di Danilo Colacino
Tanti i retroscena dietro alla corsa per la presidenza della Regione, soprattutto a Catanzaro. Ma non solo, come ovvio. La prematura e dolorosa morte di Jole Santelli ha infatti riaperto i giochi che però in realtà forse mai si erano chiusi. Neppure con il successo inequivocabile della povera ormai ex prima governatrice donna della storia calabrese.
I delusi dai mancati “dividendi alla Regione”, pronti a riprovarci
In cima ai Tre Colli, Mimmo Tallini a parte, tutti i ballerini di prima fila sono rimasti a piedi anche se con accanto un bel cavallo, oltretutto sellato. Ed è in primis il caso di Sergio Abramo, rimasto plurisindaco e presidente della Provincia (pur delusissimo dalla mancata investitura per arrivare al vertice della Cittadella); di Wanda Ferro – la quale anche da deputato in carica un pensierino a riscattarsi dalla netta sconfitta del 2015, malgrado parecchie attenuanti lo aveva fatto eccome, peraltro sulla falsariga del Sergìun battuto da Agazio Loiero esattamente 10 anni prima e senza inoltre gli alibi della collega meloniana – nonché infine di Baldo Esposito, che dall’alto delle sue 10mila preferenze ottenute alla tornata per Palazzo Campanella del gennaio scorso (come non bastasse da membro uscente della medesima assise) si è dovuto accontentare ancora una volta della guida di una Commissione sebbene di…peso.
Il Sergìun qualche giorno fa “quasi presidente” vicino a fare all in
Adesso quel che è stato un anno fa conta poco. Perché, passata la commozione (per molti di facciata e di grande opportunismo) per la dipartita della sfortunata Jole, è ripresa la competizione feroce e connotata da un paio di mosse furbe che mirano a fare la differenza. Ispiratore Abramo, che un rumors – lo ribadisco pure nell’occasione – dava pronto a entrare in Giunta al posto di Nino Spirlì per surrogare pro tempore una Santelli in procinto di sottoporsi a nuove cure per qualche tempo in cui avrebbe quindi dovuto obtorto collo staccarsi un po’ dal gravoso impegno della governance. Scenario naturalmente frustrato dalla prematura scomparsa di quest’ultima. Il Sergìun, però, non è certo il tipo che si dà per vinto, anche perché per lui la posta in gioco è molto più alta rispetto ad esempio a quella di Ferro ed Esposito i quali comunque si devono…guardare la mano come si dice nel gergo dei giocatori di carte.
Le abili mosse di Abramo per iniziare a scalare i piani della Cittadella all’ammucciuni (di nascosto)
Quando uno viene eletto enne volte primo cittadino, poi addirittura anche presidente della Provincia, sembra brutto dire a tutti “Arrivederci e grazie, vado altrove”, soprattutto se disponi della maggioranza (pardon del consesso) più blindata d’Italia, eccetto l’opposizione del tuo omonimo Costanzo e di pochissimi altri. Ed allora serve un pretesto come l’attentato di Sarajevo del 1914 per andare via, sempre al momento giusto come ovvio e mai prima. “Scusa” che potrebbe ad esempio venire da una frattura insanabile venutasi a determinare nell’egemone centrodestra in Comune in virtù di una clamorosa quanto inattesa rottura con il fedelissimo Filippo Mancuso (divenuto nove mesi fa consigliere regionale e poi, per conseguenza, segretario questore dell’assemblea proprio grazie al Sergìun) dovuta (udite udite!) al mancato avvio in discussione – alla precedente civica assise – della petizione indirizzata con a oggetto “l’annessione al patrimonio comunale dell’area adiacente alla via Montecorvino in prossimità della piazzetta prospiciente la chiesetta…”. Roba da non crederci, simile al famoso giochino delle tre carte che si faceva per infinocchiare gli allocchi nelle stazioni ferroviarie decenni orsono, “l’asso vince, il cavallo perde, dov’è l’asso?”.
