Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano, dicendo loro: «Sta scritto: La mia casa sarà casa di preghiera. Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». Ogni giorno insegnava nel tempio. I capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo morire e così anche i capi del popolo; ma non sapevano che cosa fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue labbra nell’ascoltarlo. (Luca 19,45-48)
La pandemia del Covid-19 dopo aver mietuto tante vittime con il moltiplicatore e soprattutto nel silenzio coperto anche della curia di Catanzaro e del suo vescovo massomafioso ha avuto anche degli effetti positivi, tanto che “alcuni” che definivano il Covid-19 un buon amico del sistema Catanzaro, sembrano non esserne più convinti.
La nostra non è una provocazione, quella che ci si attribuisce ad ogni respiro, ma è la ragionata certezza che alcuni eventi che avevamo preannunciato nei mesi scorsi, oggi sono diventati reali. Non abbiamo la sfera di cristallo e nemmeno lo sciamano in versione pocket, abbiamo seguito una traccia, un ragionamento e le tante segnalazioni inviateci dai cittadini che denunciavano a gran voce l’esistenza nella curia di Catanzaro di situazioni di particolare imbarazzo.
Ci spieghiamo meglio: l’esistenza di una cupola protetta proprio dall’ormai ex vescovo Vincenzo Bertolone, che agiva tramite i suoi più fidati collaboratori, fatta di intrallazzi con la massomafia, dove tutti sono complici e protetti e che camminava sulle gambe di tanti prelati abituati a nascondersi nell’ombra delle strade cittadine ed ostentare non tanto il rosario – che certamente non hanno – ma mazzette di banconote di strana provenienza.
La banda è sempre la stessa, paladina di una legalità di frontiera a parole, ostentatrice di preghiere blasfeme ed omelie corrotte, nascosta dietro paramenti coperti di polvere e sangue e di processioni avvelenate dagli stessi celebranti. E’ una specie di legione straniera estranea ai bisogni della comunità, ma intranea agli affari più sporchi del sistema Catanzaro dove tutti sono mercenari ed interessati. Quei tentacoli che hanno chiuso in un abbraccio mortale la città di Catanzaro, vittima di potentati locali e di mezze figure sponsorizzate che usano i buoni uffici della curia locale, dove il vescovo sconsacrato Vincenzo Bertolone, l’infedele seguace degli Apostoli, benediceva e consacrava il sistema Catanzaro e gli incappucciati della massoneria deviata. Protezione e benedizione.
Al semaforo del bisogno sempre rosso per una città piegata alla miseria da quel Covid-19 nemico, in cerca di pane e di lavoro, ci sono i “figli prediletti” custodi del Vangelo che passano sempre davanti a tutti sfrecciando in brillanti fuoriserie, ma che ad ogni buona occasione professano il valore della legalità, della trasparenza e di una dottrina sociale della chiesa, quella cucita sui bisogni di pochi eletti, una verità che non si dice, ma che si deve sempre scoprire. Così quella narrazione che a noi è stata suggerita dalla piazza anticipando i tempi, diventa miracolo perché fonde il volere della massomafia e l’imponderabile della Fede: una blasfema divinazione terrena della carità per i protetti ed eletti. L’eredità concreta del ministero del vescovo massomafioso Vincenzo Bertolone.
Il Vangelo è sempre lo stesso. Quello scritto dagli Apostoli infedeli della curia cittadina in complicità organica con le vicende di Farmabusiness, di Basso Profilo e di tutte le altre pagine che la procura di Nicola Gratteri ha strappato e lanciato al vento, ma che ancora non tornano definitivamente ad un risultato tangibile: la derattizzazione di una città. Già, solo perché si segue una derivazione che non deve essere politica, giusto per non incriminare sempre la magistratura di essere ad orologeria, mentre a Catanzaro, la città della massomafia, l’orologio resta sempre puntato sull’ora di una riscossa, possibile e non realizzata, dalla criminalità organizzata, politica, massonica e clericale che non è un fatto di costume e di cultura, come qualcuno vorrebbe analizzare.
Il costume è diventato radicato malcostume nella curia di Catanzaro e la cultura si è trasformata in coppola, sostituendo la lupara con le consacrazioni eucaristiche drogate dove si distribuiscono sempre ostie avvelenate: quel fai da te per le necessità di famiglia, quella massone e laica, ma anche quella ecclesiastica allargata. Nicola Gratteri resta l’unica luce nel buio del malaffare catanzarese a trazione vescovile, quella candela che molti vorrebbero spegnere oppure ingraziarsi per evitare problemi prossimi venturi, quelli che si addensano all’orizzonte delle dimissioni di Vincenzo Bertolone.
«I vescovi devono agire come pastori: nella storia della Chiesa, tutte le volte che i vescovi hanno gestito un problema non come pastori si sono schierati sul versante politico»: è questo il pensiero di Papa Francesco espresso ai giornalisti sul volo odierno (ieri per chi legge) di rientro da Bratislava a Roma…
Le parole di Papa Francesco smontano e buttano nel fango dell’inutilità manifesta quanto scritto, nel suo lungo memoriale di (Ad)-Dio del vescovo massomafioso Vincenzo Bertolone, secondo il cui pensiero «… i cattolici, che non debbono fare solo gli spettatori o le comparse, continuino a dare, come mi sono sforzato di fare anch’io con le mie umili e quasi nulle possibilità, il loro contributo…».
