Dopo la fine del rapporto sentimentale tra Denis Bergamini e Isabella Internò, la donna non si rassegna e inizia una lunga serie di “appostamenti”, avvertimenti e minacce mirati ad evitare che il calciatore possa allacciare altre relazioni. Ci sono decine di testimonianze in tal senso. Ed è anche da queste testimonianze che era ripreso, lunedì 10 gennaio 2022, il processo in corso a Cosenza contro la Internò, accusata di omicidio volontario pluriaggravato. Tra le testimonianze previste per quella che era la sesta udienza, quella dell’ex calciatore e compagno di squadra di Denis, Sergio Galeazzi.
Galeazzi è stato l’ultimo compagno di squadra ad aver visto Denis vivo al cinema Garden. Ha confermato tutto quanto aveva già affermato nel corso delle precedenti deposizioni in sede istruttoria. In particolare, Denis gli ha riferito di un colloquio con qualche familiare della Internò quando gli ha parlato dell’aborto di Isabella: “I familiari mi hanno detto che se non la sposo ci saranno conseguenze” e Denis ha risposto: “No, io mi assumo le responsabilità di genitore e basta”.
Galeazzi è stato intervistato da Bruno Palermo per Sky Sport.
Hai definito nel corso della deposizione Denis Bergamini un fratello
Sì, perché si era creata un’amicizia e un’intesa tale che ancora oggi con gli altri compagni di squadra come Claudio Lombardo, Gigi Simoni e Ciccio Marino quando ci sentiamo ci chiamiamo fratelli, a testimonianza del fatto che tra di noi c’è un legame molto forte che va al di là del calcio.
Hai confermato tutto quanto era già emerso: le due ombre al cinema Garden e la tua convinzione che Denis è stato ucciso.
Le due ombre non ho avuto modo di capire chi fossero perché era solo penombra. Per quanto riguarda il suicidio, non c’è mai stato dubbio: la verità viene fuori ed è giusto che sia così anche se sono passati tutti questi anni, è giusto che la verità venga premiata
Perché e chi ha potuto fare così tanto male a Denis?
Perché e chi lo dirà la giustizia. L’importante è che venga confermato che non sia stato un suicidio, perché sarebbe veramente scandaloso nei confronti della famiglia e di Denis, che non si merita tutto questo: era un ragazzo pulito, sano e non avrebbe mai fatto un gesto del genere.
QUEL POMERIGGIO AL CINEMA GARDEN
Sergio Galeazzi giocava all’ala destra. Se non avesse fatto il calciatore, sarebbe stato sicuramente un campione dell’atletica leggera. Mezzofondo o maratona. Percorreva decine di chilometri in una sola partita, non si stancava mai. Se avesse avuto anche i piedi buoni, beh, forse sarebbe passato ad una grande squadra, chi lo sa…
Galeazzi ha vissuto ancora più da vicino la morte di Denis perchè, come Bergamini, Lombardo, Simoni e Padovano, era partito, più o meno nello stesso periodo, dal profondo Nord con destinazione profondo Sud. Inoltre, tutti e quattro avevano avuto come “scopritore” lo stesso maestro, Roberto Ranzani.
“Eravamo tutti al cinema Garden di Rende, in galleria, come ogni sabato quando giocavamo in casa – ricorda Sergio Galeazzi -. Io e Claudio Lombardo stavamo seduti vicino. Denis stava da solo, due file più avanti. Ricordo benissimo che Claudio gli tirava le palline di carta e lui si girava e sorrideva… Quando si è chiusa la luce principale ed è iniziata la pubblicità, la sala era illuminata quanto basta per lasciarmi vedere che Denis si stava alzando e stava scendendo le scale. Io ero seduto vicino all’ingresso della galleria, proprio all’inizio della fila di poltroncine ed ho fatto in tempo a seguirlo con lo sguardo. L’ho fatto istintivamente, come quando ti accorgi che sta succedendo qualcosa… Seguendolo con lo sguardo, di conseguenza, ho visto con sufficiente chiarezza che lo attendevano due persone. Ho visto soltanto le loro sagome, non so dire se fossero due uomini o magari un uomo e una donna. Non c’era l’illuminazione necessaria per distinguere i loro volti. Non sono in grado di dirti se sono andati via insieme, tuttavia posso dire con assoluta sicurezza che né Denis né altre persone sono rientrate in sala. E che è stata l’ultima volta che ho visto Denis vivo”.

Galeazzi non lo dice ma la sensazione netta è che Denis sia andato via proprio con le due persone che evidentemente lo attendevano ed erano entrate all’interno del cinema.
Denis non è scappato da solo dal Garden.
L’ala destra non ha rivelato subito questo particolare. Riferisce di essere stato tra i pochi a non essere mai ascoltato dai magistrati e dirà quello che aveva visto qualche anno dopo alla famiglia Bergamini, quando era andato a Boccaleone a rendere omaggio a Denis.
Al riguardo Donata Bergamini ricorda: “Venne a trovarmi con la moglie e mi disse: “Non capisco perché essendo un amico di Denis, come Michele e Claudio, il procuratore non mi ha chiamato, ho un ricordo di Denis che tutte le sere mi riaffiora: l’ultima volta che ho visto Denis, l’ho visto fermo con due persone nel pianerottolo del cinema Garden, poi non ho visto entrare Denis, ma neppure le due persone”.
