La notizia arriva dopo le 5.30 del mattino, al termine del lunghissimo vertice notturno: «Deal!», è il commento che il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel affida a Twitter. L’abbiamo fatto. Ci siamo riusciti — scrive Michel —. L’Europa è solida, è unita. Poco dopo esulta anche il presidente francese Emmanuel Macron, tra i protagonisti della trattativa insieme alla cancelliera tedesca Angela Merkel: «Giornata storica per l’Europa!». Anche per il presidente del Consiglio Giuseppe Conte il piano «è ambizioso e adeguato». E, a stretto giro, esultano anche gli altri leader.
L’intesa
Risolto anche il legame tra fondi e rispetto dello Stato di diritto, dopo che nella notte è stata la volta dei dettagli tecnici, potranno dirsi tutti vincitori, almeno in base all’ultima proposta di Michel. I Paesi nordici definiti «frugali» e i Paesi del Sud difensori della «solidarietà». Perché il Recovery Fund, il pacchetto di aiuti pensato per sostenere i Paesi più duramente colpiti dalla crisi economica scatenata dal Covid, è rimasto del valore complessivo di 750 miliardi come proposto dalla Commissione europea, difeso da Germania e Francia, con il sostegno dell’Italia e degli altri Paesi del Sud e nella notte del terzo giorno di negoziato da 22 Paesi su 27. Per convincere i restanti cinque — Olanda, Austria, Danimarca, Svezia e Finlandia — è stato necessario sbilanciare il rapporto tra trasferimenti e prestiti a favore di questi ultimi, come chiesto con intransigenza dai nordici, che hanno trasformato il Consiglio europeo straordinario convocato per decidere sul Recovery Fund e sul bilancio Ue 2021-2027 in una maratona negoziale di 4 giorni.
I veri vincitori
Potrebbe sembrare che a perdere siano state Francia e Germania che avevano proposto e difeso 500 miliardi di aiuti. Ma forse sono le vere vincitrici, perché hanno imposto all’Unione un salto verso una maggiore integrazione facendo accettare a tutti gli Stati membri, anche i più riottosi, che la Commissione emetta debito comune garantito dal bilancio Ue. Una svolta storica. I trasferimenti scendono da 500 a 390 miliardi e i prestiti salgono da 250 a 360 miliardi. Per salvare gli aiuti già «promessi» agli Stati Ue nella prima proposta (con criteri di allocazione predefiniti), la soluzione adottata dal presidente Michel è stata eliminare alcuni programmi che non avevano già un’assegnazione nazionale certa, come il fondo per la ricapitalizzazione delle imprese europee.
Il compromesso fra Roma e L’Aia
Anche il nodo sulla governance, che ha bloccato il negoziato per giorni e che ha visto Italia e Olanda fronteggiarsi, è un compromesso che assomiglia a una vittoria per Roma e per L’Aia: i piani di ripresa saranno approvati a maggioranza qualificata dall’Ecofin su proposta della Commissione e non all’unanimità come voleva il falco Mark Rutte, ma un singolo Paese potrà chiedere l’intervento del Consiglio per bloccare l’esborso se riterrà che c’è un allontanamento nell’attuazione delle riforme dagli obiettivi prestabiliti (la valutazione sarà fatta dagli sherpa dell’Ecofin). Fonte: Corriere della Sera