Cosenza, quando Facciolla aprì gli occhi a tutti: “L’ombra di altre mafie dietro l’omicidio Bergamini”

E’ arrivata su Sky ‘Il cono d’ombra – La storia di Denis Bergamini’, la docuserie Sky Original che riaccende i riflettori su uno dei casi di cronaca nera più controversi e inspiegabili che per oltre trent’anni ha sfidato la giustizia. Ieri sono andati in onda i primi due episodi, stasera gli altri due su Sky Tg 24 e Sky Crime.  Ideata da Pablo Trincia, Debora Campanella e Paolo Negro, la docuserie racconta, in quattro episodi, la verità nascosta dietro la morte di Denis Bergamini, il giovane calciatore di serie C del Cosenza che il 18 novembre del 1989 perse la vita in circostanze misteriose.

La docuserie ha l’intenzione di riportare alla luce la vicenda che per oltre 30 anni è rimasta avvolta nel mistero. Una narrazione fatta di silenzi, contraddizioni, depistaggi e dolore. Un dolore vissuto in prima persona dalle persone più care a Denis, come la sorella, Donata Bergamini, che ha sempre combattuto in questi anni per ottenere giustizia. Arrivata, parzialmente, solo lo scorso ottobre, dopo oltre tre decenni, quando Isabella Internò, ex fidanzata del calciatore, è stata condannata in primo grado a 16 anni di reclusione per omicidio in concorso con ignoti. Tra gli intervistati di questa sera anche Eugenio Facciolla, l’ex procuratore di Castrovillari, che ha avuto il merito di riaprire il caso, archiviato due volte da Ottavio Abbate e Franco Giacomantonio, che hanno preferito – nella migliore delle ipotesi – girarsi dall’altra parte. Di seguito, una delle interviste più importanti di Facciolla. 

di Bruno Palermo

Fonte: Tuttosport

COSENZA. Nell’omicidio di Donato Denis Bergamini ci sono ancora molti punti oscuri. Tra le piste investigative ci sono strade che portano lontano da Cosenza, fuori dalla Calabria e sarebbero al centro del mistero che dura da più di 35 anni. Un omicidio trasformato in suicidio nel quale, però, nulla combacia con un gesto inconsulto. Una verità ribaltata dall’indagine dell’ex Procuratore di Castrovillari, Eugenio Facciolla, che segna un punto incontrovertibile quando stabilisce che Bergamini è stato “narcotizzato, soffocato e poi adagiato sotto le ruote del tir che lo ha parzialmente sormontato”.

«Dal punto di vista scientifico – dice Facciolla – è un dato accertato. Io non ho mai avuto dubbi sulle risultanze. Ho avuto l’impressione che il corpo di Denis stesse aspettando qualcuno che andasse a vedere fino in fondo quello che gli era accaduto». Quello di Denis Bergamini è il giallo più lungo della storia del calcio italiano, ma potrebbe finalmente trovare delle risposte a breve.

«La vicenda Bergamini si inserisce in un contesto che io conoscevo per altri versi. Nel 1989 a Cosenza e dintorni si consumava quella che è stata individuata come la seconda guerra di mafia», dice Eugenio Facciolla, che continua: «Colpiva e colpisce il fatto che fra tantissimi collaboratori di giustizia che mi è capitato di sentire, nessuno ebbe mai a dare un elemento di conoscenza sulla morte di Bergamini. Le dico questo perché quello che emergeva da queste indagini e da questi processi – ci sono fiumi e fiumi di pagine di sentenze definitive su quello che le sto dicendo – è che, quando succedeva un fatto in questa città (Cosenza ndr), si andava sempre a chiedere al capo mafia per avere notizie. Lo facevano sia le forze dell’ordine, sia la stessa criminalità organizzata. Intorno all’attività del Cosenza Calcio, intesa come attività sportiva, c’era tutto un mondo che drenava denaro, quindi era più che normale che alcuni appartenenti a questo mondo andassero ad acquisire notizie, ma il risultato era sempre negativo, nel senso che non emerse mai nulla che avesse un riferimento a Bergamini. Addirittura il collaboratore di giustizia Franco Pino raccontò del presunto aggiustamento di una partita e di essere stato compulsato per cercare di fare da tramite. Questo è un episodio emblematico secondo me e la dice lunga sul fatto che poi, morto Denis Bergamini in quel modo tragico, non ci sia stata nessuna notizia, non ci sia stato quel comportamento che invece era stato replicato in altre circostanze».

Allora nella vicenda Bergamini la ‘ndrangheta ci entra? «La ‘ndrangheta, la mafia è variegata, non è necessariamente quella abituata a sparare, quella che noi cittadini di Cosenza eravamo abituati a conoscere. Ci sono anche altre organizzazioni mafiose, ci sono presenze di altri soggetti che si registrano a volte su un territorio». Parole dirompenti quelle di Facciolla, perché lasciano intendere che nessuno si preoccupò di avere informazioni e che sull’omicidio Bergamini la ‘ndrangheta cosentina possa essere stata tenuta fuori e che altri sarebbero i soggetti intervenuti (altre presenze sul territorio), provenienti anche da altre regioni.