Rino Gaetano, a 40 anni dalla scomparsa esce “Istantanee e tabù”

A un figlio unico che cantava le canzoni. Al Rino Gaetano tra le sue stesse righe è dedicata “Istantanee e tabù”. La collezione, realizzata in collaborazione con Anna ed Alessandro Gaetano (sarà pubblicata da Sony Music il 25 giugno) celebra Rino a 40 anni dalla sua scomparsa in un terribile incidente stradale, il 2 giugno 1981, a soli 31 anni. Oggi Salvatore Antonio Gaetano di anni ne avrebbe avuto 71 e, forse, avrebbe potuto godere la popolarità e la totale rivalutazione della sua arte.

La raccolta

Un quadruplo LP nero 180 gr in edizione limitata numerata (con 40 brani), doppio LP in pasta colorata (con 20 brani) e doppio CD (con 37 brani), tutti arricchiti da un libretto curato da Paolo Maiorino. La copertina è stata realizzata da Nazario Graziano. La tracklist (diversa per ogni versione) ricostruisce un percorso musicale ponderato delle canzoni più rappresentative estratte dai sei album in studio pubblicati da Rino Gaetano nella sua breve carriera, ma anche dal Q-Disc con Riccardo Cocciante e Perigeo, proprio per fornire una visione musicale quanto più completa possibile dell’uomo e dell’artista.

La collezione è impreziosita da materiale tratto da nastri emersi nel tempo, un vero “tesoro nascosto”: l’inedito “Io con lei”, oltre a demo mai pubblicati prima e versioni originali di sue canzoni (che qui differiscono per testo o arrangiamento). Sono piccole istantanee di una bellezza indescrivibile, catturate come delle polaroid e immortalate nel tempo, a testimoniare il talento ingiustamente poco considerato in vita e del quale solo più recentemente è stato riconosciuto il grande valore artistico e poetico.

“Abbiamo provato a capire l’uomo per rileggerne gli scritti”

Attraverso le parole di Paolo Maiorino, Direttore Catalogo Sony Legacy che, in occasione dell’uscita (un paio d’anni fa) di un’altra raccolta celebrativa e definitiva – “Ahi Maria 40th” – ci aveva già restituito il suo bellissimo, inedito, talvolta equivocato ritratto. “Il testo di ‘Ahi Maria’ è emblematico. Straordinariamente chiaro, esprime l’amore che l’autore nutriva per sua madre, che non poteva essere sostituita da nessun’altra donna”. E proprio “per porre l’accento sul suo tratto distintivo, quel suo essere divertente su contenuti solo apparentemente scanzonati, per dimostrare quanto fosse avanti rispetto a quanto poco gli fu riconosciuto, era un passaggio dovuto riproporlo”.

Sfogliando i ricordi di Alessandro, il secondo dei tre figli di Anna. Quando uno di loro faceva il compleanno, “zio Rino portava regali a tutti e tre i nipoti per non scontentarne nessuno”. E poi c’è quella volta che erano sotto casa di via Nomentana 53, quella dei nonni e degli ultimi anni… “davanti al portone c’era un ristorante dove scambiare chiacchiere, avevo 6 anni. Entrò un signore poco più alto di me, sembrava fosse un bambino ma la barba e il sigaro non mi tornavano. Rino se ne accorse e mi spiegò che era uno dei sette nani. Per qualche mese ci ho creduto”.

Nelle istantanee di Pierluigi Germini, per tutti il suo discografico, per Rino l’amico delle notti a Trastevere, quando insieme si faceva mattina tardissimo. “Tanto amico che ancora oggi, se la gente mi riconosce come ‘reliquia’ di Rino, fatico a distinguere il fratello dall’artista”. Era esclusivo, nella musica come nella vita, “non usciva quasi mai con più di un amico alla volta, per non distrarsi, per non dividere il tempo, per dedicarsi. Poi magari non lo sentivo per un paio di giorni perché era stato con Bruno Franceschelli o Enrico Gregori, altri compagni di sempre. E pagava le cene, spendeva spandeva e fendeva per guadagnarsi il riscatto. A Montesacro, nella vita normale, tra le serate a casa per non parlare di niente e le telefonate per raccontarsi le idee nonostante abitassero a 200 metri l’uno dall’altro”.

Nei tabù. Quando Vincenzo Micocci decise di farlo partecipare a Sanremo con “Gianna”, Rino non la prese bene. Temeva che quel pezzo potesse collocarlo in una zona troppo leggera. Lui veniva dal vivaio minuscolo della It come Venditti e De Gregori, gli “impegnati” del Folkstudio di Roma che forse lo snobbava un po’. Qualche giorno prima del Festival, in macchina con Germini, addirittura pianse. Avrebbe voluto cantare “Nunteregghe più”, poi Gianna vendette le sue 600mila copie, ma il successo per lui era un’altra cosa. Rino Gaetano si portava la sua umanità nella musica, metteva la timidezza dietro lo pseudonimo, l’insicurezza di cantare la nascondeva sotto la predestinazione a fare l’autore. Almeno finché “Ma il cielo è sempre più blu” non sdoganò il suo stesso pregiudizio. C’era una long version di oltre 8 minuti e poi una versione più breve per le radio, Germini era in studio con lui quando registrò. La incise tutta d’un fiato, senza sovrapposizioni, il ritmo era talmente serrato (soprattutto nel finale) che sarebbe stato complicatissimo il montaggio audio, quindi fu buona la prima. Era lo studio C della Rca, primo piano, il produttore era Rodolfo Bianchi. È stato il momento in cui l’identità di interprete cantautore si è fatta prepotente. Ma brani di così grande successo gli si attaccarono addosso e fecero ombra sul resto, vero. Aida in pochi hanno capito fosse l’Italia. In pochi hanno capito che politicamente era schierato col bene e con la denuncia indiscriminata, a destra e a sinistra, di tutto quanto gli si allontanasse.

Ad esempio, a lui piaceva il Sud. Roma gli aveva dato i natali artistici, ma la Calabria, Crotone, erano lì le sue origini. Lì c’erano i ritratti della sua adolescenza. “La donna nel nero del lutto di sempre, il verde bruciato coi fichi d’india e le spine dei cardi, camminare con quel contadino e tirare calci a una zolla di terra, il mare, la luce di alcune lampare se il cielo è all’imbrunire”. Acquerelli che chiunque lo conosca, quel Sud lo rivede.
All’uomo generoso, ironico, coraggioso, a tratti oltraggioso. Al cantante dei nomi di donna, al cantore di immagini d’amore col cappello nuovo per la rivoluzione. Lui, essenzialmente lui, che i suoi contemporanei hanno guardato con gli occhi pieni di sale. Lo aveva detto che un giorno avrebbero cantato le sue canzoni. Se mai qualcuno capirà, sarà senz’altro un altro come lui.