Sanità buco nero della Calabria. Locri, convenzioni e appalti nelle mani della massomafia: decine di milioni direttamente ai boss

Senza memoria non può esistere futuro. E allora, se vogliamo davvero capire quali sono i mali della sanità in Calabria è più che mai opportuno fare un salto nel passato, alla genesi del commissariamento, per farci un’idea della situazione e per arrivare alla fin troppo facile conclusione che, nella sostanza, ben poco è cambiato. Nonostante nel ruolo di commissari si siano alternati generali dei carabinieri, burocrati, boiardi di stato e ora anche il presidente parassita della Regione eletto con i voti della borghesia mafiosa. 

Quella che vi proponiamo in una serie di pubblicazioni è la parte dedicata a “Sanità e corruzione” della relazione della #Commissione #Parlamentare #Antimafia del 2008, quando era presidente Francesco Forgione. L’ultimo vero presidente della Commissione Antimafia, che poi è stata affidata a soggetti del tutto inaffidabili come Rosy Bindi (arrassusia) e Nicola Morra (Diocenescansi). 

PRIMA PUNTATA (http://www.iacchite.blog/sanita-buco-nero-della-calabria-la-genesi-il-caso-crea-centrodestra-e-centrosinistra-nessuna-differenza/)

SECONDA PUNTATA (http://www.iacchite.blog/calabria-e-massomafia-locri-2006-il-sistema-perverso-per-arricchire-i-boss-della-sanita-privata/)

3. Convenzioni e appalti
Altro capitolo particolarmente inquietante dell’A.S.L. di Locri era quello relativo alla remunerazione delle convenzioni con le strutture private accreditate a fornire prestazioni. Il pagamento era regolato da precise norme che in ogni caso prevedevano la riconducibilità della spesa entro il tetto massimo stabilito dal contratto multilaterale.
In realtà il tetto di spesa complessivamente sostenuto nel periodo 2000/2005 è stato pari a “€ 88.227.864,90, e cioè quasi il doppio della spesa massima autorizzabile se calcolata moltiplicando per 6 (e quindi con largo margine di prudenza) il tetto di spesa annuale più prossimo, pari a 8.262.414,90 (limite di spesa annuo 2004). E’ risultato che il numero di interventi pagati nel periodo 2000/2005 sia stato pari a 11.224.919,00 su un campione di popolazione di circa 135.000 abitanti, mentre il tetto massimo di interventi, autorizzato per l’anno 2004, era di 1.050.634,00…”. 

“Particolarmente eclatante – secondo la relazione Basilone – è il caso del laboratorio Fiscer, il cui tetto di spesa autorizzato, nel periodo 2000/2005, è pari a € 10.131.780,00 (dato effettivo 2004 moltiplicato per 6, secondo il parametro teorico di confronto), mentre risultano fatture effettivamente pagate, nel medesimo periodo, per un importo di € 31.544.414,00”. Il direttore sanitario del laboratorio era Pietro Crinò, in passato era stato raggiunto da più provvedimenti di polizia.

Altro punto di notevole sofferenza è quello legato agli appalti, settore cruciale per ogni pubblica amministrazione e storico veicolo di penetrazione della ‘ndrangheta.
“Gli accertamenti compiuti in sede di accesso hanno permesso di ricostruire un’assoluta e probabilmente non del tutto ostacolata disorganizzazione dell’ufficio che avrebbe dovuto occuparsi della gestione degli appalti. Da un lato vi è l’ufficio tecnico che gestisce gli appalti di opere e lavori pubblici, dall’altro l’ufficio provveditorato che a sua volta è disarticolato perché da una parte gestisce le procedure di evidenza pubblica e, con separata struttura, procede agli acquisiti a trattativa privata, plurima o diretta”.

Emerge un quadro davvero impressionante di mala sanità e di evidenti cointeressenze tra amministratori e uomini delle ‘ndrine che si sono realizzate apparentemente grazie al modo volutamente superficiale e distorto di amministrare e di erogare fondi pubblici, in realtà per effetto di un preciso modo di amministrare finalizzato ad abbattere i vincoli di trasparenza e la soglia di legalità, per favorire la permeabilità a vantaggio degli interessi mafiosi. In ciò contando sulla diffusa impunità o sui condoni o sulla depenalizzazione delle diverse leggi finanziarie. Forse solo così è possibile spiegare il diffuso ricorso al sistema di: “acquisto diretto di forniture e servizi; acquisto diretto a trattativa privata”.

