Con base a Villa San Giovanni da più di cinquant’anni, la Caronte, originariamente della sola famiglia Matacena, è stata lambita ma mai travolta da inchieste, non ultima quella che ha coinvolto l’ex parlamentare di Forza Italia oggi latitante a Dubai, Amedeo Matacena, uscito dall’azienda di famiglia prima della condanna per concorso esterno in associazione mafiosa come referente politico del clan Rosmini. Oggi tuttavia la Caronte, con i sei mesi di amministrazione giudiziaria disposti dalla Dda di Reggio Calabria, tocca il fondo della sua onorata attività.

Unica alternativa all’ormai ridotto all’osso servizio di traghettamento offerto da Rfi sulla tratta fra Villa San Giovanni e Messina, Caronte&Tourist controlla anche i collegamenti con tutte le isole minori siciliane (Eolie, Pelagie, Egadi) e Porto Empedocle.
In più, da tempo ha inaugurato la tratta Messina-Salerno. Secondo i dati ufficiali, sulle sue navi viaggiano ogni anno almeno 5milioni di passeggeri. Un volume d’affari assicurato grazie a rotte gestite quasi in regime di monopolio, ma anche – si suggerisce in ambienti investigativi – una straordinaria leva di contrattazione con la politica e a quanto pare anche con la ‘ndrangheta.
Nel dicembre del 2019 aveva destato scalpore l’inchiesta Cenide della Dda di Reggio nella quale era rimasta coinvolta anche la Caronte&Tourist. Appalti pubblici aggiustati, telecomandati, per favorire sempre e solo la holding internazionale padrona del traghettamento tra Reggio Calabria e Messina.
Erano stati arrestati il sindaco di Villa San Giovanni, Giovanni Siclari, di Forza Italia, fratello del senatore Marco Siclari; il presidente della Caronte, Nino Repaci; l’amministratore delegato Calogero Famiani; il geometra Giancarlo Trunfio dell’Ufficio Tecnico del Comune; un vigile urbano, Vincenzo Bertuca; l’Ingegnere Francesco Morabito, capo dell’Urbanistica. Ma almeno altre sei persone sono destinatarie di provvedimenti cautelari. Le contestazioni erano corruzione, abuso d’ufficio, turbativa d’asta, falso in atto pubblico e, solo per un indagato (il cui nome non è ancora noto), concorso esterno in associazione mafiosa. Al centro delle accuse, la gestione dei piazzali necessari al servizio traghettamento, che Caronte avrebbe sempre gestito a proprio piacimento. Più lavori pagati con soldi pubblici, ma piegati alle esigenze della holding dei traghetti.