Covid Cosenza. Asp nel caos, dati “truccati” e straordinari d’oro: 427mila euro (!) per la “cricca” di Mario Marino. Nomi e dettagli

Simonetta Cinzia Bettelini, attuale commissaria dell’Asp di Cosenza, è partita giovedì scorso alla volta del Veneto: ha previsto un “ponte festivo” molto lungo nonostante in questi giorni gli uffici di via Alimena siano sempre più simili ad una polveriera. Si dice che per lei sia pronto il “benservito” ma con la politica di questi tempi non c’è nulla di certo. Di contro, tuttavia, ci sono molte certezze sulla completa inefficienza del sistema di lotta al contagio da parte dell’Asp cosentina. A partire dal caos totale per la gestione dei tamponi e soprattutto per quella dei dati dei contagi, con un tracciamento che ormai è completamente saltato. E con una penosa appendice per la vergognosa vicenda degli “straordinari d’oro” alla modica tariffa di 60 euro (!) ogni 60 minuti. 

Al ritmo di pochissimi casi al giorno, quest’estate, quando mezza Italia era al mare e l’altra metà riassaporava l’ebbrezza di spostarsi in bici nelle città vuote, tutto filava liscio sul fronte del tracciamento dell’epidemia: niente casi in ospedale, pochissimi asintomatici. Facile trovare il Covid, allora, e facile bloccare i suoi tentacoli: dieci per caso, come stimano gli esperti. Significa che la macchina del contact tracing (contatto diretto) messa in moto da un singolo nuovo positivo finisce, mediamente, per raccogliere almeno dieci potenziali “contatti” contagiati. Su cui poi interviene l’altra macchina, quella dei tamponi, pronta a sentenziare quarantene o liberazioni.

Eccola qui, l’impalcatura che è stata travolta dalla seconda ondata dell’epidemia molto prima dei reparti di Terapia intensiva o dei Pronto soccorso negli ospedali. Un costrutto già di per sé fragile, va detto: quei ritmi blandi non hanno spinto il Paese e meno che meno la Calabria (dove la buonanima della Santelli invitava la gente a venire da noi ché il rischio era solo quello di ingrassare…) ad attrezzarsi di centri e laboratori pubblici specializzati che processassero più tamponi.

I dati li hanno ricordati al governo gli infettivologi, riuniti a convegno nei giorni scorsi. Certificando l’errore di non aver coinvolto i medici di base nella procedura delle diagnosi attraverso i test rapidi: a tutt’oggi, nonostante la loro disponibilità, questi ultimi non hanno il permesso di fare diagnosi. Pensare che con la prima fiammata di fine agosto – quando dai 300 casi siamo passati ai 1.300 per intendersi – quella macchina ha persino dimostrato di potersi superare: il numero di tamponi quotidiani è andato via via crescendo, fino a raddoppiare e addirittura triplicare le performance della scorsa primavera. Ma era già tardi, e le code ai drive-in evocate persino dal premier Conte sono state un campanello d’allarme tardivo: di dieci contatti in dieci contatti, con le città che hanno ripreso a pieni ritmi produttività e persino scuola, coi mezzi pubblici e i supermercati e persino i ristoranti stracolmi, il bandolo della matassa s’è perso in fretta. E il virus è tornato a fare il virus. E se il sistema di tracciamento salta è chiaro che non c’è più contenimento della pandemia. Cosenza, naturalmente, non solo non fa eccezione rispetto al resto d’Italia ma è avanti anni luce rispetto alle retribuzioni a fronte di un impegno praticamente nullo da parte di chi è stato messo a capo della “lotta” al virus. 

Strettamente legata alla questione del tracciamento, poi, è quella della diffusione dei dati sui contagi, che, senza tracciamento, è completamente incontrollabile. Ma ci arriveremo gradualmente e anche in questo caso Cosenza, come al solito, brilla per “truffaldineria”.

