Pietro Giamborino, l’ex consigliere regionale della Calabria, esponente di Margherita e Pd, arrestato il 19 dicembre 2019 nel blitz antimafia che ha portato all’emissione di 334 provvedimenti di custodia cautelare, è ritenuto dagli inquirenti “formalmente affiliato alla locale di Piscopio” e avrebbe “intessuto legami con alcuni dei più importanti appartenenti alla ‘ndrangheta vibonese per garantirsi voti ed appoggi necessari alla sua ascesa politica, divenendo, di fatto, uno stabile collegamento dell’associazione con la politica calabrese, funzionale alla concessione illecita di appalti pubblici e di posti di lavoro per affiliati o soggetti comunque contigui alla consorteria”.
E’ quanto si legge negli atti dell’inchiesta. A Giamborino è contestato il reato di traffico d’influenze così come a Nicola Adamo, ex vicepresidente della Giunta regionale calabrese ed esponente del Pd, destinatario di un provvedimento di divieto di dimora in Calabria, e ad altri due indagati: Giuseppe Capizzi, amministratore unico del “Consorzio progettisti e costruttori” e Filippo Valia.

In conferenza stampa gli inquirenti hanno riferito che il coinvolgimento dei politici cosentini Nicola Adamo e Luigi Incarnato (notoriamente in strettissimi rapporti dal lontano 2005 quando facevano parte entrambi della Giunta regionale guidata da Agazio Loiero) è legato al loro rapporto con Pietro Giamborino. “Si tratta di un legame politico ventennale – è stato detto -, che si concretizzava con scambi di favori con soggetti legati alla ‘ndrangheta per il conseguimento di appalti pubblici e di aggiustamenti di processi al Tar sempre realtivi agli appalti in cambio di sostegno elettorale”. Ma mentre per Adamo l’accusa è solo di traffico di influenze, per Incarnato si parla espressamente di corruzione elettorale. “Soldi in cambio di voti – ha precisato uno degli inquirenti in conferenza stampa – nel circuito (una sorta di triangolo, ndr) Giamborino-Adamo”.