San Giovanni in Fiore 2020, il Belcastro tradito e la fine del Pd (di Emiliano Morrone)

di Emiliano Morrone

«Le elezioni si vincono e si perdono». Lo diceva un imbarazzato Massimo D’Alema al mordace giornalista Antonino Monteleone, che lo marcava alla Ciro Ferrara dei bei tempi. Quella giustificazione dell’ex presidente del Consiglio riassume ancora lo smarrimento progressivo del Pd, specie alla punta dello Stivale.

Il Partito democratico calabrese è finito, scriveva Paolo Pollichieni, anticipandone il disastro delle ultime Regionali. Informe, il Pd della vecchia Enotria meridionale si è sfatto a partire dal Cosentino, sino a esplodere in frantumi nella San Giovanni in Fiore dell’(ormai) emerito Mario Oliverio.

È successo alle recentissime Primarie del centrosinistra locale, dai lunghi coltelli, spacciate per trionfo della democrazia intra-Covid, malgrado i 1.368 votanti (letteralmente mascherati) del 3 agosto scorso: 695 voti per il candidato sindaco Domenico Lacava (Pd) e 667 per il primo cittadino uscente, Giuseppe Belcastro (Pd). Il risultato, capolavoro di suicidio politico da manuale, ha una lettura soltanto: non si tratta della vittoria di un progetto politico condiviso, riconoscibile, articolato, alternativo, ma è un mero voto contro Oliverio; di là dalla retorica arcobaleno dei dem florensi, dai selfie “teologici” di Franco Laratta e dalla compostezza britannica dell’ex consigliere regionale Giuseppe Giudiceandrea, presente al seggio in qualità di controllore.

Belcastro è stato calamitato nella “trappola” delle Primarie dal suo stesso partito, che gli aveva assicurato pieno appoggio, convincendolo che quell’adunanza rituale sarebbe valsa a legittimarlo, a riunire le correnti e rafforzare la coalizione, a contenere la corsa dei fuggitivi in bicicletta, a superare le “corna” di qualche ragazzo con guai di ipergonadismo e identità politici. Il sindaco di San Giovanni in Fiore somiglia all’«uomo probo» di De Andrè, perciò ci è cascato in pieno: ha abboccato all’esca e si è lanciato nell’avventura della sconfitta, inattesa ma prevedibile. L’orientamento dei “cainidi” del Pd era però chiaro: nelle loro attese, nei loro slanci sul valore teleologico delle Primarie, nei loro sguardi, nei loro movimenti, nei loro discorsi a mezza voce per la strada. Il “povero” Belcastro non aveva colto, se non in parte, questo dissenso sotterraneo, che invece covava da parecchio: per la precisione dall’ultimo scorcio della presidenza regionale di Oliverio. Ma la storia si ripete, seppure con leggere variazioni. Antonio Barile, il precedente sindaco di San Giovanni in Fiore, era stato scaricato da sodali della propria maggioranza, da scontenti alla ricerca di “vivande” altrove.

E adesso, chi guiderà la nave del centrosinistra sangiovannese, che imbarca acqua da ogni parte? Questo è l’unico dettaglio che non hanno calcolato i tardivi antagonisti dell’attualmente pensionato Oliverio, colpito alle spalle benché privo di ruolo, armi, corazza e medicamenti. Perciò i dem del posto hanno centrato due obiettivi: hanno aumentato le distanze dai Dp di Oliverio e lasciato il timone delle Comunali a un non meglio precisato soggetto collettivo, che al momento non esiste e difficilmente si formerà a un mese e mezzo dai comizi elettorali.

«Ci vuole scienza, ci vuol costanza, ad invecchiare senza maturità», cantava Francesco Guccini. Sembra quasi una descrizione sintetica dell’avventatezza nel Pd locale, che non ha capito tre errori: che doveva riaprire la Casa del partito almeno l’anno scorso, per riflettere, discutere, allargare i propri orizzonti, predisporre un programma vero e capire con chi realizzarlo a prescindere dal “mito” di Oliverio; che le Primarie non andavano fatte così tardi; che l’ex aequo tra Lacava, ex presidente del Consiglio comunale, e Belcastro dà l’immagine evidente di un partito squarciato con il bisturi, che ha rinnegato e assieme confermato la propria esperienza amministrativa in loco.

Dall’altra parte, oltre alla Lega e a civiche che si presenteranno insieme, si colloca un pezzo del centrodestra, a sua volta frazionato, che ha accolto a braccia aperte più “pentiti” di Pd e satelliti, prossimo – si mormora – al «colpaccio» della candidatura dell’assessore cosentino Rosaria Succurro, che starebbe per accettare con l’ambizione di vincere le future Provinciali appoggiata (anche) da Mario Occhiuto e Jole Santelli.

Sullo sfondo, come sempre, restano i problemi più gravi di San Giovanni in Fiore: emigrazione incessante, agonia dell’ospedale pubblico e della medicina del territorio, crisi economica, uso dei beni comuni, riordino degli uffici del municipio, possibilità d’impresa, livelli occupazionali, servizi primari, rilancio dell’Abbazia florense e del centro storico, superamento dell’assistenzialismo e utilizzo produttivo delle risorse di natura, cultura e agricoltura.