Sistema Catanzaro. Filippo Mancuso, il vero “colletto bianco” in quota Salvini

«Quindi, è un’operazione trasparente, vorrei sgombrare tutti questi dubbi che avete avuto sulla… è quindi un’operazione trasparente, da cui l’Amministrazione comunale potrà trarre solo vantaggi»… E’ generalmente sempre questo l’incipit che viene usato dal consigliere regionale della Lega Filippo Mancuso, presidente “impresentabile” e a dirla tutta decisamente imbarazzante del Consiglio regionale, quando si tratta di giustificare facendole passare per buone azioni le ruberie consumate non solo alla Regione Calabria ma anche nel Comune di Catanzaro, soprattutto quando viene lasciato a lui il compito di imbonire l’aula cercando di dare una spiegazione di carattere tecnico, ancorata su regole e utilità di bilancio.

Con la frase citata, aveva cercato di giustificare, dandone una chiave di lettura in bonis per l’amministrazione, il tentativo di furto dei suoli comunali a favore della associazione (a delinquere) Vivere Insieme del boss delle cliniche fasulle Parente, con la complicità della maggioranza del sindaco Sergio Abramo, del presidente del consiglio Marco Polimeni e del plenipotenziario di Tallini, Ivan Cardamone. Tentativo andato a vuoto facendo sprecare il fiato al consigliere Filippo Mancuso, solo per l’attenzione della Procura di Catanzaro, che ha congelato tutto con la sua attività investigativa, l’operazione Corvo, dove risultano indagati a vario titolo Claudio Parente ed i consiglieri comunali, i suoi scagnozzi, Giuseppe Pisano e Francesco Gironda. Le risposte arriveranno da Palazzo di Giustizia delineando compiutamente le singole responsabilità anche di altri non ancora indicati.

Ritorniamo al ragionamento del sistema Catanzaro, quello che è ormai diventato un brand della città capoluogo di regione, ma al tempo stesso una maledizione senza fine, all’interno della quale nuotano o galleggiano i tanti figuranti o figuri che hanno distrutto ogni tentativo di sviluppo e di futuro alla città di Catanzaro. Uno di questi, e nessuno ci avrebbe scommesso in senso negativo, è Filippo Mancuso, il vero “colletto bianco” del sistema massomafioso della città di Catanzaro. E non a caso indicato dalla Lega e da Salvini a ricoprire un ruolo così importante come quello di presidente del Consiglio regionale. 

Filippo Mancuso è il volto “nuovo” della politica catanzarese, nuovo per modo di dire, che ha la capacità di mantenersi cristallino, ma che è stato sostenuto nella sua elezione alla Regione Calabria da tutti quei consiglieri comunali plurindagati, che hanno goduto di prebende sotterranee per i loro servigi, anche quelli che per la Guardia di Finanza hanno incassato quello che definisce il prezzo della corruzione. Esempio emblematico sono il duo Giuseppe Pisano e Francesco Gironda, che risultano indagati a pieno titolo nella operazione Corvo, insieme all’innominabile Claudio Parente che deve rispondere dell’ipotesi di reato di abuso d’ufficio, corruzione e peculato.

Andare incontro alle utility di tipo privato, facendole passare per una necessità pubblica è la chiave di volta dell’azione politica del sistema Catanzaro. Così si giustificano o si cerca di giustificare tutto il marcio che viene prodotto in ambito comunale, dove l’interesse degli amici degli amici è prevalente, tanto da diventare il percorso di un intera amministrazione, tenuta in ostaggio dai leader o capi bastone, che hanno trasformato Catanzaro in terreno di conquista e di pascolo. Già perché tutti quelli che fanno parte del gregge non possono essere additati – sempre in negativo – come leader, ci sono le schifezze che stanno a traino, magari saltando da una parte all’altra, accontentandosi della benevolenza del “capo” di turno, quella che si manifesta mensilmente con la busta di banconote. Per carità non stiamo parlando di corruzione, magari quella c’è pure in altre forme e resta campo di approfondimento per la Dda (ormai orfana però di Nicola Gratteri), parliamo delle miserie, le briciole con le quali si compra non già la fedeltà, perché certa politica è dichiaratamente puttana, ma la fiducia a tempo degli statisti del pollaio locale. In questo dobbiamo dire che Filippo Mancuso ha saputo imparare e, al bisogno, si è circondato dei “saldi” politici non replicabili, stabilendo come si conviene il prezzo…

In questo mercato di vacche l’onore delle cronache non è mai mancato.

