Squillace, il concorso pilotato e il no del sindaco alla sorella del vescovo

In prossimità della scadenza del bando di concorso, veniva intercettata una conversazione telefonica tra il sindaco di Squillace Pasquale Muccari e il consigliere di maggioranza Alessandro Aloise. Quest’ultimo non è uno qualsiasi: è il fratello del famoso prelato catanzarese Maurizio Aloise, già uomo della cerchia dell’ormai ex vescovo di Catanzaro Bertolone e da qualche tempo addirittura vescovo della diocesi di Rossano-Cariati.

Il contenuto del dialogo risulta estremamente significativo circa l’espediente utilizzato dal Muccari e dagli uomini a lui vicini di ricorrere alle procedure previste dall’art. 110 del Tuel per assumere una figura professionale tecnica a cui affidare la responsabilità dell’Ufficio tecnico comunale di Squillace, che preventivamente e preordinatamente era stata individuata nell’assessore Gregorio Talotta.

Proprio tale precipua volontà del sindaco risultava in contrasto con quelli che erano gli intendimenti del suo collega di maggioranza Alessandro Aloise. Difatti, nel corso del dialogo, quest’ultimo esplicitamente si lamentava con il sindaco in quanto lo riteneva responsabile di avere indetto una procedura per un concorso “già riservato”. Di fronte a tali accuse il Muccari non provava neanche a smentire quanto contestatogli, anzi, in modo disinvolto, legittimava la sua scelta di assumere Talotta condizionandola persino alla sua permanenza nell’incarico di primo cittadino. In tale contesto, Muccari, a dimostrazione di come vi fosse un premeditato e tacito consenso di tutta la maggioranza comunale, ribadiva come la questione fosse stata oggetto di un accordo con tutti.

ALOISE: L’argomento dice che vuoi fare un concorso riservato?

MUCCARI: Non riservato, l’art. 110! E’ un concorso a tempo determinato ma per Gregorio, quando ce ne andiamo noi se ne va lui, è da tempo che ne parliamo!

ALOISE: No, no, io sapevo che tu davi l’incarico come responsabile…

MUCCARI: Esatto!

ALOISE: Aspetta, ma non concorso!

MUCCARI: Ma un concorso a tempo determinato, hai capito? A tempo determinato

ALOISE: Pasquale, ne dobbiamo parlare di persona

MUCCARI: No, assolutamente perché lo devo istituzionalizzare, assolutamente, perché non posso… perché quando usciamo dal dissesto avrà una gratificazione economica, che adesso è di 300 euro al mese, in questo momento, hai capito? E’ così semplice… ma ne abbiamo parlato, eravamo tutti d’accordo…

ALOISE: No, alt, come concorso no, io sapevo che tu gli davi l’incarico come era Passafaro…

Di fronte alle resistenze manifestate dal sindaco, l’Aloise rappresentava che i propri diretti familiari (una sorella e persino un cugino) avevano i requisiti tecnici per ricoprire quell’incarico e quindi invitava il sindaco a parlare della questione in un momento successivo, nel corso di un incontro da mantenere “de visu”. Il Muccari ribadiva la sua intenzione di sciogliere la maggioranza se non si fosse dato corso a quanto già programmato, evidenziando come la gestione dell’Ufficio tecnico fosse impervia e difficoltosa e quindi non consigliabile in particolare per la sorella dell’Aloise. Si lamentava, peraltro, anche del fatto che, comunque, nei momenti di difficoltà nessun parente dell’Aloise si era proposto per incarichi di responsabilità di natura tecnica.

A tali affermazioni quest’ultimo continuava ad esternare il suo rammarico dicendo che nessun incarico era stato proposto ai suoi parenti e che questa situazione lo stava rendendo ridicolo. Nel corso della conversazione il Muccari non mancava di sottolineare come l’assunzione del Talotta era stata oggetto di accordi e discussioni tra i vari consiglieri tra i quali citava il suddetto Aloise e i due assessori Rosetta Talotta e Giusymanuela Ciciariello.

ALOISE: Pasquale, allora noi abbiamo un cugino che è disoccupato…

MUCCARI: Eh sì, ma tu…

ALOISE: Ed è architetto… Ho pure una sorella che è architetto, hai capito? Cioè, che figura faccio io? Pasquale, mettiti nei miei panni…

MUCCARI: Ma scusami ma questi qua quando io andavo cercando… e noi andavamo cercando un dirigente, qualcuno di questi si è fatto avanti? Ma tu sei…

ALOISE: Non gliel’abbiamo neanche proposto…

MUCCARI: Come no? Poi scusami, tu a tua sorella la mettevi in questo inferno? In questo inferno la mettevi?

ALOISE: Va bene Pasquale…

MUCCARI: Scusami, tu un domani le augureresti di fare il dirigente di un Ufficio tecnico comunale a Squillace? Con tutti i guai che ci sono?

ALOISE: Pasquale, lasciamo fottere, comunque ne parliamo, hai capito?

MUCCARI: Sì sì ma non è un problema… Ci sciogliamo, non ci sono problemi perché questa è proprio una cosa… ne parliamo ma ne parliamo come io, tu, Giusy, ne parliamo con Rosetta… questa è da una vita che stiamo parlando, dell’articolo 110 alla scadenza del mio mandato… Ma dimmi una cosa… ma tua sorella vuole fare il dirigente, getto il concorso e la nomino subito domani dirigente! Se se la sente…

Nel prosieguo della conversazione, Aloise rimarcava come le procedure per un concorso dovevano prevedere una partecipazione pubblica. La dimostrazione di come il Muccari mantenesse un atteggiamento ondivago e poco trasparente, era la possibilità da parte sua di procedere ad una “nomina diretta” ex art. 110 del Tuel – cosa peraltro non corrispondente la vero – per poi, invece, richiamare il suo comportamento ad un’etica di trasparenza che lo aveva condotto a prevedere un iter concorsuale completo.

ALOISE: No, non è quello, Pasquale: se tu vuoi fare in concorso lo devi fare aperto a tutti, non lo puoi fare…

MUCCARI: Ma questo non è un concorso a tempo indeterminato, questo è l’articolo 110 e l’articolo 110 prevede una figura a tempo determinato per la durata del mandato, io ho voluto fare la manifestazione, ma potevo fare pure la nomina diretta…

ALOISE: Era meglio… ma a questo punto era meglio…

MUCCARI: Assolutamente… è una sorta di trasparenza perché la legge vuole anche una trasparenza, ma tu falle fare il concorso…

Il lungo dialogo terminava con i due interlocutori che manifestavano la necessità di avere un confronto di persona nell’immediato poiché entrambi dovevano decidere se dimettersi o no dai rispettivi incarichi.