Catanzaro e la massomafia: tutti gli “incappucciati” (svegli e in sonno) del consiglio comunale

Ci sarebbe ancora tanto da scrivere su questa love story degli amanti diabolici (Sergio Abramo detto Sergiun e Mimmo Tallini l’impresentabile) che rappresentano plasticamente il sistema Catanzaro, ma c’è il rischio che il lettore comune e il cittadino possano restare ulteriormente turbati da tutto il marcio che riportano i documenti in nostro possesso.

Noi questo non lo vogliamo. Non vogliamo calpestare ancora quel briciolo di fiducia che resiste nei cittadini onesti, rischieremmo di fare il “gioco” degli amanti fedigrafi Abramo e Tallini (appunto) e dei loro ruffiani Antonio Corsi detto Jonny, Alessio Sculco, Ivan Cardamone, Andrea Amendola, Francesco Galante e le maitresse (ovvero le ditte amiche) Roberto Guzzo, Massimiliano Scarfone, Rinaldo Costantino, Giuseppe Brugellis e Fabio Andreacchio. Crediamo di avere onorato il nostro dovere di stampa libera, abbiamo tentato di far conoscere cosa è veramente la città di Catanzaro ed in concreto la Calabria tutta.

Catanzaro – lo ribadiamo – è una città di massomafia e malaffare. E’ una comunità tradita dalla politica, che è riuscita a sporcare la sua immagine e la corona imperiale concessale da Carlo V, che la definì “Magnifica et Fidelissima”. Altri tempi, altra storia, altri uomini con valori autentici. Oggi, quello che è emerso dal fiume maleodorante di documenti in nostro possesso, consegna ai catanzaresi l’immagine di una città ripugnante e venduta, il contrario della sua tradizione, riconosciuta dalla storia.

Il procuratore Gratteri, nel sollecitare l’impegno civico dei cittadini attraverso la denuncia, ha tracciato un sistema definito massomafia, quello che a Catanzaro, come abbiamo visto e letto, è l’architrave del sistema Catanzaro, che si regge su una complicità fra politica e lavori pubblici, favorendo le ditte amiche, così come succede in molti altri centri della Calabria.

Questo sistema appare ben noto non solo alle cronache, che noi abbiamo tentato di risvegliare, quanto anche alla conoscenza della procura della Repubblica cittadina, dove i fatti sono ormai cristallizzati e, la città aspetta da troppo tempo una risposta, un sussulto di legalità, giusto per dare corpo alle sollecitazioni del dottore Gratteri.

Questa complicità si avvale del contributo di un esercito di mercenari, i consiglieri comunali che trafficano con le ditte amiche in una triangolazione, quasi perfetta, con il sottobosco della burocrazia cittadina, dove tanti colletti bianchi hanno venduto la loro anima e, aggiungiamo noi, la trasparenza di un’amministrazione pubblica, per il classico piatto di lenticchie.

Se questo è un ingrediente autentico della massomafia, ora bisogna capire come e quanto la massoneria, deviata o meno, influisce sulle scelte dell’amministrazione comunale, piegando ad un volere riconosciuto tutte le azioni compiute.

Catanzaro è una città assolutamente massonica. Troppe sono le logge presenti in città, quelle storiche di rito scozzese e tante altre, piccole, composte in modo “fai da te” distribuite sul territorio comunale da nord a sud. Qui si incontrano spezzoni della politica locale, appartenenti alle forze dell’ordine, qualche funzionario del locale Tribunale, avvocati, primari ospedalieri ed universitari e rappresentanti dell’imprenditoria locale con sponsorizzazione delle ‘ndrine.

Massomafia? Dobbiamo dire di sì, se riconosciamo il teorema del dottore Gratteri, dove il limite fra massoneria e massoneria deviata è troppo labile. Perché dalla lettura dei documenti emerge che molti Maestri Venerabili sono in affari con: esponenti della politica, uomini della ‘ndrangheta e colletti bianchi del Tribunale.

