Processo “Malapianta”, 43 condanne. La sentenza riconosce l’esistenza delle cosche di San Leonardo di Cutro

CATANZARO – Riconosciuta per la prima volta in una sentenza l’esistenza delle cosche Mannolo e Zoffreo sul territorio di San Leonardo di Cutro. Ieri la sentenza nata dai procedimenti riuniti “Malapianta-Infectio”, emessa dal gup Gabriella Logozzo, ha condannato per associazione mafiosa gli esponenti apicali dei clan legati alla cosca Grande Aracri di Cutro. In totale 43 condanne. Venti anni sono stati comminati a Mario Mannolo, Pasquale Gentile e Fiore Zoffreo, ritenuti esponenti di spicco della consorteria. Diciannove anni e 10 mesi a Giuseppe Gentile e 18 anni a Leonardo Zoffreo. Una sentenza che pone un nuovo tassello nella ricostruzione giudiziaria, e nel conseguente smantellamento, della geografia criminale del Crotonese. Condannati anche i rappresentanti della proiezione delle cosche cutresi a Perugia: Domenico Ribecco (10 anni); Francesco Ribecco (9 anni e 8 mesi); Natale Ribecco (15 anni e 4 mesi). Le accuse, sostenute in giudizio dai pm Domenico Guarascio e Antonio De Bernardo, comprendono, a vario titolo, i reati di associazione mafiosa, estorsione, usura, riciclaggio, minacce, violenza privata, traffico di stupefacenti, detenzione e occultamento di armi clandestine, violenza privata, associazione a delinquere finalizzata alla consumazione di una serie di reati di natura contabile o economico-finanziaria strumentali alla realizzazione sistematica di frodi in danno al sistema bancario. (ANSA)

L’indagine denominata Malapianta, culiminata in un blitz con arresti il 29 maggio 2019, è stata resa possibile proprio grazie al coraggio di una delle vittime delle estorsioni, l’imprenditore Giovanni Notarianni, titolare del villaggio turistico Porto Kaleo, che si è ribellato alla cosca e ha chiesto aiuto allo Stato. L’organizzazione di San Leonardo di Cutro, infatti, da anni esercitava la sua criminale influenza sulla gestione dei villaggi turistici nel territorio, obbligati all’assunzione di lavoratori vicini alla consorteria ‘ndranghetista nonché ad acquistare beni e servizi da fornitori anch’essi graditi al clan. L’operazione Malapianta ha rivelato che la cosca di San Leonardo agiva in rapporti di dipendenza funzionale con la cosca Grande Aracri egemone sulla provincia versandole le ‘royalties’ per l’autorizzazione del pizzo.