight Zone”).

Paul Hackett, un impiegato di una importante ditta di computer , dopo la giornata di lavoro, si rilassa in un bar leggendo (anzi rileggendo) Tropico del Cancro di Henry Miller. Una ragazza seduta al tavolo di fronte legge il titolo e si congratula con lui per la scelta. Alla fine della conversazione darà a Paul il numero di telefono ove poterla rintracciare  a Soho: un quartiere ove in quell’epoca erano di moda le sculture di carta.
Paul, attratto dalla prospettiva di trascorrere con lei una bella serata la chiama e poi si reca nel quartiere di Soho. Qui comincia una girandola di disavventure che il caso sembra aver preparato per il malcapitato protagonista, fin dal suo viaggio in taxi. Le disavventure e gli incidenti sono di tale portata che ad un certo punto sembra che tutti ciò che di strano e negativo succede quella notte nel quartiere sia per specifica colpa di Paul, che per questo viene perseguitato da una folla inferocita, soprattutto femminile. La stessa concitata vicenda e la bravura del regista conferiscono al film un ritmo vertiginoso ed eccitante per lo spettatore, che non può che restare incollato alla sedia come attratto da un tipo inconsueto di suspense. Il film, la cui lavorazione è durata otto settimane,  è stato girato, per volere di Scorsese, in maniera assolutamente realistica: tutte le scene sono girate di notte e proprio per le strade di Soho. E il regista ha voluto girare di notte addirittura anche gli interni!
Una menzione particolare meritano le musiche: tutta la parte iniziale, compreso la scena de bar,  è accompagnata da “Air overture” di Bach, e quella finale dalla Symphony in D Major, K. 73N di Mozart. Nel mezzo possiamo ascoltare, a volte appena accennate, tra le migliori canzoni dell’epoca, da “Chelsea morning” a “Is That All There Is?”e a tantissime altre che ogni spettatore può riconoscere.

Con questo piccolo gioiello Scorsese in certo senso aveva voluto fare un ritorno alle origini. Abbiamo citato Main Street e Taxi driver, che sono i primi film della sua carriera, girati a New York, che, non dimentichiamolo è la sua città di nascita, e dove si erano trapiantati i suoi nonni di origine siciliana.
Non a caso una buona parte dei suoi film è ambientata proprio a New York, ove ammira i grandi registi “di strada” indipendenti dai canoni di Hollywood, primo fra tutti John Cassavetes. E in questo senso Fuori orario è appunto proprio un fantastico ritorno alle origini. Quando la ragazza incontrata al  bar (Rosanna Arquette è bravissima in questa scena) va a sedere allo stesso tavolo di Paul, gli dice in confidenza: “Non ti sembra che il cassiere sia un tipo strano?”. Allora Scorsese sposta l’immagine sul cassiere che somiglia un po’ a De Niro di Taxi driver e fa strani gesti che ricordano il personaggio di quel film. E a proposito di citazioni, ce n’è un’altra che ci riporta al gran successo di Griffin Dunne, “Un lupo mannaro americano a Londra” per la regia di John Landis: nelle sue peripezie notturne Paul non riesce a prendere la Metropolitana, perché il biglietto è aumentato da mezzanotte (cioè da pochi minuti) e lui esclama: “Dev’esserci la luna piena!”
Scorsese compare nel film mentre distribuisce freneticamente le luci punk al Berlin Cafè.

Il film può essere definito una kafkiana e al tempo stesso grottesca discesa agli inferi del protagonista nel girone delle più estreme ossessività e angosce metropolitane, nell’altra New York, non certo quella da cartolina, estranea al regista, ma quella delle strade deserte e pericolose, quella affascinante e malefica al tempo stesso. E’ la storia di un piccolo sogno che si trasforma in un grande incubo.
Interpretato da Griffin Dunne oltre che da uno stuolo di attrici emergenti che credendo nel progetto, rinunciarono ai loro consueti cachet, come Rosanna Arquette, Teri Garr, Verna Bloom, Linda Fiorentino, Fuori Orario è un capolavoro per certi versi dimenticato, sottilmente ed irridentemente anti-Hollywoodiano.