Il garantismo peloso di certi compagni/e

Garantismo non vuol dire impunità. O meglio, non vuol dire che con la scusa del garantismo garantiamo ai potenti ogni volta di farla franca. Già, perché pare che tale costituzionale principio valga solo per alcuni “cittadini”, e non per tutti così come dovrebbe essere. In uno stato di Diritto, dove tutto funziona bene, il garantismo altro non è che la possibilità concreta che si deve a qualunque imputato di difendersi, da chi lo accusa, in un legittimo e pari contraddittorio davanti un giudice realmente terzo. Di fronte al giudice ogni appartenenza sociale è azzerata, non conta chi sei ma cosa hai fatto: se hai violato la legge o no. Quello che conta nelle aule dei tribunali è arrivare alla verità, quella giudiziaria, si capisce. Per questo in ogni aula di tribunale c’è scritto: “la Legge è uguale per tutti”.

Ma come tutti sanno in Italia non è così, specialmente alle nostre latitudini, in Calabria esistono tante giustizie, una per ogni classe sociale, come nel medioevo. Nessun povero potrà mai aspirare a vincere una causa contro un potente, perché il nostro sistema giudiziario favorisce solo chi può permettersi avvocati costosi e bustarelle varie. Così come a finire in galera saranno solo e sempre i “ladri di polli” e chi dà fastidio al lato oscuro del potere. Per i ricchi e i potenti la Legge prevede sempre una scappatoia. Una vera e propria via di fuga che attraversa tutto il repertorio legato al principio del garantismo. Un “principio” che schiere di pseudo intellettuali a pagamento, finti libertari a tanto al chilo, radical chic di ogni ordine e grado, invocano solo quando a finire nella rete della giustizia è qualche pezzotto.

Ad unirsi al coro dei garantisti pelosi, come spesso avviene, i cosiddetti compagni, che sul fronte della difesa delle libertà civili sono sempre in trincea. E non mi riferisco ai “compagni del Pd” o di area socialista, o riformista, ma ai duri e puri dei tanti “movimenti” antagonisti presenti in Italia. Quelli che inseguono l’utopia di “una società senza galere”, gli stessi che si schierano sempre con gli ultimi, con i vessati e i traditi dalla giustizia. Per un vero comunista il garantismo è un dogma che va praticato sempre, comunque e ovunque. Ed è per questo che diversi compagni in questi giorni sono impegnati in una vera e propria battaglia di civiltà per fermare l’avanzata di una cultura manettara e giustizialista che nella nostra città sta prendendo sempre più piede.

Ad ispirare i loro colti postulati sull’etimologia giuridica e sociale del termine garantismo, la loro appartenenza familiare alla borghesia illuminata di questa città. Quelli che hanno letto “ciomsky”, “beccaccia”, “volterre”, “calamantrone” ed hanno capito quanto importante è l’uguaglianza tra gli uomini, a cominciare dalle aule dei tribunali, simbolo di civiltà e democrazia. Discendenti di gloriose famiglie che devono la loro agiatezza proprio all’adesione, in un modo o nell’altro, al sistema degli amici degli amici. Una costante dalle nostre parti: non esiste ricchezza senza la commistione con certi poteri politici. Non diventi dirigente, professore, medico, avvocato di successo se non hai dietro una famiglia che sa come muovere le carte giuste. Come nel medioevo: il figlio del notaio farà il notaio. Un motivo in più, per i compagni/e di provenienza borghese, per affermare il sacrosanto diritto alla difesa, violato da manettari e giustizialisti, di qualche loro confratello borghese finito in disgrazia. Le origine e le radici non si rinnegano mai. Nonostante la fede comunista il tengo famiglia vale sempre.

La battaglia messa in campo da questi compagni/e che mettono al servizio del proletario ignorante il loro sapere, è commovente. I paroloni a conforto dell’innocente fino a prova contraria messo alla berlina da chi vuole manette per tutti, si sprecano. Cosi come si sprecano i paroloni contro i giustizialisti. I moderni “torchemada” non passeranno, è questa la parola d’ordine. Bisogna difendere lo stato di diritto e garantire al vilipeso avvocato Manna un giusto processo in una aula di tribunale e non in una pubblica piazza.

L’innocenza dell’avvocato Manna è intrinseca alla storia umana e professionale del personaggio. E non può essere messa in discussione neanche dalle foto pubblicate da alcuni giornali giustizialisti, anche se rappresentano palesemente un atto equivoco. La valanga di accuse impropriamente lanciate al suo indirizzo sono il segno evidente dell’imbarbarimento della nostra civiltà giuridica. Ecco perché l’avvocato Manna è stato “scelto” da questi compagni come “testimonial” della doverosa campagna politica contro una giustizia sommaria sempre più caldeggiata da certa opinione pubblica.

Li capisco. È giusto lottare per ciò in cui si crede. È giusto garantire a Manna tutto il garantismo possibile. E poco importa se qualcuno grida al garantismo peloso, difenderne uno, per salvarne cento, in questo sta l’essenza della loro battaglia.

Una cosa però va detta, dopo Manna, ci aspettiamo anche la difesa del povero compà Pinuzzu Gentile, più volte finito sui giornali perché chiamato in correità da diversi pentiti che lo accusano di appartenere ad una Loggia massonica segreta, e se è vero che siete garantisti sinceri, allora questa è l’occasione buona per dimostrare che il garantismo è uguale per tutti. Anche per compà Pinuzzu.

GdD