Sanità, caso Sileri. È Andrea Urbani l’alto dirigente del Ministero coinvolto nell’inchiesta?

Il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri del M5s da alcuni giorni è sotto scorta. Nellʼinchiesta sarebbe coinvolto anche un alto dirigente nel campo sanitario che ha assunto ruoli dirigenziali tra Roma e Calabria. La Procura di Roma ha aperto un’inchiesta per “minacce gravi” e il procedimento, sul quale vige al momento il più stretto riserbo, è stato aperto contro ignoti. Il viceministro sarebbe stato già ascoltato dai magistrati. Tra le minacce ricevute anche un biglietto trovato sul parabrezza della sua auto.

Il deputato M5S Francesco Sapia ha presentato un’interrogazione al ministro della Salute, Roberto Speranza, in cui ha chiesto se è a conoscenza del coinvolgimento, nella vicenda, di un alto dirigente del ministero nel cui curriculum figurino ruoli di responsabilità tra Roma e la Calabria, «se non intenda avviare un’apposita inchiesta interna e se in ogni caso non intenda sospendere l’alto dirigente in parola, ove coinvolto, oppure rescinderne il contratto». «Ad avviso dell’interrogante, occorre sapere – ha scritto Sapia nell’atto parlamentare – di chi si tratti, in considerazione della gravità della situazione, ove la suddetta notizia circa il coinvolgimento di un alto dirigente in ambito sanitario fosse fondata. Se infatti la notizia fosse vera – ha poi precisato il deputato del Movimento 5 Stelle – e se nel contempo il dirigente in questione ricoprisse un incarico dirigenziale al ministero della Salute, tale sua posizione sarebbe di fatto incompatibile con il mantenimento delle responsabilità gestionali assegnategli, essendo a chiunque evidente che un dirigente pubblico, soprattutto se in posizione apicale come riferito dalla stampa, non può esercitare il ruolo ricoperto ove coinvolto in vicende di minacce, tanto più se rivolte al viceministro della Salute».

«È dunque urgente e indifferibile – ha rimarcato Sapia nella sua interrogazione – chiarire gli aspetti testé evidenziati, perché all’occorrenza la magistratura accerterebbe e punirebbe, secondo l’iter previsto, eventuali condotte penalmente rilevanti del dirigente in predicato, ma il ministro della Salute dovrebbe intervenire molto prima e sospendere l’interessato dall’esercizio delle funzioni dirigenziali, anche a tutela del buon andamento della pubblica amministrazione».

Ma chi è questo alto dirigente di cui tutti parlano in queste ore ma del quale nessuno, per il momento, ha il “coraggio” di fare il nome? Tutti gli indizi portano ad un solo nome, quello di Andrea Urbani. 

Andrea Urbani, di professione commercialista, è tuttora il direttore generale della programmazione sanitaria italiana ed è un burocrate – o se preferite boiardo o meglio ancora “colletto bianco” – dal potere enorme. Il suo nome è legato a doppio filo alla Calabria perché dal novembre 2013 all’agosto 2017 è stato la longa manus dell’apice del sistema nell’ambito della struttura commissariale della sanità calabrese. E sono in tanti a dire – e non più a bassa voce – che sia stato e sia tuttora una pedina in mano al boss indiscusso della “politica sanitaria” calabrese ovvero il Cinghiale, al secolo Tonino Gentile.

Andrea Urbani è stato “l’uomo giusto al posto giusto” nell’ambito della struttura commissariale, tanto da sopravvivere, in qualità di sub-commissario (grazie al suo mentore, che nel frattempo aveva in mano anche il ministro della salute Beatrice Lorenzin facente parte del suo vecchio partito), a ben 4 commissari che, invece, nel tempo, sono cambiati, ossia, nell’ordine: D’Elia, Scopelliti, Pezzi e Scura.

L’ex commissario Scura e il suo vice Urbani, tuttora con le mani in pasta

Con Massimo Scura si era arrivati al punto di rottura, nella tarda primavera di tre anni fa, perché, a parere del boiardo, il commissario si intestardiva nel presentare documenti (i famigerati decreti che dovevano sbloccare le assunzioni di medici e infermieri) che “non posso firmare perché ritengo illegittimi, dunque la mia permanenza nella struttura è diventata inutile”.

