A marcare lo stretto rapporto tra il maresciallo Carmine Greco – ex maresciallo dei carabinieri forestali finito in manette su richiesta della Dda di Catanzaro con l’accusa di associazione mafiosa, rivelazione del segreto istruttorio, omissioni d’atti di ufficio e favoreggiamento e condannato in primo grado dal Tribunale di Crotone a 13 anni di reclusione – e il pm cosentino Antonio Bruno Tridico è il Noe (Nucleo operativo ecologico dei carabinieri) di Catanzaro impegnato, all’epoca, nell’indagine che poi sfociò nell’ operazione “Stige”.
Infatti è proprio il Noe, dopo aver intercettato Greco e Tridico al telefono e in altre occasioni, a fornire una corposa relazione ai pm di Salerno. La Dda di Catanzaro, dopo aver appreso dalle indagini del coinvolgimento di due magistrati, Tridico e Facciolla, inviò, per competenza, tutte le relazioni stilate dal Noe che riguardavano i due alla procura di Salerno. Che aprì una inchiesta. All’oggi la procura di Salerno ha chiesto per l’ex procuratore capo di Castrovillari Eugenio Facciolla, l’ex maresciallo Carmine Greco, il poliziotto Vito Tignanelli, il carabiniere Alessandro Nota, e la signora Marisa Aquino, il rinvio a giudizio per reati che vanno dalla corruzione al falso. dagli atti inviati emerge senza ombra di dubbio la grande amicizia tra il pm e il maresciallo.
Dalle “carte” che la Dda di Catanzaro fa arrivare ad un sito di informazione – con la speranza di chiarire ed evidenziare che tutto è stato trasmesso ai pm di Salerno e se qualcuno ha imboscato qualche situazione, non è colpa sua – si evince chiaramente che il rapporto tra il pm Tridico e l’allora pedinato maresciallo Greco va al di là della “semplice” amicizia. L’interesse che accomuna i due, emerso durante le intercettazioni, così come scrive il Noe, è la condivisa preoccupazione di possibili sviluppi investigativi su una serie di inchieste condotte dalla Dda di Catanzaro. Strano per due uomini di Legge.
In una intercettazione, Tridico e Greco, parlano, non professionalmente, dell’appena avvenuto blitz denominato Stige – operazione che a gennaio del 2018 ha portato all’arresto di oltre 170 persone, stroncando la cosca Farao-Marincola di Cirò Marina che, oltre ad allungare i suoi tentacoli in Germania e sul Crotonese, aveva in mano l’affare dei boschi sul Cosentino – dove, dal “tenore” della discussione, risulta evidente la preoccupazione dei due su eventuali sviluppi investigativi dell’operazione, cosa che poi avverrà proprio con l’arresto di Greco. E allora una prima domanda sorge spontanea: perché Tridico è preoccupato, al pari di Greco finito in manette, dell’apertura di un eventuale altro filone di inchiesta in continuità con l’operazione Stige?
Ma c’è di più. Nelle carte arrivate alla redazione del giornale on line, il racconto va oltre le telefonate, e tra i tanti omissis, spunta un viaggio a Roma di Greco insieme a Tridico.
Greco deve incontrare i suoi superiori al Comando Raggruppamento Carabinieri Parchi, l’argomento è un suo eventuale coinvolgimento in una inchiesta della Dda di Catanzaro, “annunciata” dalla stampa, e per questo, Greco, aveva chiesto aiuto a Tridico per “stilare” una querela contro il giornalista autore dell’articolo sul Quotidiano del Sud, così come risulta dalle intercettazioni. Tridico decide di accompagnare Greco in questo viaggio. Una volta a Roma Greco telefona al generale Donato Monaco (cosentino), annunciando il suo arrivo a Roma in compagnia di un amico. Il generale, dopo una breve conversazione telefonica con Greco da cui traspare la “confidenza” tra i due, invia un’auto di servizio a prelevare Greco e Tridico in attesa alla stazione Termini.
Cosa si saranno detti il generale, l’ex maresciallo e il pm, nell’uffico romano? Purtroppo non è dato sapere, la conversazione è omissata. Ma si può facilmente supporre: i tre discutono del casino giudiziario che sta per arrivare nei confronti proprio del Greco finito sotto la lente di Gratteri, ma anche di cosa possono fare per “ridurre il danno”. Si parla anche dei guai di Tridico, che ha accompagnato Greco a Roma proprio per avere la possibilità di parlare con il generale. Tridico, nel mentre, ha saputo di essere stato intercettato in conversazioni piccanti con Greco, e che gli atti che lo riguardano sono finiti a Salerno. Ed è lì che bisogna intervenire, si dicono i tre. Per Greco non c’è niente da fare, Gratteri non molla.
Da quello che possiamo comprendere dalla pubblicazione di queste intercettazioni tra Tridico e Greco, è che la Dda di Catanzaro ci tiene a precisare che le “carte” di Tridico sono state inviate a Salerno. Omissis compresi. E che la procura di Salerno, nonostante l’evidente intromissione di Tridico in una faccenda mafiosa con un ruolo che non si capisce bene qual è (retorico), non ha inteso muovere un dito contro il pm cosentino. Questi sono dati oggettivi.
Ora alla luce di questo spaccato le domande che vorremmo porre alla procura di Salerno sono le seguenti.
Perché Tridico si affanna a difendere Greco? Che fa, l’avvocato o il pm? Perché Tridico sente l’esigenza di accompagnare Greco a Roma a colloquio con il generale? Perché Tridico si intromette, dopo le telefonate preoccupate di Greco, in una faccenda mafiosa, sapendo dell’attenzione di Gratteri sul maresciallo? Perché rischia, esponendosi in prima persona, così tanto? Qual è il ruolo assunto da Tridico nell’affaire Greco, e qual è il vero collante tra i due?
Sappiamo bene che quando si tratta di magistrati della procura di Cosenza scatta “l’immunità divina” che sovrasta anche l’onestà dei pm di Salerno che mai oseranno rispondere alle nostre più che legittime e logiche domande, ma si sa: la speranza è sempre l’ultima a morire, e a noi ci piace sperare in uno scatto d’orgoglio della magistratura sana, anche se è vero che: chi di speranza vive disperato muore. Che è la fine che molto probabilmente faranno tutti quelli che, come noi, credono ancora in una Giustizia equa è uguale per tutti.