Castrovillari, chi era Maurizio Scorza: una lunga militanza nella ‘ndrangheta della Piana di Sibari

Le indagini dei carabinieri e della procura di Castrovillari sul terribile duplice omicidio della scorsa notte sono tutte concentrate sulla personalità di Maurizio Scorza, 57 anni, di Cassano, già scampato in passato, nel 2013, ad un altro agguato di tipico stampo mafioso, sempre a Castrovillari, e ucciso ieri notte con chiara esecuzione mafiosa insieme alla compagna.

Scorza aveva alle spalle una lunga appartenenza alla criminalità organizzata della Piana di Sibari. Si ha notizia del suo coinvolgimento in queste dinamiche già dagli anni Novanta quando subisce il suo primo processo insieme ad altri due soggetti, Lento e Atene, e viene indicato come giovane esponente della “manovalanza” della ‘ndrangheta sibarita, già capeggiata da qualche tempo dal boss Santo Carelli e prima ancora, negli anni Settanta e Ottanta da Peppe Cirillo. In particolare, Scorza, classe 1965, era indicato tra i “picciotti” di Alfredo Elia, poi giustiziato negli anni Novanta.

Di lui a Cassano Jonio dicono che all’inizio si guadagnava da vivere facendo il muratore e in effetti risultava titolare di un’impresa di movimento terra, la Moviter, che non si sa bene che fine abbia fatto. Forse utilizzava il suo mestiere originario e quindi l’impresa soltanto per copertura ma c’è anche qualcuno che dice che negli ultimi anni la Moviter era molto “attiva” e dunque non si può neanche escludere che fosse entrata nelle logiche della ‘ndrangheta della Piana di Sibari. Di sicuro, invece, si sa che dopo la prima guerra di mafia tra il clan Forastefano e quello degli zingari, Scorza aveva iniziato ad avere un certo peso a Cassano ed era entrato, a quanto pare, nel giro delle estorsioni ma soprattutto della droga, tanto che era incappato nel 2003 nell’operazione Rescue della procura di Castrovillari, sfociata in otto arresti nell’area della Sibaritide. Con Scorza, all’epoca 38enne, erano stati arrestati anche Gaetano Cartolano, Maurizio Cantore, Raffaele Donadio, Roberto Elia, Sebastiano Zaccato, Antonio Gatto, tutti di Cassano Jonio. Poi, una decina di anni dopo, l’agguato al quale era miracolosamente scampato e l’esecuzione mafiosa di ieri notte per la quale adesso si cercano mandanti, sicari e movente. All’interno dell’auto, fra l’altro, sarebbe stato trovato un capretto morto, un simbolo che potrebbe rendere più solida la pista della vendetta da parte della criminalità organizzata della Piana di Sibari.