Lettere a Iacchite’: “Che senso ha riaprire se non ci sono mezzi pubblici? E la gente rimane a piedi…”

Sono un’insegnante che abita in un paesino della Presila Cosentina e vorrei sottoporre alla vostra attenzione quanto mi è accaduto l’altro ieri, vicenda di cui sono stata testimone. Ultimamente, come tutti sanno, è iniziata la fase 2. I negozi sono aperti, anche se non tutti, e sono molte le persone che viaggiano con i mezzi pubblici perché hanno ripreso a lavorare.

Purtroppo, le corse che scendono in città a Cosenza sono molto ridotte, praticamente abbiamo una sola corsa alle 8:30 del mattino e un’altra che risale verso il mio paesello alle 13:30. Viaggia un solo autobus piccolo di appena 45 posti che si riducono a meno di 20, perché l’azienda di autoservizi, nel pieno rispetto delle norme degli ultimi decreti del Governo e regionale, ha per forza dovuto effettuare tale riduzione.

Mi domando: che senso ha riaprire negozi ed altro se non si può raggiungere il posto di lavoro per mancanza dei mezzi pubblici che dovrebbero aiutarci a raggiungerlo? Ho assistito a delle scene inqualificabili di autisti costretti a lasciare a piedi lavoratori e lavoratrici, perché non c’era più posto! Io, più fortunata, perché salita sull’unico autobus disposto a portarmi in città (ci andavo per motivi di salute) preso sia all’andata che al ritorno al capolinea, mi sono sentita davvero molto male nel vedere questi lavoratori nel più cupo sconforto, anche perché non ci sono più corse di ritorno. Tra le persone lasciate a piedi, anche una tredicenne, sola sotto il sole cocente e su una strada dove le auto vanno velocissime e dove si può incontrare qualsiasi malintenzionato.

Mi fermo qui, ma di come siamo malmessi a proposito di mezzi pubblici e visto che si rischia pure facilmente di perdere il posto di lavoro, ne vogliamo parlare? Gli imprenditori delle aziende di autoservizi non possono continuare a fare i “prenditori” e lasciare quattro autobus fermi al parcheggio da mesi (che vedo con rabbia dalle mie finestre) e gli autisti a casa, mentre c’è chi deve lavorare o raggiungere la città come me per curarsi. La Regione Calabria e la sua Presidente devono sapere tutto questo e prendere decisioni nel tutelare i diritti dei Calabresi.

Pare, e sottolineo pare, che da domani si aggiunga qualche corsa, ma se non mettono più autobus agli stessi orari, ci sarà sempre il rischio di rimanere a piedi. E poi, se tra un po’ ci si potrà spostare da regione a regione, ai trasporti bisognerà pur pensare seriamente! Al momento, viene negato a chi lavora di raggiungere il posto di lavoro e di ritornare a casa, a me pure il diritto di curarmi come a tanti altri (che senso ha farsi un prelievo sanguigno se giungo in laboratorio di analisi cliniche alle 9:30?!), in compenso abbiamo gli autisti-carabinieri che decidono della tua giornata lasciandoti a piedi. Hanno forse anche intenzione di lasciare a piedi pure me a settembre quando inizieranno le scuole? Adesso che ci siamo neghiamo pure il diritto allo studio, via!

Lettera firmata