Rende, la banda di Mazzetta. Fabio Coscarella: da Briguori “Berlusconi” agli affari edilizi con prestanome al “Lorenzon”

Nella “cricca” del quaquaraquà della politica cosentina e rendese, al secolo Marcello Manna o meglio Marcello Mazzetta, trovano posto delinquenti e faccendieri della peggiore specie e nessuno si è certo meravigliato quando ad elementi come il pistolero o la sorella di Ariosto o il re dei voltagabbana o a quelli della dinastia Aceto (ma quanti sono?!?), è arrivato a far compagnia tale Fabio Coscarella, 43 anni, di professione costruttore senza arte né parte, gestore di una pompa di benzina ma soprattutto presidente del Rende Calcio retrocesso in Eccellenza (!) dopo il campionato 2021-22 e che ancora si dibatte nell’inferno del campionato dilettantistico regionale. E non certo perché Coscarella è appassionato di sport ma per le motivazioni che tra poco vi spiegheremo. E che a quanto pare sono entrate anche nella relazione della Commissione di accesso antimafia che ha determinato lo scioglimento del Comune di Rende per infilitrazioni mafiose.

Fabio Coscarella balza alla ribalta della cronaca circa dieci anni fa, quando viene arrestato per una vicenda tutt’altro che “bella” (ché fa pure rima col suo cognome).

L’avevano chiamata operazione “Coffee Break” perché la parola d’ordine che dava il via agli “affari” era proprio “Ci prendiamo un caffè?”. A guidarla il compianto ex procuratore di Paola, Bruno Giordano, che la mattina dell’8 luglio di dieci anni fa (era il 2009), disarticolò una rete fatta da falsari ed un giro di estorsioni, usura, riciclaggio di denaro sporco e false fatturazioni per un importo di circa 40 milioni di euro. Le esecuzioni di misure cautelari riguardarono 93 persone.

Nell’organizzazione criminale operante nella zona del Tirreno cosentino – dunque, clan Muto – rimasero coinvolti imprenditori, professionisti (alcuni noti e altri incensurati) e anche un sottufficiale della Guardia di Finanza perché – come ormai abbiamo imparato – lo stato deviato è sempre presente quando si tratta di far soldi facili. Il servitore infedele dello stato, al secolo Tommaso Leale, ex comandante della Squadra Operativa della Compagnia della Finanza di Paola, aveva fatto società col capo di questa banda ovvero Agostino Briguori, meglio noto come “Berlusconi”, affiliato al clan Muto così come la dinastia degli Iacovo (Agostino, Gigliola e Dino). Un’organizzazione che operava tra Cosenza, Napoli, Ascoli, Pescara, Ravenna, Forlì, Rimini e Pavia, e che si era inventata un ingegnoso metodo che consentiva di effettuare truffe, utilizzando false fatture intestate a 50 società, la metà delle quali fittizie. Il gioco prevedeva anche un giro d’usura e finanziamenti illeciti per circa 4 milioni di euro, rimborsi d’Iva e detrazioni fiscali. Il tutto in conti cifrati di San Marino. Furono trovate anche fatture sul giro d’usura. Sì, insomma, si scaricavano dalle tasse anche i guadagni dello strozzo. E la particolarità non era solo questa: un uomo defunto risultava firmatario di alcuni atti riguardanti delle società coinvolte. Il 5 ottobre 2011 il pm dell’epoca, Eugenio Facciolla nella chiusura delle indagini chiese il rinvio a giudizio per tutte e 93 le persone. Le accuse, a vario titolo erano associazione a delinquere finalizzata all’evasione e alla frode fiscale, truffa aggravata in danno dello Stato, truffa per incassare contributi pubblici, riciclaggio e reimpiego in altre attività di denaro o beni di provenienza illecita.

Per Fabio Coscarella erano scattati gli arresti domiciliari. L’imprenditore (parola grossa accostata a lui…) rappresentava il territorio rendese insieme all’ormai leggendario Massimo Aceto, detto Max, oggi deus ex machina del taglio selvaggio della legna ma in passato attivo nel settore dell’edilizia come il suo amico Coscarella e oggi entrambi grandi protagonisti della “cricca” di Marcello Manna.

Il processo “Coffee Break” fece la fine che fanno i processi scomodi: lentezze esasperanti e prescrizione finale per tutti, a cominciare proprio dal Nostro ovvero Fabio Coscarella, che da quella mezza disavventura ha costruito il suo capolavoro.

E allora, ripartiamo dall’inizio. Fabio Coscarella è un costruttore senza arte né parte: ha costruito un palazzo di fronte alle Poste di Roges con molti appartamenti invenduti e quei pochi “disgraziati” ai quali era riuscito a vendere gli hanno pure fatto causa. Poi, siccome i soldi non bastano mai, per raccattarne ancora altri, ha ceduto tutti gli altri ad un altro costruttore.
Il suo stipendio “sicuro”? Settore idrocarburi, visto che ha in gestione una pompa di benzina a Quattromiglia, che non macinerà milioni ma che gli assicura entrate tranquille ogni 27 del mese.
Insomma, diciamo pure che il signor Coscarella “galleggiava” con qualche difficoltà finché non ha azzeccato il classico colpo della gallina dalle uova d’oro ovvero il Rende Calcio.
L’ha preso praticamente dal nulla, con il supporto della famiglia Pellegrino, quelli della Calabra Maceri, che lo aiutano economicamente con un grosso contributo. E come prestanome si è servito di una ragioniera, la quale lavora con queste mansioni presso il distributore di benzina di cui sopra, la cui società (cchi bellezza!!!) possiede tra l’altro il 100% delle quote della società Rende Calcio srl.

