Il “sistema Rende”: Sandro Principe e i suoi fiduciari. Arrestato anche Gagliardi

Giuseppe Gagliardi

In America, in Inghilterra, in Germania, ma forse pure negli Emirati Arabi non sarebbe stato possibile sovrapporre “affari e politica”, così come è avvenuto a Rende, piccolo Comune della Calabria, ma ricco di una edilizia che, per il 90% è stata gestita da uomini dell’apparato politico-amministrativo.

Andiamo per ordine.

Nel 1980 il vecchio “patriarca rendese”, Francesco Principe, sindaco dal 1952, quando vinse, a furor di popolo, contro i nobili possidenti e prese in mano un piccolo borgo antico, trasformandolo progressivamente in una ordinata e feconda cittadina, abdicò in favore del primogenito, Sandro, come nelle più longeve monarchie europee.

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Fino ad allora “Cecchino” Principe ebbe alcune intuizioni, e forte anche del suo spessore politico (divenne, infatti, deputato nel 1958, con ruoli via via sempre più prestigiosi e buone conoscenze romane), comprese che quel lembo di territorio a ridosso di una Cosenza ferma, bloccata, litigiosa, sarebbe divenuto uno scrigno prezioso.

Intere generazioni di cosentini sposandosi riuscivano a trovare casa solo a Rende e migrarono, facendo la fortuna politica di Principe e di quella edilizia di accorsati e ricchi costruttori: i Bilotti, i Fabiano, i Grimoli e pochi altri. A questi imprenditori, il vecchio Principe imponeva, forte anche del primo piano regolatore adottato in Calabria, limiti edilizi talvolta impossibili da sopportare, ma che diedero un connotato di ordine, di sicurezza e anche di bellezza alla nascente cittadina rendese.

Grazie a “vincolanti” norme, strappava concessioni in termini di verde, servizi e patrimonializzazioni che resero ricchissimo il Municipio rendese. Nacquero il Parco Robinson, il primo per dimensioni e concezione, poi gli impianti sportivi, le scuole primarie.

Cecchino Principe, una sorta di Robin Hood, che toglieva ai ricchi per dare ai poveri.

SANDRO PRINCIPE E RAFFAELE DE RANGO

Sandro Principe
Sandro Principe

Poi, nel 1980 la decisione di cedere il “trono” municipale al figlio Sandro, il quale, tuttavia, per come si conviene ai “regnanti”, fu preparato in tempo e negli anni a svolgere un ruolo delicato ed importante. Sandro, a capo di un gruppo ristretto di amici e “compagni”, fece studiare il territorio e programmò, minuziosamente, gli interventi che avrebbero trasformato un “bel quartiere periferico di Cosenza” in una città forte, economicamente fortissima ed urbanisticamente inattaccabile.

Ma intorno a lui, che trionfò nelle elezioni municipali del 1980, crebbe un nugolo di “fiduciari”, della sua stessa età, mettendo uno alla volta alla porta i “paladini” del vecchio Cecchino.

Michele Stellato, Giuseppe Gagliardi, Umberto Bernaudo, ed insieme a questi i funzionari del Comune Vercillo, Raimondi, Santelli, Giraldi ed un architetto giovanissimo, dal cognome già legato alla stagione “cecchiniana”, Gianfranco Malara.

Raffaele De Rango
Raffaele De Rango

Ma, soprattutto, Raffaele De Rango, eminenza grigia, uomo fidatissimo (uno dei pochi rimasti fedele a Sandro anche nelle disavventure e negli errori), uomo del dialogo, del sorriso, furbo, mai una parola di più, mai un giudizio, orecchie aperte ad ascoltare per riferire.

Raffaele De Rango è l’espressione più diretta delle lunghe stagioni di Sandro Principe. De Rango si impadronisce dell’attività edilizia rendese e di anno in anno crescono come funghi i suoi “palazzi”; gli altri ne seguono il percorso ritagliandosi ognuno un “proprio orticello”.

IL SISTEMA DE RANGO E GIUSEPPE GAGLIARDI

C’è chi apre una ditta, magari con la complicità di prestanome anonimi, chi si occupa di assicurazioni, chi di forniture, chi di pubblicità, chi di elettricità, chi di cancelleria e forniture.

Giuseppe Gagliardi
Giuseppe Gagliardi

Chi, come nel caso di Giuseppe Gagliardi, agronomo di professione, tuttofare nel Municipio, apre uno studio di consulenza immobiliare ed è il crocevia obbligato per chiunque vuole “costruire”, acquistare, vendere o permutare un terreno.

Tutto passa da lì e infatti anche Giuseppe Gagliardi figura tra gli arrestati. E’ uno dei principiani più fedeli e come Ruffolo passa da Rende alla Provincia.

Ma De Rango è il dominus, inizialmente, dell’edilizia, anche di qualità. I suoi palazzi sono costruiti bene e venduti meglio.

Ma su quali terreni? Di proprietà di chi? Trasformati quando e come da agricoli in residenziali? Chi redige gli atti notarili, chi controlla volumetrie, varianti, autorizzazioni? Chi si interessa dei collaudi, delle abitabilità e di come vengono venduti?

Balza agli occhi che i palazzi di De Rango sorgono su piccoli appezzamenti, collocati sempre in posizione strategica. Lui li compra e dopo poco tempo vengono impreziositi di opere pubbliche vicine, di piazze, strade, illuminazione, verde, scuole, fermate dei bus (a proposito a breve scriveremo dei trasporti a Rende).

