Scalea, Mario Russo finalmente “nudo”. Il sistema Plinius coinvolge anche la politica (di Saverio Di Giorno)

di Saverio Di Giorno

Operazione Re Nudo. Questo il nome dell’operazione che ha scosso l’Alto Tirreno Cosentino. Il Re in questione, dalle notizie e dai particolari che man mano si apprendono, non può che essere Mario Russo. Ex primo cittadino di Scalea per diversi mandati, ex consigliere provinciale, politico di “peso” – come si definisce lui stesso nelle carte – ma anche medico legale e con ruoli direttivi nelle commissioni d’invalidità. Una volta disse di sentirsi “come Berlusconi”, riferendosi alla definizione che Berlusconi dà di sé stesso: un perseguitato.

Nel conoscere quanto trapela su questa operazione e pur rimanendo garantisti, però, è difficile vederci della persecuzione. È un lungo e paziente lavoro di raccolta di intercettazioni e documentazioni che parte sin dal 2016. Cioè dalla famigerata operazione Plinius 2. Ma arriva fino ad oggi e ce n’è per tutti, perché tutti (almeno a suo dire) passavano per il suo “aiuto”, da destra a sinistra, da piccole cariche a grandi cariche.

Guardate dietro Berlusconi e la Pascale: la faccia di bronzo che spunta è quella di Mario Russo

È nel cosiddetto sistema Plinius – come lo definiscono gli stessi inquirenti – che maturano i rapporti e i collegamenti di cui si è avvalso Mario Russo anche successivamente. Perché tutte le linee del puzzle ricostruito dal procuratore Bruni portano a lui: tra i vari reati contestati a più persone (di cui 9 agli arresti) molti sono in coppia con Mario Russo. Si va dalla truffa al falso ideologico, dall’induzione indebita alla concussione, fino a ipotesi di corruzione e associazione a delinquere. Grazie al suo ruolo poteva rilasciare patenti, certificati di invalidità, visite per porti d’armi; ecco quindi cadere nella rete servizi funebri, autoscuole, membri di commissioni. Un sistema di corruzione che si reggeva sulla sua figura. Questo il quadro che emerge e non ci risulta strano che sia stata usata la parola “sistema”, utilizzata già precedentemente in altri articoli proprio nel sottolineare i buchi e le voragini lasciate aperte dall’operazione Plinius. Pezzi di intere intercettazioni e qualche milione.

Grazie a diverse denunce e testimonianze di famiglie, si era ricostruito il sistema di gestione di concessioni e servizi comunali che ha lentamente logorato e prosciugato le casse comunali, ma anche “rovinato delle famiglie”. Così ci si esprime nei dialoghi. Infatti, la procura parte proprio da quel clima. Queste, come spesso si scrive, sono responsabilità politiche e civili che vanno oltre quelle penali e restano anche qualora tutto sparisse. Restano perché si accertano con gli occhi. A questo proposito, bisogna sottolineare situazioni non per forza penalmente rilevanti, ma politicamente devastanti. Ad esempio, il sindaco/senatore Magorno difenderà ancora il suo assessore Amoroso, come fece qualche mese fa, ora che si trova di nuovo attenzionata sempre per via delle funzioni all’interno dell’Asp?

Nessuna diretta, nessun discorso, né sul garantismo, né sul ruolo dei magistrati. Tra i vari nomi ne escono altri vicini al sindaco come il Suriano o il Vidiri. Non indagati, è bene ribadirlo come è bene ribadire anche una vecchia lezione: chi ha un ruolo pubblico deve avere regole morali ben più alte degli altri. Perché quindi circondarsi di persone che hanno rapporti con chi è “contiguo” (così si legge) a soggetti criminali? È un’altra tegola che cade sul sindaco dopo i video imbarazzanti di qualche tempo fa. Anche in quel caso, mai chiariti.

Le frequentazioni dubbie non sono una cattiva abitudine solo del sen. Magorno, ma anche di diversi altri uomini politici: dai sindaci della cittadina che pare vivano tutti di luce riflessa e non possano esistere senza la sua “benedizione”, fino a consiglieri regionali che avrebbero usufruito del suo “peso”. È il caso dell’ex sindaco Licursi e del consigliere Giuseppe Aieta. Etichettati tra l’altro con insulti. 

Che fossero appartenenti alla sua fazione politica (la destra) o meno è un dettaglio di nessuna rilevanza: sul territorio si passava per forza da lui (almeno in questo modo a lui stesso piace vendersi). Il Russo infatti promuoveva tutte queste macchinazioni, secondo gli inquirenti, non solo per arricchimento personale, ma anche per lasciarsi un margine di clientelismo sempre spendibile, anche immediatamente dopo una grossa indagine. Un aspetto che emerge chiaramente è che – al di là dei nomi e dei cognomi dei soggetti coinvolti – a far fruttare il tesoretto in termini di voti non è né la caratura del personaggio, né la gratitudine per la pratica (perché quella è quasi prassi), ma lo stato del bisogno in cui tenuta o ridotta una comunità.

Non è un caso che forse la comunità di Scalea tutta – sicuramente anche coloro che si erano rivolti a Russo per una patente o un certificato – quando la sua stella è stata calante e la sua presa si è allentata abbia poi deciso di votare altrove, come alle ultime elezioni, sgretolando quel tesoretto. Su questo è bene spendere due parole: emerge una completa mercificazione delle funzioni pubbliche e questo a prescindere dall’esito delle indagini; questo vale tanto dentro gli uffici che nei rapporti di comunità. Nonostante si parli di sistema, chi lo compone non è affatto solidale con gli altri anche dopo aver ottenuto un favore o viceversa un voto. Le opinioni degli uni verso gli altri è pessima, la comunità è completamente disaggregata e si tiene insieme solo per il bisogno o chissà forse per un ricatto morale implicito. Il Russo ha potuto garantire tutto questo, infatti, più che per il ruolo politico, per i suoi ruoli all’interno dell’Asp. La stessa politica vi è del tutto marginale e succube: è il sistema burocratico che conta.

E questo porta all’ultima parte dell’analisi. Indagare sul sistema burocratico deve essere molto più complicato che su quello politico. Troppo spesso si è preferito fare indagini grosse e con grandi nomi, ma anche (volutamente?) lacunose, invece che ricostruire, riannodare pazientemente per anni, raccogliere quelle mollichine che a volte ci è capitato di segnalare e che dormono negli scaffali. Questo, invece, sembra essere proprio l’esempio di ciò che è necessario. Il fatto che Bruni sia partito dove si era fermato Luberto (ora trasferito) non deve essere un caso. L’obiettivo non deve essere (solo) “fare pulizia”, come troppo spesso si dice, da soggetti comunque in fase di tramonto e in parte archiviati dalle comunità, ma dare segnali alle comunità abituate a non percepire lo Stato, o peggio a vedere scarcerazioni eclatanti che non fanno altro che sfiduciare un cittadino. Se non altro perché ultimamente gli slogan di garantismo, in certe bocche suonano come slogan di impunità.