Il rapporto che secondo la Dda di Catanzaro si sarebbe instaurato tra il clan Iannazzo e il gruppo imprenditoriale che fa capo alla famiglia Perri non si sarebbe tradotto in una semplice «protezione» rispetto alle altre cosche, quanto in una dinamica che si sarebbe concretizzata anche osteggiando «le diverse iniziative imprenditoriali in concorrenza con le attività dei Perri».
Il pentito Angelo Torcasio, per esempio, tra le altre cose ha pure raccontato come gli Iannazzo gli avrebbero chiesto di adoperarsi nei confronti di alcuni ragazzi che davano fastidio nel parcheggio dei clienti del Centro Commerciale “Atlantico”.
Nel decreto con cui il Tribunale di Catanzaro ha disposto nei giorni scorsi un maxi-sequestro da 800 milioni di euro vengono riportate diverse intercettazioni da cui emerge il ruolo di un cognato di Franco Perri ritenuto dagli inquirenti la «figura di collegamento» tra l’imprenditore e il defunto boss Vincenzino Iannazzo. Viene richiamato un episodio in cui il cognato di Perri «esortava» Iannazzo a intervenire con una terza persona affinché non cedesse a un altro imprenditore «alcuni magazzini che quest’ultimo avrebbe potuto adibire a supermercato, ponendosi quindi in aperta concorrenza con quello in cui lavora lo stesso» cognato di Perri.
Iannazzo, pur trovandosi in quel periodo all’estero per sfuggire a una misura di prevenzione personale, si informa sulla gestione dei supermercati o degli altri affari del proprio “protetto”. Lo confermerebbero, secondo i magistrati della Dda, domande del tipo: “Stai vendendo là, come vanno le cose, cugì?”… “Ma come va il… quel coso dove è il cognato mio?… Là quello che hanno aperto nuovo… centro commerciale…”. “La Fiat avete comprato?”.
Viene poi definita come estremamente significativa del tipo di rapporto che si sarebbe instaurato tra Perri e Vincenzo Iannazzo una conversazione intercettata nel gennaio 2010 tra lo stesso boss e suo cognato. Iannazzo si mostra rammaricato per non poter essere presente in occasione dell’apertura di un supermercato: “… Se no scendevo adesso, no?… Scendevo verso il mese di febbraio, prima che lo apriamo… però mi stanno cercando… e se… non mi posso muovere più… sono rovinato!”.
In un’altra conversazione lo stesso Iannazzo avrebbe rivelato, secondo gli inquirenti, che lo stesso Perri in passato avrebbe fornito le risorse per consentirgli di sostenere le spese per l’avvocato: “… quando all’epoca me li ha dati per l’avvocato…”.
Alla luce di questi elementi investigativi gli inquirenti escludono che Perri sia da considerare imprenditore vittima del clan, ritenendolo invece “colluso” avendo rivolto a proprio vantaggio l’essere venuto in relazione con la più volte menzionata consorteria mafiosa denominata cosca Iannazzo dalla quale ha ottenuto – a fronte della documentata disponibilità – l’incondizionata protezione mafiosa per le proprie imprese, come concordemente rimarcato dai diversi collaboratori di giustizia. Fonte: Gazzetta del Sud