A Catanzaro la mafia non spara. Aspetta, tace e mette il bavaglio. Si rigenera e si prepara per il ballottaggio.
Non stiamo parlando di politica, perché questo valore è ormai da anni scomparso dai radar nella città della massomafia, bensì di una nuova “opera prima” che verrà rappresentata tra domani (primo turno) e quasi sicuramente tra due settimane, giorno 26, per il ballottaggio. Attori improbabili, ballerine sgraziate, giocolieri affetti da artrite e tante controfigure con velleità da stuntman completano il palcoscenico: benvenuti al cabaret del sistema Catanzaro. Che è ancora ben lungi dalla sua conclusione.
Catanzaro si candida, così dicono tutti, a diventare un laboratorio politico per queste elezioni amministrative nel complicato panorama italiano, reso ancora di più non identificabile alle latitudini calabresi, dove la città capoluogo di regione incarna fino in fondo il valore negativo di complicità e trasmigrazione, che a pieno titolo, riconosce alla politica stessa la caratteristica di essere puttana. Non c’è nessun cambio di paradigma nonostante i paroloni, gli slogan ed i buoni propositi, che appaiono un suono stonato o ancora meglio l’appello disperato di solitari condottieri, che hanno tradito per necessità o utilità i loro presunti valori, lasciandosi conquistare dalle forze di occupazione, senza sparare un solo colpo, nemmeno a salve.
Non si sente il rumore della contraerea e non c’è nemmeno alcuna forma di mobilitazione che possa avere il sapore della difesa, quella della resistenza, perché Catanzaro è una città che si è arresa ormai da anni. Le armi tacciono da sempre a Catanzaro, così come tace la coscienza dei catanzaresi, vittime ed al tempo stesso complici di una forma di occupazione per molto tempo autoctona, che oggi invece diventa straniera ed ancora più ostile perché è riuscita a conquistare la roccaforte cittadina senza spargere sangue, ma soltanto qualche briciola dal piatto del potere, dandolo in pasto agli affamati della politica locale.
Catanzaro è una città morta, occupata dagli stranieri di destra e di sinistra, soprattutto felicemente vittima grazie al collaborazionismo, chiamato in altri tempi tradimento, perché alimentato dai nuovi padroni del vapore regionale o nazionale, per i quali la soccombenza della città non è un dramma, bensì un desiderio ed un auspicio. Tutti sono colpevoli e complici. A Catanzaro si deve replicare, nelle intenzioni non dette, il risultato delle ultime elezioni a Cosenza, oppure a Vibo Valentia all’epoca dell’elezione di Elio Costa dove la sconfitta è stato il risultato voluto e costruito senza distinguo di colore, di appartenenza e di schieramento, senza dimenticare quanto oggi avviene in quel di Pizzo.
E’ il doppio fronte dove la sconfitta diventa vittoria di pochi e consolidamento di un potere quasi assoluto sotto la spinta delle ‘ndrine, quelle che hanno garantito e garantiscono in alcuni territori “tipici” della Calabria le residenze a Montecitorio. Quelle postazioni dove le garanzie si sono incrociate nella città di Catanzaro anche con il sostegno della chiesa massomafiosa, quella che ha trovato nel vescovo Bertolone, fuggito di frodo, l’estimatore, il sostenitore ed in particolare l’inquinatore delle vicende politiche ad ampio raggio, dal consiglio comunale fino al parlamento italiano. Era l’epopea del sistema Catanzaro e andava bene per tutti ed anche per quelli che oggi sono orfani dell’incrocio di potere fra Vangelo e obbedienze: i santini preferiti dei figli prediletti e degli accademici delle religioni…
La campagna elettorale è in pieno svolgimento a Catanzaro, con l’obiettivo scontato del ballottaggio: la mafia ormai non spara più e sono volati gli stracci unti dal condimento sia di sinistra sia di destra, ché tanto – lo dicono tutti – è la stessa cosa. La conta è tornata ai pallottolieri più numerosi e rumorosi dei probabili confetti per un matrimonio mai consumato. Concretezza ed utopia si contendono il palcoscenico nel laboratorio politico di Catanzaro, si ripropongono e si anticipano i malesseri della politica nazionale. Si smembrano fra distinguo radicali gli schieramenti classici di centrodestra e centrosinistra e si celebra, senza scandalo alcuno, il governo della Grosse Koalition: l’esperimento di responsabilità nazionale che diventa esperimento civico a Catanzaro che cammina verso il cambiamento… del Gattopardo…
Noi non possiamo immaginare quanto sarà potente, se ci sarà nella nebbia fitta, la richiesta e l’appello al cambiamento che la città di Catanzaro sembra chiedere senza gridare ma sussurrando e, che tutti dicono di volere rappresentare. Di una cosa siamo sicuri: che ci dovrà essere. Tutti si dicono “profeti” del cambiamento, lo dicono i candidati a sindaco, lo dicono le forze politiche e civiche, mentre quello che sembra materializzarsi è la solita forma di scambio all’ingrosso dove coerenza ed ideologia vengono barattati per una postazione, per una replicazione tossica di uomini e di momenti storici sbagliati. A Catanzaro la storia torna indietro, si replica con la responsabilità degli stessi attori politici, si inquina per decadenza morale e per complicità sulla linea mediana di presunta neutralità, da sempre ostentata come valore e, non già come peccato originale.
