Nel giorno in cui tutta l’Italia ricorda il primo anniversario della prematura scomparsa di Paolo Rossi, anche noi calabresi pensiamo intensamente a quel pomeriggio del 16 maggio 1982 quando al vecchio “Militare” di Catanzaro – non ancora “Ceravolo” -, il tenero Paolo – non ancora Pablito – era sceso in campo con la maglia numero 9 della Juventus per una partita che sarebbe rimasta epocale. Era la partita decisiva per l’assegnazione del titolo tricolore, perché la Juventus era in testa alla classifica a pari punti – 44 – con la Fiorentina e si giocava l’ultima giornata di campionato.
Per Paolo Rossi quella stagione era decisamente particolare. Il 30 aprile erano scaduti i due anni di squalifica che gli erano stati sanzionati per il calcioscommesse e a giugno sarebbero iniziati i Mondiali di Spagna ai quali Enzo Bearzot aveva voluto fortissimamente che Paolo partecipasse nonostante la lunga inattività e lo scandalo di due anni prima.
Paolo Rossi aveva giocato la sua prima partita dopo la squalifica il 2 maggio a Udine e per la Vecchia Signora era stato un trionfo: 5-1 e doppietta di Rossi con la Fiorentina bloccata in casa dall’Inter e dunque staccata di una lunghezza. Poi era arrivato un pari casalingo a reti bianche contro il Napoli in lotta per la salvezza che aveva riportato i viola, vittoriosi a loro volta sull’Udinese, a pari punti con la Juve. E quindi tutto si sarebbe deciso all’ultima giornata.
La Juventus di Giovanni Trapattoni, campione d’Italia dopo la stagione chiacchierata del gol regolarissimo annullato a Turone della Roma, proseguiva nella sua campagna di rafforzamento, inserendo anno dopo anno giovani calciatori che andavano a prendere il posto dei veterani. Quell’anno toccava a Bonini, acquistato dal Cesena, che prendeva il posto di Furino ormai in fase calante ma al quale il Trap non aveva rinunciato a Catanzaro. Ma era stato acquistato anche Paolo Rossi, nonostante fosse ancora squalificato per lo scandalo del totonero, ed era tornato per la seconda volta Virdis.
La stagione era iniziata con sei vittorie consecutive, ma con il passare delle giornate il campionato aveva subito defezioni importanti in tutte le squadre di vertice, circostanza che aveva riequilibrato la lotta scudetto.
Il 4 novembre 1981, dopo aver perso per 3-1 all’andata negli ottavi di finale della Coppa dei Campioni 1981-1982 contro l’Anderlecht a Bruxelles, a Torino uno scontro con il portiere belga Jacky Munaron nella gara di ritorno costò a Roberto Bettega, leader indiscusso della Juventus e della Nazionale, un grave infortunio ai legamenti del ginocchio. La Juventus fu eliminata e Bettega perse l’intera stagione, dovendo rinunciare anche alla convocazione al Mundial 1982.
Più o meno nello stesso periodo il Milan aveva perso Franco Baresi per un virus, la Roma Carlo Ancelotti e la Fiorentina Giancarlo Antognoni (che però aveva fatto in tempo a rientrare), entrambi per gravi infortuni e quindi tutte le squadre di vertice avevano faticato a staccarsi dal gruppo. Delle quattro, la Fiorentina allenata da Giancarlo Picchio De Sisti aveva vinto il titolo di Campione d’Inverno, con la Juve alle calcagna. Alla fine, erano stati proprio bianconeri e viola a staccare le rivali e dopo un paio di sorpassi e controsorpassi, erano arrivate appaiate a 44 punti all’ultima giornata.
Il Catanzaro di Bruno Pace, ormai, per quel campionato, aveva tirato i remi in barca: 28 punti e settimo posto in classifica (ora con un piazzamento simile si va in Europa League): il punto più alto nella storia della squadra giallorossa.
Vittorie a Torino contro il Toro e a Milano contro il Milan, pareggio sempre a S. Siro contro l’Inter, in casa vittoria per 3-0 al “Militare” ancora contro Il Milan e tante partite ben giocate grazie anche a quel tecnico vulcanico Bruno Pace ma soprattutto per l’esplosione di quattro golden boy, che erano diventati la spina dorsale dell’Under 21 azzurra: il catanzarese purosangue Massimo Mauro, e poi Celestini, Borghi e Bivi. Ma non mancava l’esperienza, da Claudio Ranieri (che non ha giocato contro la Juve) insieme ai suoi fedelissimi Santarini e Peccenini a Tato Sabadini (assente anche lui con la Juve). E si erano messi in grande evidenza anche Piero Braglia, all’epoca 27enne e Sabato, molto efficaci nei ruoli chiave in mezzo al campo insieme alla rivelazione Costanzo Celestini. Il tridente Mauro-Bivi-Borghi finalizzava alla grande il lavoro collettivo. Una gran bella squadra.
Unico rammarico la semifinale di Coppa Italia persa nel doppio confronto (per i gol segnati in trasferta) contro l’Inter con quel palo di Sabato al minuto 119 che ancora trema.