Un vecchio adagio ci dice che il pesce puzza dalla testa. E se le responsabilità principali sono in capo alla commissaria che viene dal Nord, non c’è dubbio che subito sotto di lei c’è la fantasmagorica task force anti Covid capeggiata da Mario Marino. Ma chi è Mario Marino e come si corona la sua irresistibile ascesa all’Asp? Di sicuro è un “pezzo grosso” della massoneria, che all’interno dell’Asp di Cosenza – come disse addirittura un vecchio arnese del “sistema” ovvero Rosy Bindi ai tempi della sua presidenza all’Antimafia -, regna sovrana. Muove i primi passi da medico legale, quando ancora c’era la Democrazia Cristiana, ed è sindacalista della Cisl insieme a Fra’ Remigio Magnelli. Da direttore del Servizio Ispettivo di Medicina del Lavoro si dice che andava in giro sui cantieri “suggerendo” alle stesse ditte oggetto delle ispezioni le remunerative attività di consulenza di amici e parenti.

Guccione

Ma spicca il volo quando si lega a Carletto Guccione alias il maialetto. E’ l’ex braccio destro di Nicola Adamo che lo lancia nei posti che contano. Prima l’Igiene Pubblica, poi addirittura la direzione del Dipartimento di Prevenzione, quello che sta sopra a tutte le Unità Operative, e poi quando si cerca un colletto bianco per dirigere la task force anti Covid, è quasi naturale che tocchi a lui, come naturale conseguenza della sua nomina alla Prevenzione. Con il placet del “compagno” Giuseppe Zuccatelli, che per qualche mese in piena pandemia è stato anche commissario all’Asp cosentina. Poi è davvero singolare che il consigliere regionale Guccione ciarli di irregolarità e di debiti all’Asp di Cosenza, persino sui media nazionali, quando invece è il primo sponsor e il padrino politico di soggetti che non hanno nessun rispetto per la funzione della sanità. Ma non è certo una novità la politica clientelare e impresentabile del maialetto di cui sopra.

Mario Marino

Il primo pensiero del capo della task force anti Covid è quello di crearsi una “squadra” di elementi fidati. Gli incarichi Marino li ha dati sempre con il manuale Cencelli, da buon ex democristiano della Cisl. Il suo braccio destro è un tale che si chiama Sisto Milito, al quale affida la direzione delle Usca (Unità Speciali di Continuità Assistenziale), quelle che devono “scovare” gli asintomatici e tracciare i contatti. Milito sovrintende a tutta l’organizzazione di queste unità e all’Asp giurano che non l’hanno mai visto prima: dicono che provenga dall’Annunziata, dove faceva l’oncologo. Anche la sua scalata lascia parecchie perplessità e da qualche giorno ormai, oltre a rilasciare interviste tragicomiche, è in pianta stabile – con tanto di compagna – in Direzione Generale, accanto alla Bettelini, quasi a simboleggiare il suo “potere”.

L’altro incarico di prestigio, quello di direttore della Centrale Operativa Territoriale, lo affida invece a Vincenzo Gaudio mentre nel settore amministrativo la “favorita” è una certa Valentina Battendieri, sindacalista dell’Ugl.

La sua “scommessa” invece è un certo Antonino Scavelli. E’ un semplice medico dello sport, eppure Marino lo ha nominato vice direttore del Dipartimento di Prevenzione: deve avere qualche qualità “nascosta”, altrimenti non si spiega… E poi c’è Amalia De Luca, epidemiologa Asp ed in quanto tale assegnata al Servizio di Epidemiologia fin da quando a dirigerlo c’era Franco Sconza (fratello di Lucio, vecchia eminenza grigia della sanità massomafiosa cosentina). La De Luca fa anche parte della task force regionale anti Covid con quel “galantuomo” di Antonio Belcastro, l’uomo che ha fatto un “buco” di 100 milioni alla Fondazione Campanella di Catanzaro e che faceva ricerca con i “topini”. Un nome, una garanzia… Wilmerio Gigli è il cavalier servente della dottoressa De Luca e anche lui viene cooptato nella “squadra” che piano piano diventa “cricca” e dove naturalmente c’è anche Antonio Scalzo, per gli amici Antonello, altro “pezzo da 90” del sistema massonico dell’Asp, direttore sanitario per tantissimi anni e adesso direttore della Medicina Legale al posto di Arcangelo Fonti.

