Lamezia, Franco Perri e il clan Iannazzo: la conferenza stampa del 2016 con i legali Pagliuso e Staiano

I legami tra i fratelli Perri, i padroni indiscussi della grande distribuzione calabrese, e la ‘ndrangheta sono un ormai vecchio tormentone della nostra cronaca nera e giudiziaria. Tra il 2015 e il 2016 la Dda di Catanzaro aveva aperto una forte offensiva contro i Perri. Non c’era ancora Nicola Gratteri nel ruolo di procuratore. All’epoca del blitz Andromeda nel quale fu arrestato anche Franco Perri, il procuratore era Vincenzo Antonio Lombardo, il 21 marzo del 2016 quando scattò l’operazione Nettuno con il sequestro di 500 milioni di beni tra i quali il centro commerciale Due Mari, Lombardo era andato via ma Gratteri non era ancora arrivato (si sarebbe insediato nel mese di maggio) ed era il dottore Giovanni Bombardieri a ricoprire il ruolo di facente funzioni. Poi, quando c’era già Gratteri alla guida della Dda, arrivò la mazzata del Tribunale della Libertà gestione Giuseppe Valea (giudice chiacchieratissimo di corruzione, che aveva già clamorosamente dissequestrato i beni del Gruppo Citrigno di Cosenza), che aveva smontato l’operazione dissequestrando quasi tutti i beni del Gruppo Perri.

Sei anni fa Franco Perri si difese a spada tratta, fece una conferenza stampa affiancato dai suoi legali, e dichiarò di essere vittima della mafia. I suoi legali all’epoca erano Francesco Pagliuso e Salvatore Staiano. Pagliuso è stato ammazzato appena cinque mesi dopo quella conferenza stampa, pare per questioni legate a una guerra tra due clan (ma si sospetta che ci sia dell’altro non emerso) e Staiano è il difensore dei migliori colletti bianchi della Calabria massomafiosa, tra i quali l’avvocato Giancarlo Pittelli, mica pizze e fichi…

L’imprenditore lametino nell’operazione “Andromeda” è accusato di concorso esterno nel clan degli Iannazzo. Il Gruppo Perri si occupa soprattutto di grande distribuzione organizzata, ha un fatturato di 150 milioni annui e 754 dipendenti. Crea un indotto di 4 mila posti di lavoro. Controlla 19 supermercati, tra cui il “Due Mari” che è il più grande centro commerciale della Calabria con 120 negozi.

Tutto quello che ruota attorno agli Iannazzo non mi è mai appartenuto, né oggi nel 2016 né quarantotto anni fa quando sono nato. La mia famiglia ha pagato già un prezzo troppo alto dalla morte di mio padre, ho fatto condannare chi ha trafugato la sua tomba e ho collaborato con le forze dell’ordine. Non ho mai pagato il pizzo, sono stato una vittima della’’ndrangheta e non un colluso”. L’imprenditore Franco Perri raccontava la sua versione dei fatti in quella conferenza stampa convocata dopo l’operazione “Nettuno”, scattata il 21 marzo 2016, che aveva portato al sequestro di beni per oltre 500 milioni di euro a soggetti che facevano riferimento alla cosca Iannazzo. Affiancato dai suoi legali Francesco Pagliuso e Salvatore Staiano, aveva risposto alle domande dei giornalisti raccontando le sue verità, preoccupato per il futuro delle sue aziende, detenendo anche la proprietà del centro commerciale “Due Mari”.

“La mia famiglia non ha ricevuto l’aiuto di nessuno, anche la polizia giudiziaria non ci ha tutelato abbastanza. Non ci hanno aiutato né imprenditori, né pseudo amici, né associazione antiracket” precisava poi, sostenendo di essersi visto bloccato da sei anni anche l’ingresso in Confindustria. “Abbiamo rischiato il baratro – proseguiva – ma siamo stati bravi a risalire, la nostra contabilità è chiarissima e tutti i miei utili sono stati reinvestiti nell’azienda, non mi sono arricchito di nulla”.

I suoi legali avevano poi ripercorso le vicende giudiziarie che lo hanno coinvolto con l’ordinanza Andromeda, che puntava i riflettori sulla cosca Cannizzaro-Iannazzo-Daponte. “Il tema dell’accusa a carico di Perri nasce solo dalle dichiarazioni di due collaboratori – precisava Pagliuso – non c’è altro che militi a carico di Franco Perri”. Ricordando come invece a carico del suo assistito non esistevano invece intercettazioni, e ribadendo ai giornalisti come egli sia indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e non per il 416 bis. Pagliuso parlava di una “assenza di capacità critica da parte della Procura distrettuale, che ad oggi non ci ha dato risposte”.

Una difesa, quella di Perri, che i legali Pagliuso e Staiano intendevano chiarire in sede processuale ma ci tenevano a precisare “l’assenza di flussi economici a favore della famiglia Iannazzo e appalti invece conferiti ad aziende che hanno denunciato gli Iannazzo stessi. Questa cosa l’avrebbero permessa?”. Una situazione, quella di Perri, definita dall’avvocato Staiano come “un processo mediatico al quale si è sottoposto senza paure, qui non censuriamo nulla”. Affermando che sarà costituito un pool difensivo di avvocati ma anche di commercialisti. Un pool talmente potente che quattro mesi dopo, più o meno come accadde appena un anno prima, per il Gruppo Citrigno di Cosenza (e sempre con Staiano protagonista), riuscì a smontare il teorema della Dda di Catanzaro e a far sorridere di nuovo Franco Perri.

Oggi, a distanza di 6 anni, la Dda ci riprova con Gratteri, l’avvocato Pagliuso è stato ammazzato e l’avvocato Staiano dà battaglia a Gratteri nel processo Rinascita-Scott per tirare fuori dai guai il suo collega Pittelli, ago della bilancia della massomafia calabrese.