E’ debole l’anello del vescovo Bertolone ed il cazzotto ricevuto dalla Santa Sede è la conclusione di una vicenda che ci consegna tutta l’ambiguità della curia di Catanzaro e delle complicità diffuse in altre curie della Calabria, quelle che si richiamano al tavolo della massomafia della Conferenza Episcopale Calabra, e si sussurra ancora che altre dimissioni di vescovi siano in calendario e nell’orizzonte corrotto della Chiesa di Calabria.
Le sue parole non sono gli oracoli della Sibilla Cumana, ma al contrario una storia coperta di complicità e di invasioni di campo, quello della politica, dove ha operato in solidarietà con la massomafia e con pezzi di imprenditoria senza scrupoli e dai connotati perfettamente criminali. Il “mistero iniquitatis” delle dimissioni di Bertolone non troverà ulteriori chiarimenti nelle note della diplomazia vaticana, restando un altro dei tanti misteri con la clausola risolutiva delle dimissioni volontarie. Dolo e colpa restano le caratteristiche del passaggio del vescovo di San Biagio dei Platani, il missionario servo dei poveri Vincenzo Bertolone, non già pastore di anime, ma capobranco di lupi, i tanti faccendieri accreditati alla sua corte come “ditte amiche” secondo il metodo del sistema Catanzaro.
Il suo «… Tu, Catanzaro, svegliati! Guarda lontano e riconquista il tuo storico ruolo di raccordo tra culture e poteri. Scegli per tua guida politica soltanto chi si mostra disinteressato, disposto a mettere a servizio di tutti serietà, preparazione professionale, dedizione e generosità…», suona come un’offesa e non già come un’esortazione. La politica, quella oscura e traffichina, è stata il segno più alto del suo ministero di vescovo, e sulle relazioni opache ha costruito un castello di complicità ed affari, trasformando la curia di Catanzaro in un società anonima di diritto massomafioso: non c’è altra traccia che possa assolvere il suo passaggio sulla città dei Tre colli.
Le dimissioni del vescovo massomafioso, quelle che sono state imposte dall’arbitro dei Sacri Palazzi e che erano in cottura ormai da mesi, vengono dallo stesso Bertolone definite un «martirio a secco», continuando la strategia di alterazione della verità ed il tentativo di drogare la massa. Tutti sanno bene e lo sussurrano che la ragione delle sue improvvise dimissioni sia tutt’altra e che in parte risiede nella vicenda del Movimento Apostolico, quello che è solo la punta dell’iceberg del malaffare della curia catanzarese.
Altri sono i motivi concreti e le responsabilità, spalmate negli anni sul suo percorso di capobranco, quelli che verranno a galla dopo, quando chi gli succederà dovrà fare i conti con uno stormo di avvoltoi, quei sacerdoti ai quali proprio Bertolone ha raccomandato di «non mordetevi a vicenda», riesumando una comunione sacerdotale non più vissuta sull’esclusività della cassa e delle cordate imprenditoriali.
Non basteranno le markette che il prelato, servo dei poveri, ha lanciato alla stampa “amica” di regime suggerendo una ulteriore benevolenza rispetto alla verità, per come non basteranno quelle lanciate nei confronti della procura di Catanzaro, che con la sua azione difende il valore della legalità. Un grazie postumo che suona come una preghiera…
«Il sogno e la speranza profetica per i nostri tempi qui in Calabria: costruire un’altra società fondata sul rispetto e l’aiuto reciproco, sulla speranza per i giovani e sulla consolazione per gli anziani e gli emarginati», quel sogno spezzato che oggi ritorna tale nelle enunciazioni e che vorremmo chiedere ai tanti anziani ridotti a mangiare fichi secchi a pranzo e a cena, privati di ogni dignità anche cristiana e morti in silenzio e nella dimenticanza, in quella struttura Fondazione Betania, ridotta a serraglio dal vescovo “illuminato”, forse per non conoscenza (!) e per non disturbare la massoneria che la governa. Un’altra perla dell’infedele seguace degli Apostoli ormai dimissionato, un’altra storia da narrare ulteriormente e scoprire, dove l’unico valore aggiunto è stato la creazione in provetta di un altro vescovo, un’altra nullità episcopale, amico degli amici e dello sguardo colpevolmente assente, l’attuale arcivescovo di Corigliano-Rossano, monsignor Maurizio Aloise, il carceriere della speranza.
E’ tempo di strappare i veli della menzogna di Vincenzo Bertolone, magari chiedendo ai tanti emarginati, oggi suoi amici, che hanno trovato la mensa del vescovo chiusa, solo perché la Caritas diocesana è terreno di conquista esclusivo e di razzia, sotto la benedizione del vescovo massomafioso, del palazzinaro di Squillace, al secolo padre Piero Puglisi, dominus di Fondazione Città Solidale, un altro mostro dell’affarismo curiale che prospera fra migranti e disabili usando la cassa dell’8 per mille.
La storia controversa del presule incompreso innalzatosi motu proprio alla gloria degli altari e del martirio a secco. Sic transit gloria mundi.