Quirinale, oggi nessun candidato può essere sicuro di essere portato al Colle. Neanche SuperMario

(DI ANTONIO PADELLARO – Il Fatto Quotidiano) – (Oggi ci viene raccontato che anche Mario Draghi dovrà stare in campana, vediamo perché). “No, con me Berlusconi non si è fatto vivo tramite Sgarbi, ma attenti a ironizzare su certi segnali di attenzione che da molti di noi, figli di nessuno, sono apprezzati”. Ci viene spiegato che la condizione umana, prima che politica, dei Grandi elettori ignoti è simile a quella dei “cafoni” descritti da Ignazio Silone in Fontamara, considerati meno dei cani dalle guardie del principe, e a molta distanza. “Si sarà chiesto per quale ragione le candidature si lanciano sui giornali senza che i gruppi parlamentari vengano mai interpellati? Perché oggi al posto dei Torlonia a comandare ci sono i leader con i loro sottopancia, poi c’è il familismo amorale di Letta, zio e nipote, di Verdini suocero e Salvini genero, poi non c’è nulla e ancora nulla, e poi veniamo noi che secondo lorsignori dovremmo eseguire gli ordini vergando sulla scheda il nome indicato dall’alto zitti e mosca, ma non sarà così semplice”. Segue una dissertazione storica sulla involuzione della democrazia rappresentativa che proviamo a riassumere.

Anche nella Prima Repubblica, quando i partiti funzionavano, le decisioni venivano calate dall’alto, ma passavano sempre al vaglio della base per essere discusse e votate. I consigli nazionali della Dc dibattevano per tre giorni e non per tre ore come oggi nelle assemblee del Pd. Mentre nel Pci con il meccanismo del centralismo democratico la segreteria legittimava le sue scelte. Poi arriva il partito personale che ignora le indicazioni della base perché si fa solo ciò che vuole il capo. Vedi i 101 che con Matteo Renzi imperante silurano Romano Prodi candidato al Quirinale. Oggi che di leader carismatici non se ne vede neppure l’ombra, i partiti sembrano spesso un’accozzaglia di interessi e rancori individuali, e i gruppi parlamentari idem. Ragion per cui nessun candidato può essere sicuro di essere portato al Colle con la fanfara e tutto il resto. Neppure Mario Draghi che oltre a fare molto bene i conti con il pallottoliere dovrà soprattutto parlare chiaro. E convincere noi peones che la legislatura arriverà al suo naturale compimento tra un anno e mezzo. Per non finire noi in mezzo a una strada. Per non finire lui come Berlusconi.