Il quadro astrale della politica a Catanzaro è sempre complicato da studiare, perché nasce dall’ambiguità tipica della città abituata al lamento ed allineata nelle urne, perché felicemente custode di un brand che trasforma l’impegno politico in una forma strana di caporalato che sottoscrive e consegna a futura memoria la caratteristica consolidata che la politica è sempre puttana.
A Catanzaro la mafia non spara. Traffica clandestinamente il mangime ed alleva i porci. Non c’è niente che possa definire “diversa” la procedura di ingrasso, quello che dovrebbe essere il valore ed il metodo che seppellisca il sistema Catanzaro e che, soprattutto, crei un argine alle complicità ed alle connivenze attuali e storiche della massomafia.
Catanzaro è una città che cammina sempre a retromarcia, chi guida ha la testa girata all’indietro e la fortuna diventa sfiga: la dea non è solo bendata ma cieca conclamata, tanto da godere dei benefici della legge 104/92. La parola è sempre migrante perché il silenzio è caratteristica accettata, al pari della tradizione gastronomica che sopporta il piccante: Catanzaro è una città che mastica e digerisce tutto. Almeno così abbiamo sempre pensato, ma oggi mentre gli schieramenti in campo incrociano le armi di legno difendendo le trincee delle virgole inutili, leggiamo sulle controindicazioni del falso manuale politico che esistono soggetti tossici non commestibili come i funghi velenosi. Attenti a quei due! Che ancora sono in grado di determinare chi vince e chi perde e chi fa finta di…
Nel quadrante bellico le informazioni dell’intelligence hanno sempre valore strategico, si scopre così che Catanzaro può essere colpita da possibili attentati per mano di foreign fighters, identificati in Mimmo Tallini e Sergio Abramo, senza dimenticare Claudio Parente il protagonista dell’inchiesta “Corvo”. Sono i nemici dichiarati della città lasciati nel campo di battaglia con la bandiera bianca in mano, osservati dalle linee nemiche fra ammiccamenti sottotraccia e qualche segnale di fumo di troppo.
La geopolitica a Catanzaro cammina sempre controvento e mentre nello scacchiere internazionale si parla della fine della globalizzazione, nel perimetro ristretto della città, la stessa riprende vigore perché sospinta da necessità e dalla difesa di alleanze massomafiose e tutto diventa spettacolo: benvenuti a Catanzaro Variety.
A Catanzaro la mafia non spara. Diventa amante clandestina. Nemici dichiarati alla luce del sole, destinatari di telefonate d’amore nell’ombra, questi sono Tallini e Abramo, controfigure e protagonisti nel palinsesto dello show della politica cittadina.
“Pronto, Raffaella?”, un sano amarcord è quello che ci vuole, ricordandoci il quiz dei fagioli, perché vittoria e partecipazione non sono la stessa cosa. Lì dove la coerenza si inceppa sul fagiolo, avariato a parole, ma agognato, curato e contato nel pallottoliere di un risultato da tenere nascosto, affidandone le ansie e le complicità indicibili al “sinistro” telefono… rovente!