Piazzati i soggetti giusti al posto giusto, Mario Marino inizia la sua seconda “missione” ovvero quella di rastrellare più soldi possibile per se e per i suoi amici. Proprio a marzo, in pieno caos pandemico, all’Asp ricordano perfettamente che ci fu una mezza rivolta capeggiata proprio da Marino contro il direttore amministrativo lasciato da Zuccatelli, tale Grippa, che non voleva pagare gli “straordinari” che chiedeva il capo della task force con la pazzesca tariffa di 60 euro ad ora. Era lui il direttore pro tempore dell’Asp dopo le dimissioni di Zuccatelli e Marino minacciò di bloccare tutto il personale. Nei corridoi di via Alimena, da sempre fonte primaria per chi cerca di fare giornalismo e di scoprire le nefandezze dei politici e dei loro colletti bianchi, già da allora giravano voci incontrollate sull’entità di quegli importi, che si dice fossero molto superiori a quelli messi in pagamento da giugno a ottobre che pubblichiamo oggi con tanto di nomi e cognomi.
A marzo Grippa si era opposto per quegli importi e per quella tariffa pazzesca di 60 euro ad ora. Non voleva dare quelle cifre pazzesche, ma alla fine Marino ebbe la meglio perché minacciò un vero e proprio ammutinamento del personale in servizio. L’unica cosa che Grippa riuscì ad ottenere fu che ognuno dovesse fare una specie di autocertificazione per gli importi che prendeva. Le tabelle relative a marzo, aprile e maggio sono sparite ma in compenso sono spuntate quelle dei mesi successivi. Sulle quali torneremo tra poco perché prima c’è da spiegare la farsa della diffusione dei dati sui contagi, ai quali ormai non crede più nessuno. 

L’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza pubblica i dati Covid per singolo Comune, poi rende il relativo link inattivo, dopo ripubblica i dati ma non tutti, quindi ci ripensa e li fornisce aggregati, per tenerli infine per se, senza renderli accessibili. Pare un giochino. E sarebbe divertente – affermava qualche giorno fa il giornalista Emiliano Morrone – se si trattasse della quantificazione delle cornacchie della Sila Grande e non di numeri che riguardano la vita delle persone, cui sono richiesti sacrifici, pazienza e sopportazione, anche per i guadagni perduti. Morrone ha scritto al commissario Longo e al procuratore Gratteri, mentre il deputato del M5s Francesco Sapia ha rivolto una interrogazione al ministro Speranza perché questo balletto è intollerabile. Se dipende da difficoltà organizzative, si risolvano immediatamente. Se è causato da altro, deve emergere. Perché abbiamo il diritto di sapere. Si chiama “trasparenza”. In assenza della quale, specie se prolungata, diventano più che legittimi i cattivi pensieri.

E siccome parliamo di trasparenza e di cattivi pensieri, ecco che qualche giorno fa sono uscite fuori le tabelle degli straordinari d’oro da giugno a ottobre per Mario Marino e la sua “cricca”. Abbiamo evitato per qualche giorno di pubblicare nomi e cognomi ma non abbiamo potuto fare a meno di scrivere che per i mesi di giugno, luglio e agosto (quando l’ospedale era vuoto e c’era un solo paziente in assistenza domiciliare!) il dottore Mario Marino ha chiesto 219mila euro. In attesa che qualcuno bloccasse l’iter di pagamento. Il problema è che questo “qualcuno” si chiama Remigio Magnelli, direttore del Personale, altro colletto bianco al servizio di tutta la malapolitica, che proprio in questi giorni è stato promosso dalla commissaria che viene dal Nord a direttore degli Affari Generali e addirittura a capo dipartimento amministrativo. In estrema sintesi, il leggendario Fra’ Remigio oggi è controllore e controllato… E non ha nessuna intenzione di bloccare i pagamenti a Marino e alla sua “cricca”, di concerto con la Bettelini che se n’è tornata a casa sua in attesa degli eventi. 