Inoltre “si è accertata una violazione sistematica della normativa antimafia, con mancata attivazione delle procedure di richiesta di certificazione per frammentazione delle forniture, tali da renderle di valore inferiore ai limiti di soglia richiesti dalla legislazione vigente”.
Tutto ciò, è sempre bene ricordarlo, in una zona come la Locride dove esiste una fortissima e storica concentrazione di famiglie e tra le più prestigiose dell’intera ‘ndrangheta calabrese.

Le dinamiche criminali del versante ionico hanno confermato la supremazia e la leadership dei locali di Platì, San Luca ed Africo, con le famiglie Barbaro, Romeo e MorabitoPalamara-Bruzzaniti, molto attive nel settore del traffico nazionale ed internazionale di stupefacenti. La famiglia Iamonte controlla i territori di Melito Porto Salvo e Montebello Ionico. A Locri, seppure ancora in guerra, ci sono i Cordì e i Cataldo. Nell’area operano altresì le cosche Nirta, Barbaro, Pelle, Commisso e Mazzaferro. A Marina di Gioiosa Ionica sono presenti le cosche Aquino-Scali, Mazzaferro-Ierinò e Ursino-Macrì. A San Luca sono presenti anche i Giampaolo e gli Strangio, legati ai Nirta mentre i Maesano-Paviglianiti-Pangallo sono presenti a Roccaforte del Greco, S. Lorenzo, Roghudi e Condofuri.

E’ difficile immaginare che gli amministratori e gli esponenti politici di riferimento in una realtà così connotata non sapessero che determinate pratiche, come il ricorso alla trattativa privata e l’acquisto diretto di forniture e servizi, non fossero condizionate dalla presenza delle ‘ndrine né è immaginabile che non conoscessero i titolari e le reali “proprietà” delle strutture di volta in volta beneficiarie di contratti e accrediti che, come si è visto, sono pesantemente inserite nei principali settori economici produttivi e di servizi.

La libertà di mercato, con le sue regole e i suoi attori sociali, non è di queste terre. Né lo Stato e le istituzioni hanno avuto qui la capacità di imporsi. In queste latitudini prevalgono le leggi della ‘ndrangheta anche all’interno dell’A.S.L. dove ha propri aderenti ed affiliati e può contare su un vero e proprio sistema di complicità ed acquiescenze.

Non a caso la Commissione d’accesso ha rilevato che “la gestione degli appalti esaminati è avvenuta con modalità tali da evidenziare una violazione delle regole di evidenza pubblica, e più in particolare delle norme che disciplinano le forme concorrenziali del mercato, poste invece a tutela dell’imparziale scelta del contraente, e nell’interesse dell’Amministrazione. La A.S.L. ha spesso fatto ricorso a rinnovi o proroghe dei contratti già esistenti, a trattativa privata, eludendo gli obblighi della gara. Il ricorso a tale sistema di gestione è avvenuto in modo troppo frequente da non poter lasciar intendere che l’esigenza della proroga fosse sempre effettivamente conseguente ad una obiettiva ragione di urgenza e non invece ad un deliberato comportamento dell’ente di eludere i principi di legalità. E ciò è confermato dalla circostanza che una volta prorogato il precedente contratto con la motivazione che occorreva garantire la continuità del servizio, l’azienda non provvedeva contestualmente a bandire alcuna gara. Di fatto, sotto le mentite spoglie di una proroga per garantire il precedente servizio, si nascondeva una vera e propria aggiudicazione di un nuovo contratto a trattativa privata”.

Il giudizio è molto duro e va al cuore di un vero e proprio sistema che si ripropone con frequenza e si autoriproduce.
A riprova di tutto ciò, la vicenda dell’affidamento alla Coop. Service, di Locri, del servizio di pulizia di tutti i presidi ospedalieri di Siderno e di Locri. L’incarico è stato affidato a trattativa privata senza che siano stati chiariti i criteri di affidamento e neanche l’importo da corrispondere.

“Complessivamente, dall’esame dell’elenco fatture fornito dal servizio ragioneria dell’Azienda Sanitaria, sono stati erogati, nel periodo 2000/2005, a favore della cennata società cooperativa, euro 8.461.383,82”. Ancora una volta, e nonostante la cifra erogata lo imponesse, nessuna richiesta dell’informativa antimafia è stata inoltrata alla Prefettura di Reggio Calabria.

La cooperativa ha una situazione alquanto particolare e tipica delle società di copertura. Infatti i soci-dirigenti sono immuni da “segnalazioni o denunce di rilevanza penale”, mentre ben diversa è la situazione dei 154 soci dipendenti, dei quali 125 donne e 29 uomini. 85 di loro sono residenti nel comune di Locri, e di questi “ben 23 sono legati da vincolo di parentela diretto, perché figli o addirittura coniugi, con appartenenti di primo piano delle organizzazioni mafiose locali”.