“Sono morto redattore. Le avventure di un giornalista rinato professore”

C’è un libro che sta ricevendo consensi e riconoscimenti ufficiali. Parla di giornalisti e di giornalismo, e dei seri problemi che riguardano la categoria. Uomini e donne costretti davvero a fare i salti mortali per sopravvivere e comunque innamorati pazzi di questo mestiere, il più bello che c’è. Si tratta di “Sono morto redattore. Le avventure di un giornalista rinato professore”. E’ la storia di un giornalista cosentino che dopo quasi vent’anni decide di lasciare la “sua” redazione per insegnare Italiano e Storia nelle scuole secondarie di secondo grado. Una scelta sofferta, dettata soprattutto dalla crisi che da qualche tempo interessa la carta stampata. E’ la storia di Roberto Grandinetti, classe 1967, autore del libro, giornalista professionista, ex cronista di cronaca nera e giudiziaria del “Quotidiano del Sud”.

Da cinque anni, e a seguito di un vecchio concorso a cattedra superato nel 2000, è professore a tempo indeterminato, ma la vita da giornalista gli manca ancora, sebbene sia passato a una esistenza più tranquilla, e soprattutto con un stipendio pagato con “imbarazzante” puntualità, considerato che quando lavorava in redazione si navigava quasi sempre con tre, quattro mesi di ritardo. Una vita impossibile, che tuttora – e soprattutto dalle nostre parti – costringe diversi giornalisti a vite mortificanti.

Grandinetti ha trovato la sua via di fuga nell’insegnamento, sebbene riconosca che quella del giornalismo è la migliore scuola di vita che possa esserci. Il lavoro più bello del mondo, a completo servizio di “sua maestà la notizia”, fatto di tanti sacrifici e di qualche soddisfazione. Un lavoro dove l’orologio non esiste, perché la notizia può arrivare di prima mattina, così come nel bel mezzo della notte. In “Sono morto redattore” ci sono diversi aneddoti della vita di redazione, dove si impara a vivere e a scrivere, dove si cresce giorno dopo giorno, dove si odia e si ama, dove ci si diverte e si piange, dove la tua vera famiglia diventano giocoforza i colleghi di lavoro e non quella che ti sei costruito, dove si conoscono persone pronte a tutto pur di dare il “buco” alla concorrenza, dove colleghi dall’oggi al domani vengono licenziati, dove altri sono pronti a pugnalarti alla spalle, dove si può lavorare per quasi venti anni per lo stesso giornale “morendo” però redattore, senza cioè alcuna promozione sul campo. Una umanità variegata e affascinante.

C’è il ricordo del collega morto suicida, del caposervizio stroncato da un infarto sul posto di lavoro, della collega destinata a un gran futuro e uccisa dall’ex fidanzato. Non mancano le caricature di giornalisti “sui generis”, dal donnaiolo mulo di lavoro a quello capace di inventarsi di sana pianta la notizia del giorno pur di far vendere più copie al suo giornale, come quella della clamorosa e inverosimile “rottura” di pene dopo un focoso rapporto sessuale. Si parla dell’incredibile vicenda giudiziaria dei “No global” di Cosenza e del caso delle navi dei veleni, coperto da segreti di Stato, così come dell’omicidio dell’amico boss o della decisione di un altro a diventare collaboratore di giustizia.

Con ironia, rabbia e qualche rammarico Grandinetti ripercorre così la sua vita da redattore, con la svolta che arriva con l’insegnamento. Un mondo comunque affascinante, dove il giornalista prof viene visto con curiosità dagli alunni, dai presidi e dai suoi nuovi colleghi. Una specie di alieno atterrato nel mondo dell’istruzione. I primi giorni sono terribili. Pure i ritmi biologici sono diversi. Il giornalista entra con le lacrime agli occhi a scuola, vorrebbe fuggire e ritornare in redazione, a scrivere articoli e a sfornare pagine. Ma resiste. La formazione giornalistica l’aiuta a inserirsi al meglio e a fare breccia tra gli studenti. E tra i suoi primi incarichi ci sarà proprio quello di responsabile del giornalino scolastico. Una sorta di eterno ritorno.

“Sono morto redattore” (Pellegrini editore) si è recentemente classificato al terzo posto alla XV edizione del “Premio letterario Città di Siderno”, sezione saggistica. Grandinetti è autore anche di “Suor T. contro Padre Fedele” (ed. Pellegrini), che racconta della vicenda giudiziaria di Padre Fedele, de “Le navi dei veleni” (ed. Rubbettino), scritto insieme al collega giornalista Massimo Clausi, ed è tra le firme di “Sacro fuoco. Storie di libertà di stampa” (ed. Pellegrini). Sta già lavorando per un nuovo romanzo.