Due ex consiglieri regionali della Calabria, Giulio Serra ed Antonio Rappoccio, sono stati condannati a 3 anni e 6 mesi di reclusione ciascuno per peculato. Serra era capogruppo di “Insieme per la Calabria”, formazione della quale faceva parte, come consigliere, anche Rappoccio.
La sentenza di condanna é stata emessa dal Tribunale di Reggio Calabria, presieduto da Silvia Capone. Il pubblico ministero, Marika Mastrapasqua aveva chiesto la condanna a 5 anni per Rappoccio, difeso dall’avvocato Giacomo Iaria, ed a 4 anni per Serra, assistito dall’avvocato Nicola Carratelli. La condanna di Serra e Rappoccio riguarda i rimborsi relativi al biennio 2010-2011, mentre per quelli relativi al 2012 i due imputati sono stati assolti. Per un capo di imputazione contestato a Rappoccio, inoltre, il giudice ha disposto il non luogo a procedere per sopravvenuta prescrizione. Il processo é scaturito da un’indagine della Guardia di finanza sulla gestione dei fondi messi a disposizione del gruppo consiliare “Insieme per la Calabria”.
Secondo quanto é emerso dall’attività investigativa, Serra, nella qualità di capogruppo, avrebbe versato complessivamente a Rappoccio 67 mila euro in assegni senza accertarsi della legittimità della spesa. Soldi che a Rappoccio sono stati poi rimborsati malgrado li abbia utilizzati per finalità non istituzionali, spendendoli in viaggi personali e per pagare materiale elettorale ad una tipografia di Reggio Calabria.
Giulio Serra è di San Marco Argentano e dal 1986 – raccontano le cronache politiche – è sempre lui a decidere se piove o se “scampa”: Giulio Serra, detto il cavallo. Il soprannome se lo era affibbiato da solo nel 1999, quando riferendosi alla lista avversaria che aveva una colomba nel simbolo disse: “noi non siamo colombe, siamo cavalli che trottano”. E lui ha trottato lontano: quasi un ventennio da sindaco, due legislature da consigliere regionale di maggioranza, quota Udeur, appoggiando sia Loiero che Scopelliti.
Dal 2016, un ruolo in ombra, come affermava lui stesso da consigliere comunale “semplice”, ma sempre di maggioranza. Chi conosce poco la Valle dell’Esaro, non è detto sia al corrente del ruolo egemone di questo animale politico: dal lampione sotto casa alle pratiche amministrative complesse, non c’è nulla che lo faccia desistere dal proporre un cordiale aiuto, tanto che subentrò un secondo soprannome “a’mmasciata”. E la più semplice equazione politica: più ‘mmasciate = più voti.
Ma la (pen)ultima condanna della Corte dei Conti, qualche tempo fa, lo aveva ridotto praticamente in mutande e anche i suoi (ex) scagnozzi lo avevano scaricato e mollato. Adesso il “cavallo” non ha più meta… nonostante la scesa in campo dei poteri forti – resi visibili dallo studio legale Carratelli -. A volte non bastano neanche parcelle e mazzette per “salvare” il salvabile. Ma con tutti i soldi che ha “rubato” il cavallo potrà certo permettersi una pensione tranquilla, alla faccia dei suoi concittadini ma anche di tutti i calabresi onesti.