Renzi ha deciso: addio al Pd il 20 ottobre

C’è la data: il 20 ottobre, decima edizione della Leopolda. C’è, ovviamente, il luogo: Firenze, da dove tutto è partito. E c’è pure il progetto politico: una forza politica “nuova”, di impianto “liberal-democratico”, “riformista e riformatrice”. C’è anche un’ossatura, piccola, ma di tutto rispetto. I comitati civici ‘Azione civile-Ritorno al Futuro’ sono un migliaio, sono sparsi in tutt’Italia, hanno circa 10 mila aderenti e due coordinatori di polso: Ettore Rosato, vicepresidente della Camera, e Ivan Scalfarotto, sottosegretario agli Esteri.

Manca solo un casus belli, ma, per il resto, Matteo Renzi ha deciso: alea iacta est, il dado è tratto. La scissione («lo scisma» come lo chiama Zingaretti) dal Pd sta per diventare realtà e con tempi assai ravvicinati. Ma – assicura Ettore Rosato usando le parole di Renzi – “qualsiasi cosa accada, noi garantiamo i numeri al governo. Se ce ne andiamo, vogliamo stabilizzare e, anzi, allargare, la maggioranza, non certo restringerla”. Mah, sarà… Anche perché ben due ministre due – la Bonetti, appunto, alle Pari opportunità e Famiglia, e la Bellanova, Agricoltura – “stanno con noi e andrebbero via con noi dal Pd” dicono, sicuri del fatto loro, i renziani. Insomma, conseguenze ce ne saranno.

Vero è che, anche nel Pd di Zingaretti, invece di fare fuoco e fiamme, sembrano tirare un sospiro di sollievo all’idea. L’ideologo del segretario, Goffredo Bettini, spiega: “Se Renzi e un’area liberal-moderata decidessero di tentare un movimento autonomo, non griderei allo scandalo. Essenziale è allearsi nel centrosinistra per battere Salvini”.

Al Nazareno il mood è identico: “Prima se ne vanno, meglio è, così potremo davvero rivoluzionare e aprire il Pd” (a LeU, di fatto). Qui, però, si deve entrare negli interna corporis della galassia renziana che è composta da due i tronconi: i pasdaran di ‘Sempre Avanti!’ (area di Giachetti e della neo viceministra Ascani), una decina di deputati e tre senatori, e i renziani moderati di ‘Base riformista’, l’area di Lotti-Guerini (quest’ultimo oggi ministro), circa venti senatori e 50 deputati. Se Renzi, formando i gruppi, vuole sfondare, deve farlo qui dentro in una guerra al coltello tra renziani.

I malumori degli esclusi dal sottogoverno (De FilippoDe Luca) non mancano, ma il grosso delle truppe resterà dov’è. Andranno via, oltre alla BoschiRomano MiglioreRosato ScalfarottoAscani Nobili ecc. Basteranno per arrivare alla cifra di 20 deputati che serve per costituire un gruppo autonomo? Probabile, ma grazie ad alcuni innesti extra (Lorenzin e altri). Al Senato però è tutto più complicato. Quelli pronti a tutto sono cinque (FaraoneBonifaziBellanovaGinettiCerno) e dovranno traslocare nel Misto. Dove, ma solo grazie all’innesto di quattro/cinque senatori in uscita da FI e capitanati dal toscano Mallegni, si proverà il colpaccio: votare la sfiducia all’attuale capogruppo, De Petris (LeU), ed eleggersene uno in proprio, per contare dentro le Camere. Mentre al governo il neo partito avrebbe due ministre, un viceministro e un sottosegretario. Il Conte bis, oltre a Pd-M5S-LeU, avrebbe così una quarta gamba Renzi.