Gianluigi Scaffidi è l’unico manager calabrese indicato dai commissari per la sanità (all’Asp di Vibo Valentia) per mettere un freno agli ospedali da incubo e alla corruzione mafiosa che comanda indisturbata da decenni. Toccherà a lui catechizzare a dovere chi viene da altre regioni e far capire loro cosa è stato possibile “combinare” in tutto questo tempo, per come ci hanno fatto vedere Le Iene in quell’inchiesta che ha messo a nudo tutte le magagne della politica corrotta made in Calabria.
Scaffidi è un medico in pensione, rappresentante dell’Anaao (l’associazione dei medici ospedalieri) della Calabria. E non è certo un nome nuovo per chi si occupa di sanità, anche perché in questi anni, da attivista del M5s e consulente della deputata Dalila Nesci, ha sollevato più volte veri e propri casi nazionali rispetto a quanto accadeva nei nostri ospedali.
Scaffidi, tra l’altro, insieme a Tullio Laino, aveva anche scritto la bozza della proposta di legge popolare sul riassetto della sanità calabrese ed era stato cacciato dalla dirigenza regionale dall’allora governatore Giuseppe Scopelliti, dopo avergli rappresentato l’impossibilità giuridica di pagare il policlinico universitario in assenza di protocollo valido, perdurante, e al di fuori della normativa di specie.
Ma la vicenda più assurda che ha raccontato e che è diventata un caso nazionale è quella dei “gessi di cartone” all’ospedale di Reggio Calabria, dove se un paziente si presenta al pronto soccorso viene medicato con garze e pezzi di cartone, in attesa che al mattino dopo riapra il reparto di ortopedia.
Scaffidi aveva ricevuto la “soffiata” da colleghi e pazienti del reparto e aveva ricevuto immagini eloquenti e inoppugnabili che mostravano gambe, braccia, piedi di pazienti adagiati sulle barelle: gli arti, invece di avere le stecche, i tutori o le bende gessate sono tenute rigide da pezzi di cartone, cerotti e garze.
Come spiegava il medico, una cosa del genere “ormai non si vede più nemmeno in Africa”. Invece questa triste vicenda arriva dall’unico ospedale di una città di 200mila abitanti del sud Italia. Spiegava ancora Scaffidi che “non si tratta di una situazione occasionale: alcune foto sono state scattate due giorni fa, altre risalgono a qualche settimana”.
E raccontava ancora Gianluigi Scaffidi: “Il reparto ortopedia è aperto solo fino alle 20, perché manca il personale che lo faccia funzionare. La sala gessi funziona solo in ortopedia, il pronto soccorso ne è sprovvisto. Così chi arriva con una frattura dopo le 20 deve attendere fino al mattino successivo l’arrivo degli specialisti. Ma al pronto soccorso mancano anche i tutori, le stecche rigide e le altre protezioni che facciano da rimedio momentaneo. Così il personale da qualche tempo si deve arrangiare con i pezzi di cartone”.
Questa vicenda, com’è del tutto evidente, era solo la punta dell’iceberg di una sanità, quella calabrese, da tempo commissariata. Il buco si aggira intorno ai 160 milioni di euro e la Regione è stata costretta a ridurre spese e sprechi. “Sarei anch’io preoccupato da questa esigenza – commentava ancora il rappresentante dell’Anaao – ma ci sono limiti che non possono essere oltrepassati, livelli al di sotto dei quali non si può scendere: come si può privare un pronto soccorso dei materiali necessari a medicare una semplice frattura?” Nell’ospedale di Reggo infatti manca tutto: materiali, apparecchiature e personale.
Scaffidi ovviamente non si era fermato solo a Reggio ma aveva lavorato sodo – nel 2016 – anche per sputtanare le vergogne della Cardiochirurgia universitaria di Catanzaro, che non aveva il possesso dei requisiti di legge per l’attività, mettendo a nudo l’incapacità dei precedenti commissari, Scura e Urbani, pupazzi del potere politico che adesso vorrebbero addirittura insegnare il “mestiere” agli altri…
Scaffidi aveva raccolto materiale insieme alla Nesci e aveva presentato un esposto al procuratore Gratteri, nel quale si precisava che la Cardiochirurgia universitaria non ha ancora una terapia intensiva dedicata, non ha due sale operatorie dedicate ai soli pazienti cardiochirurgici, benché obbligatorie, ha 14 infermieri sui 29 imposti dalla normativa e non ha un percorso e delle procedure dedicati per la rianimazione.

“I commissari Scura e Urbani sapevano – diceva all’epoca Scaffidi – delle verifiche in corso da parte della commissione dell’Asp di Crotone e hanno revocato la procedura attivata soltanto all’esito sfavorevole. Conferma appieno le nostre ragioni e smentisce tutto l’apparato dell’insabbiamento e della menzogna la recente realizzazione di una vetrata per isolare i pazienti cardiochirurgici nella terapia intensiva generale del policlinico universitario di Catanzaro”.
E non era il solo esposto presentato a Gratteri perché ce n’erano altri due: uno sul falso materiale prodotto nella struttura commissariale riguardo alla costituzione in giudizio della Regione Calabria contro alcuni municipi in fatto di rete ospedaliera, l’altro sul decreto commissariale che ha modificato la normativa sull’autorizzazione e l’accreditamento delle strutture sanitarie. Perché – come tutti sanno – il commissario Scura, così come i suoi “padroni”, hanno un particolare feeling con le cliniche private…