Il fattore Polimeni, Lino e Marco, nella strategia abramiana
Come più volte premesso Abramo mi ricorda (e qui lo scrivo con simpatia) quei curiosi Babbi Natale di pezza muniti di scaletta che da qualche anno molti usano appendere alle finestre appunto durante il periodo natalizio. Immagine che, pur in senso figurato, mi fa pensare all’atletico Sergio attrezzato con ramponi, corde e ganci, sulle pareti della Cittadella mentre si arrampica alla volta dell’agognato decimo piano dell’edificio in cui ha sede l’ufficio del governatore.
Una salita difficile, malgrado formidabili appoggi e i favori del pronostico, che per non lasciare alcunché al caso deve partire anche dalla neutralizzazione di un potenziale pericoloso avversario come Carlo Tansi e il suo movimento Tesoro di Calabria. Il quale non mi risulta affatto abbia candidato Lino Polimeni, che io lo ripeto stimo ma a cui non posso non addebitare (si fa per dire nella fattispecie) di avere un figlio rappresentante (in senso tecnico) della casta catanzarese e per di più con il chiodo fisso di succedere proprio ad Abramo.
Poiché però credo nella buona fede e nel coraggio di Lino, persona perbene, che ha peraltro parlato in un video social di mancanza della cultura del sorriso e dell’accoglienza per definire il mio collega giornalista Bruno Palermo inadatto a fare il capo ufficio stampa comunale o l’assessore a Crotone, lo sfido affettuosamente – tra l’altro certo di ricevere quei sorrisi di cui è improvvisamente diventato fautore – a prendere posizione su Palazzo De Nobili. Si rechi allora nel Municipio di Via Eroi, se accetta la sfida, al pari di quanto fatto nella città di Pitagora per urlare il nome del prossimo sindaco, fosse anche quello del figlio se in piena libertà di giudizio reputa l’operato dell’attuale maggioranza positivo.
Tanto una cosa – grazie a Dio – è strasicura: non subirà la “spaventosa aggressione” di Crotone per cui tutti abbiamo temuto. Ma c’è di più: da vero malizioso senza cultura dell’accoglienza quale sono, arrivo persino a ipotizzare come una sua candidatura in contrasto a quella – ancora ipotetica, sia chiaro – di Tansi non farebbe altro che spaccare il fronte del rinnovamento a tutto vantaggio, ma guarda tu alle volte la combinazione, di Abramo, un po’ sulla falsariga dell’operazione renziana in Puglia (miseramente fallita) contro Michele Emiliano condotta per tramite di Ivan Scalfarotto.
Ma Tallini?
I destini della Regione ma in particolare le sorti del Comune del capoluogo passano per Mimmo l’highlander che i ben informati danno non ricandidato al consiglio regionale (di cui è presidente) e desideroso di sostenere il vice del Sergìun in Provincia Antonio Montuoro, anche se tali spifferi non tengono conto di come Tallini da coordinatore provinciale del partito azzurro non possa almeno sulla carta parteggiare per alcuno dei componenti delle liste composte da lui stesso insieme ad altri dirigenti forzisti. Al di la di ciò, un Mimmo Tallini con un governatore “straniero” può ambire alla carica di suo vice e assessore esterno nell’Esecutivo mentre se il presidente dovesse essere il catanzarese Abramo, o qualunque altra/o concittadina/o, solo alla seconda delle due ambite cariche. Fatto sta che, in un modo o nell’altro, lo dovranno accontentare altrimenti il centrodestra pagherà pegno. E salato pure sia in Regione che in Comune.
Post scriptum
Poiché faccio informazione vera sulla mia pelle e con le scarse risorse di cui dispongo, a breve pubblicherò un articolo su certi interessi in città anche per capire la differenza tra soap opera e affari. Ma basterà guardare le candidature di certi compagni (mi scusino i Comunisti duri e puri come mio nonno, pure dal Creatore) forse un po’ confusi sulla parte da cui…sorge il sole. Sentite s me, quindi, cari lettori: diffidate dalle pallide imitazioni!