Calabria 2021. De Magistris, Gratteri, Tansi: fate la scelta giusta

Partiamo da una considerazione condivisa dalla stragrande maggioranza dei calabresi, giusto per capirci meglio: la Calabria è la regione più povera d’Europa. La Calabria in qualunque classifica, spesso e volentieri, è fanalino di coda (o giù di lì). La Calabria ha il tasso di disoccupazione più alto d’Italia. In Calabria il sistema sanitario pubblico è pressoché inesistente. In Calabria i servizi essenziali per i cittadini, trasporti, scuola, viabilità, rifiuti, manutenzione territoriale sono da tempo ridotti al lumicino. Su questo, purtroppo, non ci sono dubbi.

Eppure la Calabria è una regione che ha ricevuto montagne di denaro dallo stato almeno a partire dal 1950, anno di fondazione della famigerata Cassa del Mezzogiorno, fortemente voluta dall’allora governo De Gasperi. Che ha operato fino al 1984, per poi cedere il passo alla ancora più famigerata “Agenzia per la promozione e lo sviluppo del Mezzogiorno” (AgenSud) che ha continuato ad elargire fiumi di denaro fino al 1992. Bene, in questi soli primi 42 anni il Sud ha ricevuto dallo stato 279.763 miliardi di lire (circa 140 miliardi di euro), con un impegno medio annuale di 3,2 miliardi di euro. E non finisce qui. Dopo la chiusura dell’AgenSud è il Ministero dell’Economia a coordinare e programmare l’azione di intervento pubblico nelle aree economicamente depresse del territorio nazionale, mettendo in campo uno strumento che ha prodotto solo danni per i cittadini e lauti guadagni per banchieri e traffichini: la legge 19 dicembre 1992 n. 488, entrata in vigore solo nel 1996, con lo scopo di sostituire le modalità di finanziamento pubblico al Sud. Con questa legge lo stato affidava, dopo la pubblicazione di un pubblico bando, a banche ed Istituti di Credito, denominate “concessionarie”, il compito, dietro lauto pagamento, di avviare l’attività di istruttoria fino a quella della relazione finale di tutte le “pratiche di finanziamento”. Quantificare la mole di denaro speso è impossibile. Siamo sempre nell’ordine di miliardi di euro.  Fino al 2007 la 488 macina miliardi di euro per poi lasciare spazio, dopo il trattato di Lisbona, ai finanziamenti a pioggia provenienti dall’Europa.  Montagne di denaro, dunque, sono arrivate ogni anno, dal 1950 in poi nelle casse della regione Calabria, transitando dalla Cassa del Mezzogiorno all’Agensud per finire a Sviluppo Italia, poi Invitalia, ultimo incubatore creato ad hoc per rastrellare i finanziamenti, e i risultati quali sono?

Il primo a rispondere a questa domanda, nel 1958, fu don Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare che definì gli “investimenti pubblici al Sud” come “cattedrali nel deserto”. Don Luigi Sturzo, che era siciliano, ed era un grande uomo politico, aveva capito subito dove si andava a parare.

Don Sturzo aveva visto con i suoi occhi, nei primi 8 anni di attuazione del progetto di sviluppo, tutto il contorno composto da clientelismo, mazzette, corruzione che girava attorno ai finanziamenti. Del resto erano e sono sotto gli occhi di tutti le “grandi opere” costruite al Sud messe su non perché avessero una logica industriale ma solo per soddisfare i padrini politici oppure per mantenere la pace sociale. Basti pensare al Quinto Centro siderurgico che doveva nascere a Gioia Tauro. O al polo chimico. Opere che hanno prodotto solo devastazione e disoccupazione.

Detto questo, per poter continuare a leggere questo articolo bisogna essere d’accordo su un altro punto: se la Calabria ha ricevuto tutti questi soldi, e all’oggi i calabresi risultano essere ancora i più poveri d’Italia, secondo voi la colpa di chi è?