I giallorossi venivano da due sconfitte consecutive rimediate a Genova (2-0) e a Cesena (4-1), segno ormai della smobilitazione. Però, la partita con i bianconeri bisognava disputarla e bene. Perché tutti gli occhi dell’Italia erano rivolti al “Militare” di Catanzaro e al S.Elia di Cagliari dove giocava la Fiorentina. E la tifoseria giallorossa era ed è gemellata dalla metà degli anni Sessanta con quella viola. Un’amicizia nata in occasione della finale di Coppa Italia del ’65 e consolidata dai derby infuocati contro la Reggina che si erano giocati proprio a Firenze tra il 1970 e il 1971, all’epoca della rivolta di Reggio per il capoluogo e che rappresentarono il trampolino di lancio per la prima, storica promozione del Catanzaro in Serie A. E i tifosi del Catanzaro proprio non volevano saperne di “regalare” lo scudetto alla Juve, anzi speravano proprio di farle lo sgambetto.
La settimana che aveva preceduto il 16 maggio era stata, dunque, particolarmente movimentata e non solo per il gemellaggio Catanzaro-Fiorentina ma anche perché la Juve, che aveva già acquistato per la stagione successiva il polacco Boniek, aveva annunciato di aver acquistato anche il fuoriclasse francese Michel Platini.
Ciò significava una cosa sola, e cioè che l’avventura in bianconero dell’irlandese Liam Brady era arrivata al capolinea, potendosi tesserare solo due stranieri per squadra.
Orecchie alle radioline (allora si giocava, in contemporanea, sempre): sia a Cagliari sia a Catanzaro i tifosi seguono “Tutto il calcio minuto per minuto”.
Enrico Ameri e Sandro Ciotti si passano la linea di continuo, attentando alle coronarie dei tifosi. E a questo punto, come nella migliore tradizione del calcio all’italiana, entra in scena la classe arbitrale.
Il primo tempo tra Catanzaro e Juve era stato molto equilibrato con le due squadre molto bloccate tatticamente e i giallorossi a ribattere colpo su colpo alle iniziative della Juventus, portate soprattutto da Marocchino. Di Paolo Rossi, che aveva giocato appena due partite dopo la squalifica, c’erano state poche tracce anche perché i difensori giallorossi gli mordevano le caviglie e non lo facevano muovere.
A metà del primo tempo il primo episodio-chiave che deciderà il campionato e che è ancora oggetto di contestazioni. Borghi viene lanciato in area, con un tranciante basso che taglia la forte difesa bianconera, e sta per concludere da solo davanti a Zoff.
Brio, lo stopper della Juventus, mette il braccio destro al collo del centravanti giallorosso che va a terra. E’ rigore per tutto il mondo tranne che per l’arbitro di turno, il signor Pieri di Genova, e naturalmente per lo stesso Brio che, a distanza di anni, continua a sostenere con gran faccia tosta che era stata una grande simulazione.
Alla fine del primo tempo a Catanzaro e a Cagliari il risultato è fermo sullo 0-0 e se finisse così, Juve e Fiorentina dovrebbero giocare lo spareggio per lo scudetto.
Al quindicesimo della ripresa chiede la linea Ciotti da Cagliari, Graziani ha segnato su cross di Antognoni. Ma il presunto fallo di Bertoni su Corti fa annullare la rete all’arbitro e apre anche in questo caso una serie infinita di contestazioni sulla decisione arbitrale.
Passano solo altri 15 minuti e alla mezzora Ameri descrive un’azione di attacco della Juve; affondo di Marocchino sulla destra, cross a servire Paolo Rossi, che ritrova magicamente il suo guizzo migliore, colpisce di testa e centra il palo, il pallone torna in area sui piedi di Fanna, che tira a colpo sicuro: sulla linea il difensore Celestini si sostituisce al portiere e para con la mano sinistra un pallone destinato ad entrare. Rigore per la Juve. Questa volta netto.
L’Italia intera trattiene il fiato. Ovviamente per la testa di molti (anche juventini) passa l’idea che Brady, rigorista designato, avrebbe sbagliato apposta per vendicarsi del “tradimento”.
Liam prende la rincorsa di tre passi, piatto aperto e palla alla destra di Zaninelli che invece si butta dalla parte opposta.
La foto che vedete in copertina ritrae proprio Liam Brady e Paolo Rossi mentre esultano al vecchio “Militare” di Catanzaro ed è una “cartolina” che decine di migliaia di calabresi hanno ancora fissa negli occhi. Soprattutto perché, appena un mese e mezzo dopo, Paolo Rossi al Mundial di Spagna sarebbe diventato Pablito e anche la rabbia per quello scudetto “regalato” dagli arbitri alla Vecchia Signora si era decisamente sfumata. Ma solo per amore di Pablito.
Campionato di Serie A 1981-1982 – 15^ giornata di ritorno
Catanzaro – Stadio Comunale
Domenica 16 maggio 1982 ore 16.00
CATANZARO-JUVENTUS 0-1
CATANZARO: Zaninelli, Celestini, Salvadori, Boscolo (Cascione 46′), Santarini, Peccenini, Mauro, Braglia, Borghi, Sabato, Bivi (Palese 71′)
Allenatore : Bruno Pace
JUVENTUS: Zoff, Gentile, Cabrini, Furino, Brio, Scirea, Marocchino (Bonini 85′), Tardelli, Rossi P., Brady, Virdis (Fanna 53′)
Allenatore : Giovanni Trapattoni
ARBITRO: Pieri C. di Genova
MARCATORE: Brady rigore 75′