Anni dopo, all’epoca delle indagini del Gruppo Zeta dei carabinieri di Cosenza, fu ascoltato il popolare posteggiatore di auto del cinema Garden, Natale, il quale ha affermato di aver visto Denis Bergamini uscire dal cinema non solo in compagnia delle “due ombre” ma anche di una gentile signorina, che non può che essere Isabella Internò. Del resto, in quei giorni (come ha testimoniato la moglie di Lucchetti) Isabella e i suoi due “bodyguard” ovvero i suoi due cugini giravano sempre insieme. Ma qualcuno disse che Natale, affetto da una malattia, non poteva essere credibile… Eh già, perché avrebbe detto qualcosa di molto grave nei confronti della signora Internò, dei suoi parenti e soprattutto del marito poliziotto, una delle “anime nere” di questo vergognoso omicidio.
Nel 2017, dopo la riapertura del caso, Sergio Galeazzi aveva rilasciato un’altra bella intervista a “Il Giorno”, che pubblichiamo integralmente.
Milano, 20 maggio 2017 – Oltre 350 partite in carriera, un terzo delle quali (120) con la maglia del Cosenza, fra il 1986 e il 1990. Sergio Galeazzi (oggi 52enne allenatore nei campionati dilettantistici, fra Piemonte e Lombardia) se lo ricordano per le lunghe sgroppate sulla fascia destra, ma era anche uno dei migliori amici di Denis Bergamini. Da Arona, dove vive, era sceso nel profondo sud proprio con Denis e altri calciatori (Padovano, Lombardo) e di quel Cosenza e di quei giorni drammatici ancora oggi ricorda tutto con grande lucidità.
Galeazzi, che idea si è fatto dopo la riapertura dell’inchiesta?
«Mi sembra tutto ancora più strano. I presupposti per non chiuderla affatto c’erano già 28 anni fa, la certezza che Denis non si fosse suicidato mai era stata messa in dubbio da chi, come me, conosceva Denis da anni. E non ero il solo».
Prima anomalia: lei non venne sentito dai magistrati dopo quella morte misteriosa, perché?
«Non lo so ma me lo sono sempre chiesto. Gli inquirenti mi hanno convocato solo nove anni dopo, potevo scegliere se andare a Catanzaro o parlare ad Arona. Decisi che era meglio a casa mia, dove ho raccontato tutto quel che avevo visto. Ma ripeto, era tutto strano… ricordo bene che anche il camionista venne mandato via col cadavere sulla strada, e il mezzo non venne mai sequestrato…»
Solo negligenza di chi ha condotto le indagini?
«Io un’idea mia ce l’ho. Adesso dopo 28 anni qualcuno si è svegliato, ma sa quante volte mi sono confrontato con la famiglia di Denis? La prima un po’ di tempo dopo la morte di Denis: fui invitato a Boccaleone dalla sorella, Donata, e vennero fuori considerazioni che escludevano il suicidio dopo che raccontai le ultime ore del loro congiunto. Anche davanti a lei e al papà dissi che non capivo perché, pur essendo un amico di Denis, forse l’ultimo ad averlo visto vivo, il procuratore non mi aveva chiamato. Eppure io, Michele Padovano, Claudio Lombardo eravamo gli scapoli del gruppo, si viveva insieme. Nessuno di noi pensava al suicidio, e poi…perché avrebbe dovuto farlo? Ho sentito parlare di droga e calcioscommesse… sciocchezze!».
In realtà l’ultima ipotesi è quella di una vendetta per l’aborto della fidanzata Isabella…
«Lo so, ma servono le prove. La verità è che non sono state esaminate le cose come si deve con indagini scrupolose».
Ma Denis si sentiva in pericolo per quell’aborto forzato?
«No, lui pensava di poter risolvere la cosa in maniera civile…»
Cosa successe quel maledetto sabato pomeriggio?
«Eravamo in ritiro a Rende come sempre capitava prima delle partite. Lui era sempre il primo a stimolare il gruppo e al mattino sembrava normale. Poi qualcosa è successo dopo una telefonata ricevuta in camera al pomeriggio: non so se perché costretto o minacciato sta di fatto che è stato strano che abbia deciso di lasciare il ritiro. Forse pensava di assentarsi per mezz’ora e poi rientrare, di certo non voleva suicidarsi…»
Lei è stato l’ultimo ad averlo visto vivo, al cinema Garden. Giusto?
«Sì, dopo l’allenamento andammo tutti al cinema, come da abitudine. Ci muovemmo tutti con le auto proprie, ma fu strano che anche Denis decise di venire in macchina. Di solito non lo faceva, non gli andava di parcheggiare fuori dal cinema. Evidentemente sapeva già che doveva allontanarsi per un appuntamento. Infatti poco prima che il film iniziasse, era davanti a me e si alzò. Mi fece un sorriso, si avviò verso un pianerottolo per uscire… Vidi due maschere e non so chi fossero, lui scese, poi cominciò a parlare e lo persi di vista. Anche perché poi la luce fu spenta e nessuno si accorse se fosse rientrato. Solo alle 19.30, a tavola, vedemmo che non c’era. Poi arrivò il cameriere, passò la telefonata a Simoni dicendo che c’era la fidanzata di Denis a telefono per dirci che era morto. Noi dicemmo che Denis non era piu fidanzato, pensammo ad uno scherzo… Un’altra telefonata dei carabinieri e la conferma. Col nostro “maestro“ Ranzani e l’allenatore in seconda Pini andammo sul posto. Facemmo la notte in ospedale piangendo…».
Perché dice che Bergamini non era più fidanzato?
«Perché dopo l’aborto o forse prima lui e Isabella si erano lasciati. Anzi, la domenica prima si era visto con un’altra sua ex fidanzata e mi raccontò che era felice e avevano bevuto champagne».
Ora cosa si aspetta?
«La verità. E verrà fuori».