Come promesso, allora, noi sputtaniamo oggi quello che possiamo sputtanare ovvero i nomi e i cognomi di questi “campioni” e anche la tabella già preparata per i mesi di settembre e ottobre, altri 208mila euro della Madonna, che aggiunti ai 219mila euro di giugno, luglio e agosto fanno 427mila euro. Una cifra assurda, che però potrebbe essere addirittura inferiore a quella che si sono liquidati Marino e compari da marzo a maggio, che però ancora non esce fuori. E che ci impegniamo ancora una volta a cercare fino a renderla pubblica.

I numeri non tradiscono mai. Guardate le caselle delle ore di “straordinario”: il re dell’estate è Sisto Milito, che riesce nell’impresa di totalizzare 218 (!!!) ore lavorative in più e di mettersi in tasca qualcosa come 13mila 600 euro. Lo seguono a ruota il direttore della Centrale Operativa Gaudio e la signora Zingone, con 216 e 210 per importi complessivi di circa 12mila euro. Ognuno si può sbizzarrire a fare una “top ten” e magari sommare le magnifiche cifre estive a quelle di settembre e ottobre per fare un “totale”. A puro titolo di esempio: Milito, dopo i 13.600 euro estivi, vorrebbe mettersene in tasca altri 11.700, così magari poi si comprerà la macchina nuova che ne ha bisogno… E così magari anche Gaudio, che arriva anche lui a circa 24mila euro mentre il “capo”, sì insomma il fratello Marino si accontenta di una “ventimila”. Ma vi rendete conto? Quanto agli altri, quelli che incassano di meno ma che comunque fanno la loro “porca” figura, è del tutto evidente che quei soldi sono stati messi in tabella anche per loro per evitare “fughe di notizie” ma in questo caso il giochino non è riuscito: le tabelle sono uscite e c’è da giurare che presto avremo anche quelle più scabrose.

Il finale lo lasciamo ai commenti dei nostri lettori, già usciti dopo la prima “infornata” di straordinari d’oro, che sono più eloquenti di ogni altro discorso. Sempre a futura memoria.

Eh beh… in effetti hanno lavorato tantissimo a giugno, luglio e agosto… piegati a fare straordinari per applicare il piano Covid regionale (quale? Quello di Cotticelli? Ahahaha…), per preparare gli ospedali, fare i concorsi, assumere medici e infermieri specializzati che mancano, posti letto, ospedali Covid (in tutta la provincia…), hotel Covid per i pazienti che usciti dalla terapia intensiva non possono tornare a casa e stare in isolamento, allestire centri tamponi, attrezzare le USCA… sì hanno lavorato tantissimo… Litri e litri di sudore…

Vedo che uno ha fatto 200 e un altro 218 (!!!) ore di straordinario in tre mesi, ossia l’equivalente di 25 giorni di lavoro… Complimenti!!!

Se si fanno 25 giornate di lavoro straordinario in più in tre mesi qualcosa di grave succede. Delle due l’una: o è un dato falso, e allora siamo dinanzi ad un reato o il dato è drammaticamente vero e allora siamo davanti al disastro organizzativo, senza voler considerare i pericoli in termini di qualità della prestazione lavorativa che il soggetto in questione può svolgere sotto pressione e con questi carichi di lavoro. Altro è fare gli straordinari in un archivio altro se fai l’anestesista o il chirurgo.