Urbani, che oltre alla Lorenzin rispondeva agli ordini del Cinghiale, fino a quel momento non aveva gettato la spugna nonostante fossero ormai evidentissime le crepe del suo rapporto con Scura. C’era chi interpreta questo passo come un possibile via libera all’investitura di Palla Palla a commissario della sanità per come annunciato anche da Renzi e c’era chi vedeva un passaggio intermedio nella nomina di qualcun altro. Poi arrivarono il governo gialloverde, il decreto Calabria e il generale Cotticelli…

Per onore di verità, il M5s ha sempre fatto la guerra ad Urbani ritenendolo il primo responsabile dei problemi del rientro della sanità calabrese dal disavanzo e delle evidenti discrasie segnalate soprattutto dalla deputata Dalila Nesci in tutte le sedi istituzionali.

Aveva posto sul piano formale soprattutto la questione dell’incompatibilità di Urbani, nel contempo e ancora adesso direttore generale della Programmazione sanitaria nazionale, riconfermato nel febbraio scorso dal ministro della Salute, Roberto Speranza.

Oltretutto la stessa Nesci denunciò lo scandalo della strana autorizzazione all’interruzione volontaria di gravidanza per una clinica del gruppo iGreco, pervenuta con semplice mail anonima dalla segreteria del dipartimento della Programmazione sanitaria nazionale e poi subito revocata dopo l’esposto penale della parlamentare, che aveva rilevato come il dipartimento regionale Tutela della salute, il vero organismo competente, avesse rigettato l’autorizzazione per ben due volte.

Nell’aula di Montecitorio, tre anni fa, la deputata vibonese aveva peraltro reso pubblico un documento bollente che il commissario governativo, Massimo Scura, aveva trasmesso anche ai ministeri della Salute e dell’Economia. Vi erano contenute gravissime dichiarazioni sulla mancata firma del sub-commissario Andrea Urbani, fatto che rendeva quel decreto sulle assunzioni lettera morta».

Scura aveva definito la scelta di Urbani “priva di ogni fondamento e totalmente pretestuosa”, aggiungendo, con riferimento a Urbani, che “4 geriatri per l’Azienda ospedaliera di Reggio Calabria li ha concordati direttamente con il dg, come pure ha sponsorizzato i chirurghi toracici del Pugliese-Ciaccio e i 3 primari di Crotone che io non avevo preso in considerazione”.

Scura aveva altresì puntualizzato che “anche nel merito delle singole specialità il sub-commissario era intervenuto personalmente”. «Dunque – affermava la Nesci – Urbani avrebbe sponsorizzato alcuni, per usare i termini di Scura, e sarebbe intervenuto personalmente nella stesura di quel decreto essenziale, che poi non ha firmato. In un Paese normale, tanto sarebbe bastato per far saltare delle poltrone».

Il nome di Andrea Urbani poi era tornato d’attualità qualche mese fa quando il nuovo commissario, il generale Cotticelli, aveva nominato Daniela Saitta, una collega di Urbani all’Asp di Cosenza. Ecco cosa scriveva all’epoca Carmine Gazzanni su La Notizia, intervistando anche il deputato del M5s Francesco Sapia.

Che la sanità calabrese si trovi in una situazione dissestata è, purtroppo, una realtà che va avanti da anni. Che sia toccata anche da casi di presunta parentopoli e nomine sospette è, invece, un qualcosa che tocca la realtà più recente. E probabilmente neanche si sarebbe saputo nulla se non fosse stato per l’attenzione di alcuni deputati 5 stelle, che hanno scartabellato delibera dopo delibera riscontrando non poche anomalie.

A cominciare dall’operato del commissario nominato dal governo, Saverio Cotticelli, e del sub-commissario, Maria Crocco, che al di là del lauto e legittimo stipendio poco hanno inciso sulla gestione sanitaria. Uno dei casi più emblematici è arrivato con l’Asp di Cosenza. Come denunciato dal deputato M5s Francesco Sapia in più atti parlamentari, la stessa nomina della dirigente dell’Asp, Daniela Saitta, presenterebbe profili di irregolarità. La professoressa de La Sapienza, infatti, commercialista con studio nella capitale e già rappresentante degli obbligazionisti di Atlantia Spa, non avrebbe nel suo curriculum “il possesso di esperienza in materia di organizzazione e gestione sanitaria, precipuamente richiesto per codesto ruolo dal decreto legge n- 35/2019”, scrive Sapia.

