Il deputato del Pd Luca Lotti, l’avvocato Alberto Bianchi, l’imprenditore Alfonso Toto e Patrizio Donnini, che per anni con la sua agenzia di comunicazione Dotmedia ha partecipato all’organizzazione della Leopolda. Sono le persone che hanno ricevuto un avviso di proroga di indagini da parte della procura di Firenze. Per loro i pm Luca Turco e Antonino Nastasi ipotizzano il reato di corruzione. L’inchiesta è quella sulla fondazione Open, la cassaforte che ha accompagnato l’ascesa della corrente politica di Matteo Renzi.
Le contestazioni e le proroghe – L’indagine era stata aperta per finanziamento illecito, reato contestato anche all’attuale leader d’Italia viva e a Maria Elena Boschi, ma nei mesi scorsi si è poi appreso che c’era anche un’ipotesi di corruzione. Fino a oggi non si sapeva a chi fosse stato contestato il reato. A dare notizia della nuova ipotesi era proprio l’ufficio guidato da Giuseppe Creazzo, motivando il rigetto della richiesta, avanzata da Renzi e Boschi, di trasferire il fascicolo. I legali dell’ex premier – Giandomenico Caiazza e Federico Bagattini– sostenevano infatti che la competenza non sarebbe quella del capoluogo toscano: l’inchiesta doveva essere trasferita a Roma perché, proprio nella capitale, era avvenuto il primo versamento contestato nell’accusa di presunto finanziamento illecito. In subordine, le altre eventuali procure competenti sarebbero quelle di Pistoia (dove è stata costituita la Open) o Velletri dove sarebbe avvenuto un altro versamento. La procura fiorentina ha contestato questa tesi con un documento di 2 pagine nel quale si aggiungeva che, comunque, l’inchiesta deve restare nelle loro mani anche per un altro motivo: s’indaga per un reato più grave, la corruzione appunto. Che però non veniva contestata né a Renzi né a Boschi, indagati per finanziamento illecito.
“Da Toto un incarico a Bianchi” – “L’attività svolta in concreto dalla Fondazione Open, lo scopo effettivamente perseguito, la raccolta fondi il rapporto con il raggruppamento renziano del Pd, il finanziamento delle iniziative politiche di Matteo Renzi e di altri parlamentari, inducono fondatamente a ritenere che essa abbia agito come articolazione di partito e non abbia mai avuto una diversa operatività”, scrivevano i giudici, mettendo in fila tutti gli elementi a carico di Carrai individuati dalla Procura. “Ha svolto un ruolo di primaria importanza nel reperimento dei finanziatori della Fondazione e nel collegamento tra costoro e gli esponenti politici rappresentati dalla Fondazione – si – È tra i soci della ‘Wadi ventures management company san’ con sede in Lussemburgo il cui unico asset è la società ‘Wadi ventures Sca’ con oggetto sociale la detenzioni di partecipazioni societarie. La società risulta destinataria di somme di denaro provenienti, tra gli altri, da investitori italiani già finanziatori della Fondazione Open“. Nell’ordinanza si fa anche riferimento “all’intromissione nell’adempimento dell’incarico professionale affidato all’avvocato Bianchi dal gruppo Toto, avendo il ricorrente interagito su mandato di Bianchi con l’amministratore delegato di Autostrade per l’Italia”. Quindi c’era un passaggio che appare essere il cuore delle contestazioni: “Le operazioni di trasferimento di denaro dal gruppo Toto a Bianchi e quindi da Bianchi alla Fondazione appaiono in effetti dissimulare un trasferimento diretto di denaro dal gruppo Toto alla Fondazione”.