di Diego Pretini
Fonte: Il Fatto Quotidiano
Rose di nomi mai sfogliate, cariche istituzionali gettate nella brace, la presidente del Senato carbonizzata per “misurare le forze” di una coalizione e per un cocciuto autodafè della stessa interessata. E poi incontri inconcludenti, veti incrociati, nomi buoni per un pezzo e per un pezzo no, triturando la seconda carica dello Stato, il presidente del Consiglio di Stato, la ministra della Giustizia, la capa del dipartimento che guida i servizi segreti. Quella delle 36 ore che hanno precipitato il Parlamento verso la rielezione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella è la storia di una disfatta, dell’incapacità di trovare un’intesa per garantire la Costituzione e la volontà del presidente uscente, è lo slow motion di un avvitamento progressivo, coordinato e sincronizzato di tutti i leader inabili a trovare – come avevano promesso, a mille microfoni – un “profilo alto” anzi no altissimo, irresistibile, a cui non si poteva dire di no. Una vicenda che si è replicata in carta carbone in qualcosa a metà tra i Dieci piccoli indiani, con le teste che cadono una ad una, e l’Assassinio sull’Orient Express, sul quale come noto il delitto è compiuto da più di una mano. Nelle ultime 36 ore si è consumato il nuovo fallimento dei dirigenti politici di tutte le forze politiche dopo quella del 2013, quando si rifugiarono nella rielezione dell’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano. Doveva essere un’eccezione ed è già regola, nonostante le convinzioni di Mattarella,..