Se è vero che da un lato la responsabilità è di chi continua a votare sempre gli stessi politici ladroni, dall’altro è anche vero che la responsabilità principale sta in capo a chi ha governato la nostra regione, in stretta collusione con la mafia più potente del mondo: la ‘Ndrangheta. Un connubio che oggi è definito “massomafia”.

Del resto nessuno può negare la presenza della massomafia in Calabria. Così come non si può negare l’influenza della ‘Ndrangheta nella vita sociale, economica e culturale della nostra regione. Anche su questo possiamo dire di essere tutti d’accordo. E se siamo tutti d’accordo nell’indicare nella massomafia il principale responsabile dello sperpero esagerato di denaro pubblico, una domanda sorge spontanea: perché i calabresi onesti continuano a sopportare tutto questo? Per vigliaccheria? Per il quieto vivere, o per che cosa? Ma soprattutto come hanno fatto a farla franca, politici corrotti, massoni deviati e pezzi da 90 della ‘ndrangheta, in oltre 40 anni di sistematico ladrocinio?

La risposta a quest’ultima domanda è facile: perché a garantire l’impunità ai massomafiosi di serie A c’è una schiera di magistrati disposti, dietro lauto compenso, a chiudere gli occhi di fronte alla devastazione economica e sociale, posta in essere dagli amici degli amici. Altrimenti come spiegare tutta questa storia? Una cosa è certa: la ricchezza di certi potentati politici/massonici, nasce proprio da questo. Hanno accumulato talmente tanto denaro in tutti questi anni di sciacqua Rosa e viva Agnese, che possono permettersi qualunque cosa. Possono comprarsi chi vogliono: la Giustizia, la burocrazia, lo stato. Una verità, questa, che tutti sanno e che non necessità di nessuna “prova”. Smuovere tale macigno dalla vita pubblica è pressochè impossibile. Nessuno ha mai affrontato seriamente la questione Calabria. E questo ha reso intoccabili i massomafiosi che di fatto governano indisturbati la nostra regione, rubando ai poveri per donare ai fratelli ricchi: un branco di lupi liberi nell’ovile.

Come si esce da tutto questo? Anche qui bisogna convergere su una strategia: per proteggere la pecora devi cacciare il lupo e ci vuole un lupo per cacciare un lupo. E di lupi, all’oggi, disposti a cacciare il famelico branco di lupi che si aggira indisturbato in Calabria, neanche l’ombra. C’è da dire che per essere un lupo che caccia altri lupi bisogna conoscere bene non solo il territorio, ma soprattutto le abitudini del branco.

E chi meglio di De Magistris, che ha visto dall’interno tutta la melma che galleggia in Calabria, potrebbe interpretare la parte del lupo? Nessuno! Magari aiutato da magistrati del calibro del dottor Gratteri che potrebbe trovare, finalmente, in De Magistris quella sponda politica seria e determinata nella lotta contro la massomafia che fino ad ora è mancata. Potrebbero formare un duo formidabile. Che potrebbe diventare un trio se solo il dottor Tansi, che ha tutte le qualità per diventare un buon lupo, accettasse di fare squadra.

Ma per fare questo c’è bisogno del consenso dei calabresi, e questo non è mai cosa sicura. I legami di interessi che incatenano certi ceti sociali a certa politica, sono ancora forti. Spezzare le catene è prima di ogni altra cosa una questione di coscienza sociale. Che purtroppo non si compra al supermercato. Sta tutta qui la vera forza della massomafia, che può essere sconfitta solo attraverso l’attuazione concreta di politiche di equità sociale e di sviluppo economico e culturale. Una Politica che può fare solo chi è libero da queste catene. E all’oggi solo in pochi hanno dimostrato di esserlo. Perciò la nostra Libertà dipende dalla nostra scelta, e se è vero che c’è voglia di cambiamento, questa volta, fate la scelta giusta.