AVANTI UN ALTRO

Non è un caso che, viste tali discrasie, anche l’Ordine dei Medici cosentino ha contestato tale nomina. Ma niente da fare, nessuno della struttura commissariale è stato rimosso. Dopo essersi insediata, nomina i suoi più stretti collaboratori ma “previa selezione intuita personae, Saitta ha affidato un incarico di collaborazione ad un commercialista, Francesco Cribari, già in rapporti professionali con un’azienda del gruppo iGreco, proprietario di cliniche convenzionate con l’Asp medesima, e a un avvocato, entrambi estranei all’organico dell’Azienda sanitaria”, come invece vorrebbero le regole (tanto da profilarsi anche il rischio di danno erariale, spiega ancora Sapia).

Finita qui? Certo che no! Passano pochi giorni e, con un atto d’amore non a caso vergato il giorno di San Valentino, Saitta ha conferito alla figlia Cristina Di Lazzaro, sua collaboratrice presso il proprio studio commerciale, un incarico di collaborazione all’interno dell’Asp di Cosenza. Un particolare di cui, forse, la stessa Saitta si sarebbe accorta tanto che la delibera è stata subito ritirata in autotutela, con il che di fatto la dirigente, secondo la lettura che ne danno i 5 stelle, ha riconosciuto il proprio errore.

Insomma, un continuum che dimostrerebbe come quella struttura, dice Sapia, sia “incontrollata, là fanno quello che vogliono come fosse casa propria, interpretano le regole a loro piacimento e mantengono vecchi rapporti di potere. Anche l’Antimafia dovrebbe aprire una finestra sulla gestione dell’Asp”. Che potrebbe sembrare esagerato, ma per molti non lo è affatto.

L’INTERVISTA A SAPIA

Onorevole Sapia. uno degli obiettivi anche del precedente governo era di risolvere la questione sanitaria calabrese. Cos’è andato storto?

Che la burocrazia ministeriale comandata da Andrea Urbani e Angela Adduce hanno prevalso sulla politica, rimasta prona, rassegnata, impotente.

Cosa bisognerebbe fare oggi per affrontare la questione?

Bisognerebbe avere il coraggio di affrontare l’emergenza sanitaria m Calabria, ma senza commissari e figure ad effetto. Occorre sostituire Urbani (Andrea, direttore generale della programmazione sanitana, ndr) e Adduce (Angela, direttore generale del Tesoro, ndr) e soprattutto modificare i criteri di ripartitone del Fondo sanitario secondo i fabbisogni delle singole Regioni.

Ha avuto modo di incontrare il ministro Speranza?

Ho incontrato il capostruttura di Speranza. Ma il ministro è stato indifferente rispetto alle mie segnalazioni, ai miei suggerimenti, alle mie richieste.

Quanto ha inciso il decreto Calabria nel miglioramento del servizi sanitari?

Zero. Inoltre il decreto legge contiene, per come convertito, l’applicazione del dissesto finanziario agli enti del Servizio sanitario regionale, che non sono Comuni. L un assurdo giuridico, con tutti i pericoli conseguenti per la qualità delle prestazioni sanitarie e possibili speculazioni di privati. L’Asp di Reggo Calabria, commissariata per infiltrazioni maliose, è già andata nella direzione del dissesto. L’Asp di Cosenza sta facendo altrettanto. Lo dico sulla base di recenti richieste di atti di pagamento da parte della Guardia di Finanza. Il decreto Calabria prevede che i commissari liquidatori possano essere commercialisti. E qui va fatta una seria, profonda verifica politica. Commercialista è Urbani, commercialista è la Saitta, commercialista è Cribari, componente esterno della segreteria aziendale dell’Asp di Cosenza. Non mi piacciono le congetture, ma occorre difendere i diritti dei cittadini calabresi. Mi auguro che i colleghi parlamentari della Calabria, tutti, raccolgano le mie perplessità. Il rischio è che la sanità calabrese vada a fondo per giochi di potere a Roma. Non sono il solo a sostenerlo.

Ce n’è abbastanza per dire che c’è lo zampino di Urbani anche nella vicenda del viceministro Sileri? La sensazione è che stavolta lo sapremo presto.