Catanzaro la città della massomafia, un fatto scoperto dopo, è stata presente sulle trasmissioni nazionali, prima per un fatto di gettoneria vera o falsa e, per la presenza di un dono di Dio, l’ubiquità concessa al consigliere comunale Giuseppe Pisano, dove quello che scandalizzava e scandalizza tutt’oggi è il livello da pascolo che accompagna l’essere rappresentante istituzionale, fatto salvo il rispetto per l’Istituzione che non c’è, come dice la Procura di Catanzaro. Questi sono i saltimbanchi della politica catanzarese che fanno da stellario, come quello della Madonna, al consigliere regionale della Lega, Filippo Mancuso, che li ha raccattati sul selciato dopo l’abiura – non si capisce di chi per primo – del boss delle cliniche fasulle, Claudio Parente quando fa politica per i suoi interessi. Diciamo che non c’è da scandalizzarsi: è il metodo base del sistema Catanzaro, quello che fa leva sulla pletora di molluschi cerebrali.

La cronaca e le telecamere ritornano sempre su Catanzaro, anche grazie all’attività istituzionale e politica del consigliere regionale Filippo Mancuso, vuoi per i flirt di Abramo con il capitano Salvini, vuoi per quello che è stato definito il “patto dei portaborse”, gli incarichi fiduciari conferiti dalla struttura regionale di riferimento che non scandalizza nemmeno per il livello rasoterra dell’offerta – vecchia storia di Calabria – ma, invece lascia un retrogusto di novità e di curiosità, vedere sempre sulle testate nazionali televisive, che il sindaco di Soveria Simeri, Amedeo Mormile sia al contempo autista al 100% e primo cittadino, un’altra vicenda mistica di ubiquità.

Queste sono le affinità elettive o elettorali che muovono e costruiscono il percorso di Filippo Mancuso nel territorio, molto conosciuto, delle attività amministrative, quelle che devono sempre avere un placet di utilità generale almeno di facciata, ma dietro le quali si ritrovano interessi poco narrabili, che suggeriamo alla Procura di Catanzaro e che sono soltanto storie di ordinaria criminalità politica, secondo il metodo consolidato del sistema Catanzaro.

Se la regola della massomafia impone di tutelare i fratelli di grembiule e di compasso, c’è l’altra regola che integra e conferma il sistema Catanzaro, quella che bisogna tutelare i compari di matita nell’urna elettorale, soprattutto quando hanno la valenza economica di essere soci occulti della politica. Quelle che sono le famose teste di legno scoperte dietro ogni angolo e dietro ogni pratica che sia passata al vaglio della Dda di Catanzaro, soprattutto quelle che hanno incrociato le esperienze amministrative e politiche del momento, quello che tutti credevano immutabile ed invincibile della massomafia nella città di Catanzaro. Siamo formalmente nel campo dell’intestazione fittizia di beni e dell’espropriazione delle utilità pubbliche a vantaggio dei clan, che a Catanzaro restano sempre nel perimetro conosciuto dei Tallini, Abramo, Esposito e Mancuso diventato anche lui un personaggio di primo livello. Qui ci fermiamo perché chiediamo l’intervento della Dda di Catanzaro per verificare fino a che livello di permeabilità le infiltrazioni abbiano inquinato il tessuto democratico ed amministrativo del comune di Catanzaro, dove ormai tutto è diventato un affare e dove tutti hanno un loro territorio o settore di appartenenza.

C’è una spartizione su tutto. Determinati settori dell’amministrazione sono di esclusiva appartenenza di alcuni clan, quello di Tallini ha sempre avuto il dominio sull’urbanistica, quando rendeva, oggi invece indirizza i suoi interessi sul sociale dove realmente ancora esistono fondi importanti, qualcosa di nuovo ce la comunicherà proprio la Procura di Catanzaro che, stranamente, ultimamente ha provveduto a sequestrare pure la polvere dal settore Servizi Sociali del comune di Catanzaro. Altri, tipo il clan Esposito-Polimeni, hanno il loro territorio nella sanità, vuoi per la vicinanza economica con gli ex datori di lavoro di Polimeni, il duo Poggi e Parente e certamente anche per le frequentazioni che hanno prodotto buchi di bilancio significativi, con la Fondazione Campanella. Mentre il clan di Filippo Mancuso resta ancorato su operazioni di maggiore complessità, dal valore più lungo nel tempo e soprattutto che abbiano preferibilmente il baricentro nella zona sud della città, nel quartiere Lido: regno e rifugio del consigliere regionale della Lega di Salvini.

Siatene certi, non è soltanto una forma di affetto territoriale la benevolenza e l’occhio da investitore di Mancuso sul quartiere Lido, è altro tanto altro, quello che muove gli investimenti per il futuro dove ancora esiste una possibilità di monetizzazione importante nell’edificazione della città nonostante la stagnazione del mercato mobiliare, ma questo non è il solo settore attivo su cui mettere le mani…