Lui compra terreni apparentemente inutili e poi il Comune, quindi lui stesso, li fa diventare preziosi. Lui li compra per piombo e si trasformano in oro. Sempre a spese della collettività. Lui compra un reliquato a ridosso di una scuola e quando quella scuola vuole ampliare la palestra, non può farlo perché lì nasce un palazzo e quel palazzo impedisce di farlo.

I gioielli di Rende sono suoi, uno alla volta ed uno alla volta gli vengono ceduti, o vengono acquistati ad un prezzo, per valere cento, mille volte di più appena entrano nella sua disponibilità.

Com’è possibile che i migliori reliquati, costati pochissimo, sono in suo possesso?

Bisogna dire che De Rango, come gli altri, ma più degli altri, non si limita a fare il costruttore, ma, come gli altri, più degli altri, è sempre nei posti di comando del Municipio. Ora come consigliere, ora assessore o vicesindaco, ma anche come sindaco, quando Sandro Principe balza a Montecitorio, nel 1987.

L’ASCESA DI DON RAFFAELE

Ma non gli basta. Il costruttore più coccolato e ricco vuole un ruolo più “ricco” e di prestigio.

Quindi viene imposto alla carica di sindaco e poi al consiglio regionale, dove viene eletto per una manciata di voti e scatenando una guerra all’interno del granitico gruppo di Sandro.

E’ da allora che parte una sorta di “rivolta” ed anche gli altri del gruppo di Sandro, in un modo o nell’altro, entrano nel mondo dell’edilizia, intaccando il monopolio, rompendo gli equilibri, minacciando l’esclusività di Don Raffaele, il “re del mattone”.

Lui capisce e medita e spesso è l’ispiratore delle “punizioni” inflitte a chi ha tentato di limitarne il ruolo di uomo forte. A Reggio Calabria tesse, costruisce rapporti che gli varranno il titolo di “mediatore”, uomo del dialogo, dei rapporti con il mondo delle banche, degli affari.

banca

Diviene il capo di Confindustria a Cosenza e poi a vario titolo uomo di banche, che lo coccolano per i suoi “depositi” ed i suoi vorticosi giri di denaro. Tuttora è consigliere d’amministrazione della Banca Popolare di Bari. Insomma, nel giro di quindici anni Raffaele De Rango supera ogni limite e medita come gestire il capitale accumulato, investirlo, e che lievita come l’impasto delle pizze di Ciro a Mergellina.

Ma mai nessuno è riuscito a decifrare il suo successo e la sua opulenza. Le sue “carte” sono custodite e perfezionate come una Bibbia laica.

panorama

Non appare, non alza mai la voce, sorride a tutti, amici e nemici, anzi ha una predilezione per avvicinare gli avversari suoi e di Sandro per mantenere con essi un rapporto che può servire a ritrovare la “pace”. Mai nessuno ha seriamente indagato sui lotti presi di mira da De Rango; se sono stati oggetto di varianti, di camuffamenti, di acquisizioni strane.

Il che vuol dire che nei suoi riguardi c’è un atteggiamento di non celata acquiescenza, di protezione e protezioni, magari anche per riconoscenza nei riguardi di chi ti ha venduto una casa bella, solida, costosa e venduta magari con qualche “sconto” particolare.

Eppure è il caso più emblematico di “doppiezza” istituzionale.

Mai nessuno ha sfrontatamente svolto ruoli amministrativi ed imprenditoriali in nessun comune d’Europa come De Rango a Rende.

Chi può negarsi a Raffaele De Rango? Chi può opporsi ai suoi interessi? Chi rifiutarsi di cedergli la terra?

Lui è il sindaco, l’onorevole, il bancario, l’industriale; il numero due, dopo Sandro c’è lui che è riconoscente, sa che deve “dare” e non lesina di farlo, deve condividere e condivide.

Dirgli di no, vuol dire mettersi contro “il potere” vero, quello che conta più di tutto e di tutti. E, quindi, quando mette gli occhi su un terreno, quello diventa suo e punto.

 ALESSANDRO DE RANGO

Alessandro De Rango
Alessandro De Rango

Da qualche anno, ritagliandosi sempre più il ruolo di “eminenza grigia”, collocato in Consigli di amministrazione di banche, dovendo assecondare il falso rinnovamento che anche a Rende si impone, lancia il giovane figlio: Alessandro.

Scaltro, silenzioso, laureato, prende in mano le redini della De Rango Srl, ma anche il testimone politico cedutogli dal padre.

E fa il suo ingresso nella politica, prima come Consigliere, poi come assessore, carica dalla quale si dimette, dicono per dissapori con l’allora Sindaco Cavalcanti, ma secondo molti per un vivace scambio di opinioni con il leader maximo.

De Rango jr e Cavalcanti
De Rango jr e Cavalcanti

Ma poi ritorna: un De Rango non può stare fuori dal giro, dal consiglio comunale, e si ricandida anche alle ultime elezioni, quelle che hanno sancito la momentanea sconfitta di Sandro, che perde con Verre, peraltro già transitato secondo molti nell’harem del nuovo “reuccio” rendese, il sindaco Marcello Manna.

E De Rango si ritaglia il ruolo del leader di opposizione. Capisce, però, che non deve alzare il tono; gli affari vengono prima e lui, memore degli insegnamenti paterni, applica a dovere questa regola.

Ci sono ancora molte cose in sospeso per la De Rango Srl e non può accadere che per la politica si mettano a rischio gli investimenti prodotti negli anni.

Però una stagione si è chiusa ed anche De Rango viene “attenzionato” e bisogna essere cauti, non si sa mai si apre lo scrigno delle segrete rendesi…

Se qualcuno prende le carte e le legge, le studia, le mette sotto il microscopio, può svelarsi quel “mistero” che ha avvolto un potentato politico-economico degno delle piazze londinesi od americane.