Rende. Lisa San, l’ultima giapponesa

Se è vero che la miglior difesa è l’attacco, è anche vero che per la riuscita di un attacco c’è bisogno di un buon attaccante. E Lisa Sorrentino, assessore, assessora, assessoressa (di questi tempi non si capisce bene come usare il femminile) superstite al comune di Rende, francamente, non lo è. Più che un attaccante, Lisa, ricorda l’ultimo giapponese, giapponesa, giapponesessa, rimasto a combattere sull’isola di Lubang anche dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Nessuno gli aveva comunicato che la guerra era finita, e solo dopo trent’anni, nel 1974, si arrese.

E non è la sola caratteristica che la lega al Giappone, Lisa San ha dimostrato, sul campo e con l’impegno, di avere tutte le qualità per diventare un kamikaze, una kamikaza, una kamikazesca, la sua devozione alla causa è esemplare, pari a quella dei nobili aviatori nipponici delle Seconda guerra mondiale votati alla morte. Pur di restare abbarbicata alla poltrona è disposta a tutto: anche ad ammazzarsi, e ammazzarci, di cazzate dalla mattina alla sera. Come quella di paragonare la vicenda giudiziaria dello Shogun Manna, corruzione, mafia, clientelismo, alla più grave sospensione dei diritti democratici in Europa dopo la Seconda guerra mondiale: la feroce repressione del dissenso dopo i fatti di Genova 2001. Per dire ciò, ci vuole un certo coraggio, e a Lisa San il coraggio non manca.

La venerazione di Lisa San dimostrata al “Sovrano Celeste” è commovente, romantica, appassionata, nonostante l’accerchiamento resiste, la resa non è contemplata nel suo codice genetico di antica guerriera. Lo stesso codice appartenuto all’antica casta feudale di feroci e leali guerrieri, che fanno di lei, oltre che all’ultimo giapponese, giapponesa, anche l’ultimo – che però, come la storia insegna, non potrà mai più essere il primo – dei Samurai, Samuraia, Samuraiessa… fate voi, sta cosa del femminile non l’abbiamo (o abbiama?) mai capita bene…