Lettere a Iacchite’: “Calabria maledetta: qui anche fare un prelievo diventa un’impresa”

Buongiorno Direttore,

mi appello a Lei sperando di avere spazio sulla sua testata affinché questo grido di dolore, disperazione possa giungere a chi ha delle responsabilità, a chi, nonostante tutto, continua nella sua opera di sciacallaggio e a depredare di risorse umane ed economiche la nostra terra. Bella, anzi bellissima, ma arida di sentimenti.

Sono la moglie di un malato oncologico, nello specifico mio marito combatte da 3 anni con una neoplasia al polmone. Sa che questa brutta bestia nel momento in cui scopri che vive con te nel tuo corpo, non solo lo logora e lo consuma, ma devasta la pace e la quiete di una intera famiglia. Si inizia a guardarsi intorno, a chiedere, ad informarsi, ad argomentarsi sul da farsi, se iniziare le terapie in casa oppure preparare bagagli e via di un botto iniziare ad affrontare i viaggi della speranza. E così purtroppo è stato. Su consiglio di amici e parenti, abbiamo optato di lasciare la nostra terra, quella terra in cui ci siamo cresciuti, amati, edificato sogni e speranze, quella terra che in tempi remoti ci ha dato anche un posto di lavoro perché oramai anziani ma che continua a deluderci nei servizi, e a sfiduciarci soprattutto nella sanità.

Il tutto per dare qualche anno di vita, di speranza in più a mio marito. Biglietto in mano, valigia pronta, volto bagnato dalle lacrime e Bologna che ci  aspetta, non logicamente, per immortalarne i monumenti o i musei più belli, ma per curare mio marito. Chi è malato oncologico, sa benissimo il dolore a cui è sottoposto non solo fisico. Sa benissimo gli esami diagnostici con cui scontrarsi periodicamente, sa benissimo anche che se lasci la tua terra per curarti, andrai incontro a spese che pesano come un macigno tra viaggi, pernottamenti, vitto, ecc,ecc.

Ogni volta che si ritorna da Bologna, il professore ci consegna degli esami da effettuare: prelievi, tac, risonanza e chi più ne ha più ne metta, Esami da fare effettuare in prossimità del prossimo incontro  i cui referti devono poi essere consegnati in reparto.

Ebbene, pure in questo la Calabria ci stupisce negativamente.

Fra circa 20 giorni  dovremmo recarci in Emilia per la visita di controllo, e dovremmo portare con noi i risultati delle analisi del sangue, analisi che allo stato attuale siamo stati impossibilitati per ben due volte a svolgere (non per l’affluenza poiché non era presente nessun altro paziente) ma il Cup dove io vivo non è riuscito a registrare l’impegnativa per mancanza della linea del terminale. Ho chiesto con molta calma al responsabile (facendogli tenere presente il disagio poiché chi si reca in tali posti è carente di salute), il quale mi ha risposto che purtroppo loro non hanno colpe in quanto la linea dei terminali è gestita da una società esterna con sede in Campania e che avrebbero comunicato il disservizio a tale società.

Sbalorditi e stanchi abbiamo guadagnato l’uscita. Ponendoci alcune domande: ma che senso ha affidare la gestione di una linea internet ad una ditta con sede a centinaia di chilometri? Perché non affidarla a ditte della locali che in caso di interruzione possono intervenire tempestivamente? Perché queste scelte scellerate? Perché anche un semplice prelievo qui diventa impossibile? Perché anche il peso di questi disagi? Perché il diritto alla sanità continua ad essere negato? Perché continuiamo a pagare solo noi comuni mortali?

Per dovere di cronaca, mio marito nonostante il cod.048, si è dovuto recare in un laboratorio privato e una buona parte degli esami li ha dovuti pagare. Mala tempora currunt!!!