Cosenza, sanità “incappucciata”: la conferma di Mauro è un patto tra politica e massoneria

(foto corriere della sila)

Sono passati tre anni da quando l’Asp di Cosenza ha avuto prima il suo “nuovo” direttore generale e – nonostante la sobillazione generale – il suo (sempre) “nuovo” commissario. 

All’epoca, tre anni fa, dopo una disumana fatica seconda solo a quella di Sisifo (!), sostenuta più a rottamare Filippelli che a nominare Mauro stesso, la sempre più impresentabile classe politica calabrese aveva trovato la quadra. Una quadra valida ancora oggi.

Il commissario Filippelli
Il commissario Filippelli

La dismissione per Filippelli è stata un boccone amaro e duro da ingoiare e suona come una bocciatura difficile da sopportare. Una uscita senza gloria e onore.

La verità è che, da tempo, l’oncologo di Paola, era ostaggio di quella classe politica che, dopo la nomina, lo ha accerchiato e manovrato. In verità il Commissario, non sostenuto da adeguate capacità, da subito ha dimostrato di essere inadeguato per gestire l’Asp più complicata d’Italia, purtuttavia bisogna riconoscergli l’attenuante che ha avuto sin da subito le mani legate.

Non è riuscito a smarcarsi dai suoi padrini politici e il suo cammino si è dimostrato un percorso ad ostacoli sui carboni ardenti. Ha sbagliato su tutto e in tutto. Praticamente un pugile suonato messo al tappeto dal suo stesso allenatore.

A Filippelli, pur consapevole di essere ostaggio dei suoi mentori, si rimprovera soprattutto la mancanza di autonomia gestionale, da subito dimostratasi, accettando remissivamente i dioscuri di Oriolo come direttore amministrativo e direttore sanitario. Evanescente è stata la sua azione di legalità che invece avrebbe dovuto aggredire le molte contraddizioni che esistono nell’organismo dei dirigenti e del comparto. Proprio su questo campo Filippelli ha fallito.

Ed è su questo terreno che il medico legale Mauro, ieri promosso a direttore generale e oggi a commissario, ha fatto le stesse, identiche cose. I tanti dirigenti e i molti dipendenti seri e preparati, unitamente ai molti cittadini onesti della provincia (esclusi quanti si sono cinghializzati), si aspettavano dal dottore Mauro una ventata di cambiamento che segnasse un profondo solco di discontinuità dalla pessima gestione del salumiere di piazza Riforma e di quella di Filippelli.

Tonino Gentile e Gianfranco Scarpelli
Tonino Gentile e Gianfranco Scarpelli

In sostanza ci chiedevamo all’epoca se potesse essere capace di rivendicare quella necessaria autonomia gestionale, propria di un direttore generale, per risolvere le molte questioni illegali che da anni denunciamo.

Ovvero: Mauro sarebbe stato in grado di risolvere la questione Magnelli? Come pure la pelosa questione Sosto? O quella del dottore Borselli? Sarebbe stato in grado di mettere in riga la pletora di dipendenti di via Alimena che sono lì solo per curare i propri interessi personali dopo aver garantito quelli del Cinghiale?

Ci chiedevamo quale sarebbe stato l’atteggiamento di Mauro davanti a tutti quei privilegi che quotidianamente si consumano fra le mura dell’ex Inam e la risposta la conoscete già: un disastro. Mauro è stato ed è uno zerbino perfetto!I nostri dubbi, del resto, trovavano fondamento nei metodi e nei modi con i quali il nuovo direttore generale era stato individuato e selezionato. Ad appena due mesi da quella ridicola causa di servizio con la quale un giudice (il cui marito attendeva privilegi dallo stesso nuovo direttore!!!) gli riconosceva lo status di “depresso cronico”. Una situazione grottesca e paradossale che ha fatto ridere tutta l’Italia approdando finanche sulle pagine del Corriere della Sera.

Invero, la sua nomina già allora, tre anni fa, come oggi, sembrava un pannicello caldo, una minestra riscaldata o peggio il risultato di una alchimia incappucciata figlia di un compromesso di una certa classe politica oggi molto influenzata dai gruppi di potere dei clubs altolocati più noti come massoneria.

enza-bruno-bossio

Pertanto la scelta praticata non era e non è altro che il riproporsi di un metodo già altre volte sperimentato. Una scelta non certamente generata da uno slancio di altruismo a buon mercato, come lascerebbe pensare la decisione di preferire un dirigente interno, bensì maturata sull’asse trasversale Palla Palla-Cinghiali-Madame Fifì che, dopo aver disegnato l’identikit del direttore generale con il filo a piombo e il regolo, si orientano verso le indicazioni provenienti dall’occhio divino.

Consci che l’ottimismo non è una virtù, noi che aspettiamo il cambiamento della discontinuità annunciata da Oliverio, mai ci rassegneremo alla consapevolezza dei più che la sventura a cui non c’è rimedio debba essere sopportata.

Fino a quando questa voce libera non verrà soffocata, noi saremo sempre a denunciare e poco importa che l’Asp di Cosenza sia diventata un brodo in cui ormai tutti nuotano.
Buona fortuna a tutti i “nuotatori”.