All’Oriente del  consiglio comunale e nella Giunta comunale di Catanzaro, siedono, per servire due padroni, tutte le consorterie della massoneria,  che si è mangiata la città ed il suo futuro. Siedono consiglieri ed assessori omologhi-praticanti dell’Opus Dei, delle Logge del Grande Oriente D’Italia, delle Logge di Antico Rito Scozzese. Ci risulta infatti che sono massoni il sindaco Sergio Abramo (in sonno, come ormai è diventato di moda tra quelli “sgamati”) e gli assessori: Alessio Sculco, Danilo Russo, Domenico Cavallaro; i consiglieri comunali  Enrico Consolante, Fabio Talarico, Filippo Mancuso, Vincenzo Ciconte, Vincenzo De Sarro, oltre a qualche altro consigliere comunale che si è momentaneamente defilato. A corroborare questo nostro riscontro vi è l’inchiesta su appalti e massoneria che ha coinvolto i consiglieri comunali Antonio Corsi detto Jonny, Roberto Guerriero e Sergio Costanzo.

E’ del 6 gennaio 2013 l’articolo del Corriere della Calabria con il titolo: “LOGGE E APPALTI. Corruzione, indagati tre candidati al Consiglio di Catanzaro. Imprenditori e politici nascosti dietro grembiuli e cappucci, seduti allo stesso tavolo per decidere il futuro e la spartizione degli appalti pubblici. E’ l’ultimo terremoto giudiziario che sta per abbattersi sul capoluogo catanzarese…”

Si parla di fatti avvenuti a Catanzaro nel 2011. Le ipotesi di reato contestate sono gli articoli 319 e il 321. Il primo è la corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e sanziona il “pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, o ne accetta la promessa”. Il secondo invece si applica a chi “dà o promette al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio il denaro o altra utilità”.

Ci domandiamo: che fine ha fatto questa inchiesta? Il meccanismo che regge il sistema Catanzaro è sempre lo stesso, già conosciuto dalla procura cittadina dal 2011, quello che sembra immodificato negli anni, che riemerge dai documenti di cui abbiano fino ad oggi trattato. Come può la magistratura catanzarese restituire fiducia ai cittadini, ai quali chiede un surplus di collaborazione, quando alcuni fascicoli sembrano perdersi nelle nebbie del palazzo di Giustizia? Forse perché all’epoca del fatti, il 2011/2013 la procura cittadina era più permeabile alle esigenze della massoneria, o massomafia come la definisce il dottore Gratteri? Le domande restano, per le risposte vedremo…

Catanzaro è a pieno titolo una città ad alta densità massonica, come Vibo e come Cosenza tanto per intenderci e questa non è un ipotesi, ma una certezza documentale. Si imporrebbe da subito, a beneficio dell’opinione pubblica, la dichiarazione obbligatoria di ogni eletto, se faccia parte di una loggia massonica da rendere all’assise di cui fa parte. Questo non significa perseguitare l’istituzione della massoneria, ma soltanto sgombrare il campo da possibili ombre o interferenze.

Abbiamo già detto che il “grembiule” se la gioca con il “gonfalone” della città di Catanzaro ed anche questo è un dato consolidato. Su questa dicotomia che è l’essenza del sistema Catanzaro, c’è un cerimoniale da rispettare. Quello che per la massoneria è grembiule, compasso, squadretta e cappuccio; mentre dall’altra parte c’è il kit azzurro di Forza Italia che veste in doppiopetto, cravatta e spilla d’ordinanza. Il cerimoniale è salvo, ma la legalità no! Catanzaro resta la città del “ma viu eu!” e soprattutto del “tutt’apposto?”, o del “passa e trovami” della lontana memoria di “Pane e Politica”.  Sfidiamo chiunque a dire che non è così… Ah, volete sapere se ci saranno ancora altre puntate? E chi lo sa… Coi tempi che corrono non si può prevedere neanche cosa succederà domani mattina. Intelligenti pauca.