Il 22 dicembre 2017 Becky Moses morì carbonizzata nella baraccopoli di San Ferdinando (RC), dove aveva scelto di vivere, dopo aver dovuto lasciare Riace, dove ormai l’accoglienza era stata distrutta.
Senza status, chè quello di rifugiata le era stato negato, senza nome, né patria, aveva perso anche il suo unico legame affettivo con il paese che le aveva aperto la speranza
Prima che andasse via, Mimmo Lucano le aveva rilasciato la carta di identità cuii lei non aveva diritto, perché non diventasse una donna fantasma. fuori da Riace, ma conservare il suo diritto di essere qualcuno .
Muore così poco tempo dopo, nell’inferno di San Ferdinando, bruciando insieme al suo pezzo di carta.
Che non le ha potuto salvare la vita, ma di certo la sua storia ed il suo ricordo, si.
Chiederemo giustizia per lei
Maria Gabriella Sicilia
«Il 22 dicembre 2017, Becky Moses venne in Comune per chiedermi una carta d’identità. Forse avrei dovuto dirle di andare dai carabinieri a sporgere denuncia per lo smarrimento, ma gliel’ho fatta subito. […]. Becky era terrorizzata dal clima d’odio crescente, temeva il rimpatrio dopo che il decreto Minniti-Orlando aveva ridotto da tre a due le possibilità di poter fare ricorso al diniego. […]. Il 26 gennaio Becky morì bruciata viva nella baraccopoli di San Ferdinando. Le fiamme ridussero il suo corpo a un “lacero grumo senza vita”. Alcuni giorni dopo, qualcuno trovò quella carta d’identità ancora intatta. Tutto ciò che rimaneva della sua misera esistenza, dalla sua folle corsa per rincorrere la vita attraverso l’Africa in condizioni disperate all’arrivo infine in Europa, la terra promessa che presenta il suo conto in una gelida sera d’inverno».
«Becky ora è sepolta nel cimitero di Riace tra i loculi della fila più in alto e per vedere la sua immagine triste bisogna alzare lo sguardo verso il cielo».
da Mimmo Lucano, Il fuorilegge, Feltrinelli, 2020.