Omicidio Bergamini story, 5^ udienza. Il pm Primicerio smaschera le menzogne della Internò e del marito (poliziotto)

Oggi che ci avviciniamo alla sentenza, riepiloghiamo il percorso del processo per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini, iniziato il 25 ottobre 2021 in Corte d’Assise a Cosenza. Dalla prima alla 60^ udienza, nel corso della quale è stata calendarizzata la discussione. La sentenza del processo per l’omicidio volontario pluriaggravato di Denis Bergamini sarà pronunciata dalla Corte d’Assise di Cosenza presieduta da Paola Lucente, giudice a latere Marco Bilotta, il 19 o il 24 luglio prossimi.

La presidente Paola Lucente ha stabilito due tipologie di calendario. Se il pm Luca Primicerio e la parte civile – rappresentata dagli avvocati Fabio Anselmo, Alessandra Pisa e Silvia Galeone – chiuderanno la requisitoria e le conclusioni in tre udienze tra l’8, il 9 e l’11 luglio, le arringhe degli avvocati dell’imputata avranno luogo nelle due udienze previste per il 15 e il 18 luglio e la camera di consiglio, con relativo pronunciamento della sentenza, sarebbe programmata per il giorno dopo, il 19 luglio. Viceversa, se la requisitoria del pm Luca Primicerio e la discussione degli avvocati di parte civile si protrarranno per quattro udienze – già fissate per l’8, il 9, l’11 e il 12 luglio -, le arringhe degli avvocati della difesa slitterebbero alle udienze del 22 e del 23 luglio mentre la camera di consiglio e il pronunciamento della sentenza sarebbero calendarizzate sempre per il giorno dopo, il 24 luglio.

Ma torniamo alla ricostruzione del processo.

18 DICEMBRE 2021 – 5^ UDIENZA

È stata una udienza senza grossi colpi di scena la quinta del processo per l’omicidio volontario di Donato Denis Bergamini andata in scena giovedì nel porto delle nebbie di Cosenza. In aula presente l’imputata Isabella Internò (la contumacia è una sorta di marchio negativo per la moglie di un poliziotto, per quanto chiacchierato di infedeltà) come in tutte le udienze meno una…

I primi due testimoni citati dalla pubblica accusa sono stati gli ispettori di polizia Ornella Quintieri e Pasquale Pugliese. Prima del controesame della difesa, l’avvocato di parte civile, Fabio Anselmo ha concluso l’esame dei due testi di polizia giudiziaria che hanno svolto le indagini nel 2017 sotto le direttive del procuratore Eugenio Facciolla.

In questa circostanza Anselmo ha chiesto a Quintieri e Pugliese, i due ufficiali di pg, di ricostruire la parte delle indagini che si sono concentrate su Francesco Forte, l’autista dell’autocarro arrivato subito dopo Raffaele Pisano sul luogo del ritrovamento del corpo di Bergamini. Forte in una intercettazione ambientale captata nella sala d’attesa della procura di Castrovillari, dice ad altre persone che sono con lui di aver visto questo camion fermo e che non ripartiva. A quel punto ha deciso di scendere e di andare sul lato destro del camion (quello dove c’era la guida) e di aver visto Pisano sotto shock ripetere la frase “Non l’ho visto, non l’ho visto, era già a terra”. E non c’è dubbio che la testimonianza di Francesco Forte sarà una di quelle fondamentali per capire la barbarie inaudita di chi ha ucciso il nostro Campione. 

Nel suo grottesco controesame – condotto da un avvocato notoriamente scarso e privo dei “fondamentali” e da un’avvocatessa che sta lì solo perché è la figlia di uno dei “boss” dell’avvocatura cosentina ormai passato da tempo a miglior vita e la cui eredità è stata presa da un branco di corrotti senza arte né parte –, la difesa ha spostato l’attenzione sulla gelosia che Bergamini avrebbe avuto nei confronti della Internò, mentre tutti ormai sanno che il movente dell’omicidio è stato l’esatto contrario. Del resto, capovolgere i fatti, la verità e la realtà è la parola d’ordine di tutto il sistema di potere che fa capo a una lobby che a Cosenza in particolare ma anche in tutta la Calabria continua a fare i suoi porci comodi da decenni. Anche insabbiando omicidi, com’è accaduto per Denis Bergamini.

La difesa avrebbe poi voluto che la polizia giudiziaria confermasse il malore alla mamma della Internò, Concetta Tenuta, nel momento in cui le veniva comunicato (nel 2011) l’aborto della figlia. Malore che – secondo gli avvocati dell’imputata – verrebbe riscontrato dalle carte, ma su questo punto – dopo il controesame – ha ripreso la parola il pm Primicerio facendo rileggere testualmente all’ispettore della polizia giudiziaria una intercettazione tra Isabella Internò, la figlia e il genero (il poliziotto Luciano Conte, marito di Isabella Internò), del giorno successivo alla deposizione di Concetta Tenuta, nella quale mamma e figlia non parlano affatto dell’aborto e anzi il genero, riferisce Isabella, avrebbe detto che la mamma è stata brava… Con tanto di risposta della mamma: “Speriamo che funziona”, con il chiaro intento del pm di dimostrare che quel malore fosse finto. Esattamente come tutte le dichiarazioni della Internò, della madre e del marito poliziotto.

Tradotto in soldoni: da una parte ci sono accusa e parte civile che si affidano alle prove scientifiche e alle indagini del procuratore Facciolla e degli investigatori, dall’altra c’è la difesa, che da un lato vorrebbe che venisse confermata la tesi del suicidio come nei precedenti procedimenti penali per il camionista Pisano, e dall’altra sposta l’attenzione su altre vicende per un altro possibile movente dell’omicidio che non riguardi la relazione tra Bergamini e Internò. Quasi come a dire che – ormai – anche loro non credono più alla tesi del suicidio: una foglia di fico definitivamente caduta con la riesumazione del corpo di Bergamini e con l’incidente probatorio. E se crolla la tesi del suicidio – come del resto è già crollata -, neanche il porto delle nebbie potrà salvare la moglie del poliziotto. Perché ormai è chiaro a tutta l’Italia che l’omicidio di Denis Bergamini è stato deciso dalla famiglia Internò.