STATO DI DIRITTO E PARADOSSO
dal profilo FB di Matteo Cosenza
La ‘ndrangheta è un cancro che infetta la Calabria e da qui ormai corrode tanta parte d’Italia con ramificazioni in Europa e in mezzo mondo, godendo della complicità di politici, imprenditori e quanti altri. Dunque, ogni colpo che le viene inferto è sacrosanto e non è mai abbastanza pretendere che lo Stato abbia come priorità assoluta l’impegno per combatterla e debellarla. Aggiungo a questa banalità – ma cosa c’è di più banale del male che l’uomo procura al suo simile? – il fatto, molto personale, che, conoscendoli per lavoro, non ho mai nutrito simpatia, per non dire altro, per alcuni dei personaggi politici che sono stati raggiunti dalle misure del maxi blitz del procuratore Nicola Gratteri di ieri.
Ritengo benemerita la sua azione e soprattutto spero che la cosiddetta società civile faccia finalmente la sua parte in quella Calabria di tante risorse e bellezze sporcate se non deturpate da una pessima amministrazione pubblica. La scure della Giustizia non basterà mai se mancherà un rinnovamento dei comportamenti nella politica e nella società. Ma è lecito dire qualcos’altro?
Confesso che la soddisfazione che ho avvertito ieri mattina quando ho appreso dell’inchiesta e dei suoi effetti, è stata guastata più tardi, quando Gratteri ha parlato, da un timore che non definirei delusione. Lui ha usato parole forti, ha definito storica la sua iniziativa e soprattutto ha detto che il suo scopo, lo ha chiamato sogno, è stato ed è quello di smontare e rimontare la Calabria sfidando di conseguenza i partiti e gli altri referenti pubblici ad occupare gli spazi finalmente liberati. In uno stato di diritto il suo compito di magistrato inquirente è quello di perseguire i reati, di indagare sui malfattori, di farli arrestare se ne ricorrano le condizioni e di sostenere la sua accusa in sede di processo. Saranno altri magistrati, quelli giudicanti, a confermare o meno la fondatezza degli addebiti e assolvere o condannare gli imputati. Nessuno, né prima del processo né nel primo grado né nell’appello né in Cassazione, ha il compito di smontare e rimontare alcunché. E fino a prova contraria la presunzione di innocenza, per quanto credibili possano essere i dati acquisiti da un pubblico ministero, resta un principio sacrosanto e, fino a quando saremo regolati dalla nostra Costituzione, inviolabile.
Altra questione è il ruolo della politica. Questa non ha bisogno delle inchieste giudiziarie per allontanare chi non è eticamente inattaccabile, ha o dovrebbe avere strumenti per selezionare al meglio i propri rappresentanti. Senza gogne o cacce alle streghe. Allargando i confini della partecipazione e affinando quelli della selezione dei gruppi dirigenti. A quel che si vede nei nostri tormentati tempi questo sembra più un sogno che una possibilità, ma, piaccia o non piaccia, se non si affronta questo nodo e non si cambia radicalmente di conseguenza, rimarremo sempre più prigionieri di un paradosso: più arresti e condanne più corruzione e degrado.