Coscarella in un primo tempo era stato bravo a vincere il campionato di Serie D con un gruppo di ragazzi cosentini ma è stato molto più bravo a convincere Manna a dargli il terreno dello stadio “Marco Lorenzon” con il diritto di superficie per 99 anni. Sì, avete letto bene: 99 anni!!! In nessuna città del mondo è accaduto che il Comune dà lo stadio con la concessione del diritto di superficie. Cose veramente da pazzi! Coscarella ha presentato un progetto di un nuovo stadio con annesse attività commerciali: negozi, ristorante, teatro eccetera eccetera e poi ha aspettato – evidentemente invano – che Manna insieme a quell’altro bel soggetto di Iacucci – allora presidente della Provincia – gli facesse avere un congruo finanziamento per chiudere la partita.

Il rispetto degli accordi presi? Nessuno, lavori mai iniziati, canoni mai pagati e ‘pezzi’ dello stadio in vendita, vedi i vetri antisfondamento ceduti alla Vibonese calcio. É possibile che un concessionario possa vendere un bene che é della comunità e il sindaco che é il supervisore assoluto tace e acconsente? A Rende si, a Rende si può… E non è finita qui. 

Nel frattempo, a Coscarella era stato affidato direttamente e senza gara il campo dell’Azzurra, in maniera tale da avviare un regime di monopolio delle attività calcistiche nella città d’oltre Campagnano. Ma è retrocesso in Serie D… e quindi ha mollato l’Azzurra, adesso passata a un altro personaggio che è tutto un programma e del quale presto ci occuperemo.

Ma, quasi come un risarcimento, o magari come una sorta di piano B, ecco spuntare per Coscarella l’approvazione di un piano casa relativo ad un fabbricato con destinazione scuola, ex plesso scolastico Stancati, adiacente al glorioso stadio Marco Lorenzon. Tale approvazione prevedeva la realizzazione di un fabbricato residenziale al posto di un fabbricato ricadente su terreno con destinazione verde F. E sapete chi è il fortunato vincitore, anzi la fortunata vincitrice? La ragioniera di cui abbiamo parlato sopra! Che nel frattempo ha intrecciato relazioni anche con soggetti della criminalità organizzata. Una vergogna che tutti conoscono e conoscevano e tutti facevano fanno ancora finta di non vedere. 

Ma adesso il Rende è retrocesso addirittura in Eccellenza… e mo’ come si fa? Coscarella è un parassita sociale che si credeva davvero sicuro di diventare ricco sfondato grazie alla politica dei quaquaraquà e delle mazzette e che credeva anche di essere un grande presidente… Ma adesso in Eccellenza… come si fa?

Ed eccoci allora all’attualità. Ricapitolando e per una migliore comprensione dei fatti. Lo stadio “Marco Lorenzon” di Rende è stato assegnato all’amico del sindaco “Mazzetta” ovvero Fabio Coscarella addirittura con un progetto presentato e mai autorizzato, con una causa legale pure in corso e con un diritto di superficie. Naturalmente le utenze le paga il cittadino…

Coscarella ha chiamato in causa il Comune che inizialmente aveva approvato il suo progetto prima in giunta e poi in Consiglio. Successivamente persino Mazzetta era stato quasi costretto a ritirarlo perché c’erano seri problemi con l’Anas. E non solo…
Mazzetta, dall’alto della sua arrogante prosopopea, gli aveva garantito che sarebbero riusciti ad avere parere positivo, ma così non è stato…
E adesso nella relazione della Commissione di accesso che ha portato allo scioglimento abbiamo scoperto che largo spazio è dedicato anche alla vicenda relativa allo storico stadio “Marco Lorenzon” e ai rapporti tra l’imprenditore Fabio Coscarella, ex presidente del “Rende Calcio” e il Comune. Canoni di pagamento legati alla concessione dell’impianto sportivo, lavori di adeguamento mai effettuati attraverso la ricostruzione dei fatti prospettata dalla Commissione di accesso. E non solo… Perché siccome il passato presenta sempre il conto anche ai delinquenti più incalliti è ritornata alla luce anche la vicenda della “prestanome”. E quindi i commissari si sono interessarti alla vendita di un immobile di ingente valore ceduto dal Municipio ad un prezzo di molto inferiore rispetto a quello stimato ad una società locale riconducibile a una donna risultata sentimentalmente legata ad uno degli imputati del blitz della Dda “Reset”. E il cerchio, magicamente, si chiude.